Quest’anno il Premio Nobel per la Pace va all’Opac, l’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche, “per i suoi ampi sforzi per eliminare le armi chimiche”.
L’assegnazione del Premio Nobel per il mantenimento della pace fu prevista nel testamento di Alfred Nobel nel 1895. Una rapida incursione su Wikipedia permette di scorrere l’intera lista dei premiati. Vi si notano personalità della cultura, delle scienze, del diritto e uomini politici quali Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson nel 1919, Aristide Briand e Gustav Stresemann nel 1926, Cordel Hull nel 1945, Albert John Lutuli nel 1960, Martin Luther King nel 1964, Willy Brandt nel 1971, Henry Kissinger e Le Duc Tho nel 1973, Eisaku Sato nel 1974, Begin e Sadat nel 1978, Lech Walesa nel 1983, Michail Gorbaciov nel 1990, Aung San Suu Ky nel 1991, De Klerk e Nelson Mandela nel 1993, Arafat, Peres e Rabin nel 1994, Jimmy Carter nel 2002, Barack Obama nel 2009, l’Unione europea nel 2012 e, appunto l’Opac nel 2013. Unico italiano, premiato nel 1907, fu il giornalista e nobile lombardo Ernesto Teodoro Moneta, che aveva fondato nel 1887 l’Unione Lombarda per la Pace e la Società per la pace e la giustizia internazionale.
Assieme al Trattato di non proliferazione nucleare, al Comprehensive Test Ban Treaty (che bandisce i test nucleari) e alla Convenzione per il bando delle armi biologiche, la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche costituisce uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda il sistema di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. E’ stata siglata a Parigi nel 1993 ed è entrata in vigore il 29 aprile 1997, per sancire definitivamente il bando completo di tali armi. L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 1995 con la legge n. 496, modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Dal maggio 2009 ne fanno parte 188 Stati.
Il trattato prevedeva quattro fasi verso la completa distruzione delle armi chimiche al 2012, con possibilità di proroga. Nessun paese ha raggiunto la totale eliminazione entro tale data. Le nazioni nominano dei rappresentanti permanenti nella Conferenza; per la maggior parte dei casi sono gli ambasciatori dei Paesi in Olanda, visto che la sede della Conferenza è all’Aia.
Il Consiglio esecutivo è costituito da 41 Paesi, nominati dalla Conferenza con un mandato biennale. Le principali attività dell’Opac sono eseguite della divisione d’ispezione e verifica. In caso di denuncia di uso o di produzione di sostanze chimiche proibite, può avere luogo un’ispezione in base agli accordi della convenzione. Solo l’Opac sovrintende a tali ispezioni su richiesta degli stati membri, dopo aver verificato le prove presentate. Tuttavia, una maggioranza di due terzi può bloccare la richiesta d’ispezione.
La guerra civile siriana ha rimesso al centro dell’attenzione politica internazionale la questione delle armi chimiche. Obama aveva preannunciato un intervento militare chirurgico. La mediazione russa parrebbe avere convinto i siriani ad aprirsi alle ispezioni dell’Opac. Il Premio Nobel interviene al momento giusto per dare rilievo internazionale e peso specifico ad una sigla, che, come tutte quelle del genere, dipendono in realtà dagli stessi che fungono ad un tempo da controllori e da controllati o controllabili. A suo tempo, l’Opac era entrata nel mirino della polemica internazionale, quando l’amministrazione di George Bush jr. aveva chiesto e ottenuto la testa del primo direttore generale dell’Opac, il brasiliano José Mauricio Bustani, accusato di condotta polarizzante e conflittuale e di uso di ruoli inappropriati dell’Opac. Accadeva nel 2001, alla vigilia dell’intervento in Iraq, quando l’Opac parve interporsi tra Usa e Iraq sulla vicenda delle armi di distruzione di massa.
Il Nobel all’Opac susciterà di certo qualche ironia. Una forte scuola di pensiero ritiene che tutte queste sigle, per lo più costose (l’Opac ha 500 dipendenti e costa 74 milioni di euro all’anno), servano solo a far perdere tempo e denaro. Ma questa è esattamente la loro funzione: far “perdere tempo” alle grandi potenze, quando arrivano all’impasse senza via d’uscita, di fronte al bivio fatale pace/guerra. In questo caso, le organizzazioni internazionali, dall’Onu in giù, diventano camere di compensazione dei conflitti. Se a questo fosse servita l’Opac in questi mesi, il Nobel non sarebbe immeritato.