Preso il presunto killer delle due donne uccise a Kazan (Tatarstan, Russia). Sciolto il mistero che legava l’omicidio all’arresto delle Pussy Riot. L’uomo arrestato, secondo quato riferito da un comunicato stampa del ministero dell’Interno locale, è un insegnante 38 enne dell’universitaà di Kazan che avrebbe ucciso una donna anziana e la figlia dopo una lite avuta con quest’ultima, con cui aveva una relazione sentimentale poco chiara. “Il presunto assassino”, si legge nel comunicato, “ha poi cercato di far passare il crimine per un rito sacrificale, posizionando i corpi delle donne in modo che ricordassero il numero 69 e scrivendo su un muro in inglese “Free Pussy Riot”, scritta che sarebbe stata tracciata col sangue. I corpi di due donne, madre e figlia, sono stati ritrovati ieri privi di vita nella loro casa a Kazan, capitale della repubblica del Tatarstan, in Russia nel distretto del Volga. Le due donne avevano rispettivamente 76 e 38 anni. Le donne sarebbero state uccise a coltellate e poi mutilate. A riferirlo le agenzie citando come fonte il comitato investigativo russo. Nikolai Polosov, uno degli avvocati delle tre cantanti appartenenti al collettivo punk-rock Pussy Riot, aveva definito la scritta “una sporca e abominevole provocazione”.
Le Pussy Riot (Nadezhda Tolokonnikova, 22 anni, leader del gruppo, Ekaterina Samutsevic, 30 anni, e Maria Alekhina, 24 anni) sono state condannate a luglio per la preghiera anti Putin messa in scena a febbraio nella cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca alla vigilia delle passate elezioni. Le tre cantanti, nell’esibizione, chiedevano alla vergine Maria di intercedere per “cacciare via” l’allora premier Vladimir Putin, nonché attuale presidente della Russia. Le ragazze resteranno in carcere per circa un anno e mezzo, dato che la pena di due anni viene calcolata a partire dal momento dell’arresto: e loro sono state in carcerazione preventiva dall’inizio di marzo.
Il giudice della sentenza, una donna, ha negato che la decisione della corte fosse un’azione “politica”. Secondo Marina Sirova, così si chiama il magistrato, quella della band è stata una provocazione alla Chiesa ortodossa e ai suoi fedeli: “in chiesa”, ha detto leggendo il verdetto, “sono risuonate solo offese alla Chiesa ortodossa”. Da allora si sono susseguite le dimostrazioni di solidarietà da parte di fan più o meno famosi: oltre alle manifeestazioni nelle piazze di tutto il mondo si ricordano le dichiarazioni di Sting e Madonna. La difesa, che mira alla piena assoluzione, ha promesso che presenterà ricorso contro la condanna.
Anche Genova è solidale con le Pussy Riot. Nel capoluogo ligure infatti è stato organizzato da Earth Riot, associazione in difesa delle vittime di ogni tipo di sfruttamento, un presidio di solidarietà in piazza De Ferrari per protestare e sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto accaduto alla band.
“Venuti a corrente del caso delle Pussy Riot, ennesimo attacco alla libertà di espressione”, spiega Simo Strumber, attivista del movimento, intervistato dal Secolo XIX “abbiamo pensato di lanciare una prima giornata di iniziative di sensibilizzazione e di solidarietà verso questa vicenda, che però non vogliamo considerare come caso a sé, ma come emblema dell’oppressione che viene esercitata in diverse parti del mondo, in diverse forme, dalla carta stampata alla televisione, ma anche dagli stessi governi”.