170 soldati, 228 civili e 14 poliziotti dello stato della Georgia uccisi, 1.747 i feriti. 67 soldati russi morti e 283 feriti: furono queste le cifre della guerra tra Russia e Georgia del 2008, a cui vanno aggiunti 365 tra soldati e civili uccisi dell’Ossezia del sud. Una guerra durata in tutto una ventina di giorni nel mese di agosto 2008 e che ricorda in molte cose quanto sta succedendo oggi in Ucraina. Anche allora infatti la Russia sosteneva i secessionisti di alcune zone della Georgia, i quali, incoraggiati da Mosca, dichiararono l’indipendenza mentre l’esercito russo si schierava ai confini. Anche allora Nato, Europa e Stati Uniti condannavano Mosca ritenendola colpevole di alzare la tensione, fino a quando l’esercito russo penetrò nelle province facendo scoppiare una guerra per fortuna breve e con un numero limitato di vittime. In Ucraina dopo l’attacco lanciato da Kiev nelle ultime ore contro i filorussi separatisti il bagno di sangue potrebbe essere ovviamente ben maggiore, ma secondo Carlo Jean, intervistato da ilsussidiario.net, le due situazioni non sono paragonabili. “Putin” dice “usa oggi strategie e mezzi ben diversi da allora, sa quello che vuole e come ottenerlo e davanti ha un occidente diviso che non interverrà mai militarmente. Piuttosto l’Ucraina potrebbe trasformarsi nel teatro di una sanguinosa guerra civile sul modello di quello siriano”.
Ci sono oggi in Ucraina possibili analogie e differenze con il caso della Georgia nel 2008?
No, direi proprio di no, si tratta sicuramente di situazioni del tutto differenti.
In che senso? Anche oggi abbiamo Mosca porta a intervenire a fianco dei filorussi.
La differenza è che oggi rispetto al 2008 la Russia sta impiegando una gamma di mezzi molto differenziati tra loro e non necessariamente militari.
Quali sono questi mezzi?
Intanto bisogna dire che ci sono in campo forze irregolari e forze speciali. Ci sono poi bande di criminali nazionalisti, c’è la minaccia continua di forze russe schierate ai confini, c’è l’impiego della minaccia petrolifera nei confronti di Ucraina ed Europa e c’è anche il deterrente manifestato dalla forza nucleare ex sovietica per mantenere uno stato di crisi permanente.
Putin mira dunque a tenere alta la tensione senza “sporcarsi” direttamente le mani?
Sì, in un certo senso è così. Certamente Mosca fornisce i filorussi di armi e di mezzi di comunicazione. La strategia usata da Putin, nella quale è molto bravo, fa a meno dell’impiego militare diretto così caro invece agli americani, come abbiamo continuato a vedere anche in anni recenti. Putin si ispira in qualche modo a quanto teorizzato da un libro molto importante, La guerra senza fine, che annuncia strumenti di strategia indiretta per combattere un conflitto. La guerra oggi non è più militare, ma è una guerra esercitata con mezzi differenti tra cui anche la politica.
Si può allora dire che l’Ucraina di oggi più che alla Georgia del 2008 abbia analogie con quanto succede in Siria?
Più o meno, con la differenza che in Siria c’è una pluralità di attori ed è di fatto una guerra per procura. In Ucraina gli attori sono l’occidente, molto diviso e indeciso, e Putin, che sa invece bene cosa vuole e sa quali strumenti usare.
Visto che è impossibile pensare a un impiego diretto di forze militari della Nato, lei pensa che verranno invece inviati istruttori, agenti speciali, insomma qualche tipo di supporto strategico?
Questo non può essere fatto dalla Nato, che è una alleanza fondata sul consenso, e questo consenso di tutti i membri è oggi difficile se non impossibile da ottenere. Può essere fatto invece dagli Stati Uniti, che già stanno usando dei “contractors” secondo quanto già fatto in Iraq. Sono ex soldati delle forze speciali molto ben addestrati che svolgono un ruolo guida importante in caso di conflitto. Sicuramente gli Usa stanno dando anche all’Ucraina mezzi di collegamento che registrano gli spostamenti. Uno dei problemi che deve affrontare l’Ucraina è che la Russia può fornire supporti ai ribelli con mezzi cibernetici come fatto in Georgia.
L’attacco di ieri alle postazioni filorusse ha visto l’abbattimento di ben due elicotteri dell’esercito ucraino, cosa che non si può certo fare con armi di ripiego…
I ribelli hanno certamente armi russe, ad esempio missili Strela-2 noti come SA-7. Sono missili portatili che vengono usati a spalla con gittata superiore ai quattro chilometri e che sono stati forniti dall’esercito russo.
Come giudica l’attacco sferrato da Kiev, una mossa strategicamente folle o inevitabile?
E’ l’unica possibilità che Kiev ha per cercare di mantenere l’unità territoriale. L’Ucraina non ha frontiere naturali se non il Mar Nero. Ricordiamo poi che le regioni orientali e meridionali dell’Ucraina sono regioni che sono sempre state russe, dai tempi degli Zar, date all’Ucraina nel 1920 da Lenin per cercare di aumentare la percentuale russa degli abitanti locali e per mantenere così l’Ucraina alla Russia. Kiev ai tempi aveva minacciato la secessione ed era schierata con le truppe bianche zariste.
Cosa pensa succederà nelle prossime ore, assisteremo a una violenta escalation?
Va detto intanto che i recenti accordi di Ginevra non sono più praticabili, accordi di quel tipo non lo saranno mai in questa situazione. Ciò che è da vedere è quale determinazione i ribelli filorussi vorranno mantenere, se cioè continuare a combattere e far così distruggere il loro territorio o se l’occidente si impegnerà in sanzioni molto dure. Gli Usa fino a oggi hanno scelto la linea morbida, sanzioni cioè finanziarie ma mirate contro individui singoli vicini all’entourage di Putin.