Saltata anche l’ultima tregua come da copione, ripresi i bombardamenti da tutte e due le parti. Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, impegnato a cercare di trovare un cessate il fuoco, sia Hamas che Israele non hanno alcuna volontà politica di trovare un accordo. Che cosa questo significa ilsussidiario.net lo ha chiesto all’inviato di guerra Gian Micalessin che ha anche spiegato come per la prima volta dagli anni settanta, i militanti di Hamas costituiscano un pericolo anche sul campo militare aperto, in grado di entrare in territorio israeliano e combattere i soldati israeliani a viso aperto. Ecco dunque gli scenari di questa guerra apparentemente senza fine.
Il segretario dell’ONU Ban Ki-moon ha lamentato la mancanza di una volontà politica da parte di Hamas e Israele per arrivare a un cessate il fuoco. Che significa “volontà politica”?
Per Israele significa che, come ha sempre messo ben in chiaro sin dall’inizio di questa offensiva, non può rinunciare agli obbiettivi prefissi.
Ce li ricordi.
La distruzione dei missili e degli arsenali militari di Hamas e quindi la ricomposizione del problema Hamas perché Hamas disarmato è incapace di nuocere per un periodo abbastanza lungo. Infine Israele pretende anche il controllo di una zona di sicurezza intorno alla frontiera di Gaza.
Hamas invece cosa chiede?
Da parte di Hamas la situazione è speculare in quanto sta insistendo e investendo molto su questa guerra e soprattutto sulla morte dei civili palestinesi che sono un patrimonio propagandistico di prima importanza per Hamas. Dunque nessun cessate il fuoco fino a quando non saranno perseguiti i suoi obbedivi.
E questo che vantaggio porterà ad Hamas, vista la situazione militare dei due schieramenti?
Bisogna ricordare che recentemente Hamas aveva subito un calo di popolarità e di credibilità non solo all’interno della striscia di Gaza ma in tutto il mondo arabo. Il gruppo terroristico subiva l’ostilità dei siriani perché si era schierato a favore dei fratelli musulmani, dell’Egitto perché Hamas è una costola dei fratelli musulmani. Tutto questo adesso è stato cancellato nell’opinione pubblica araba e palestinese per via dell’offensiva israeliana.
Abu Mazen ha ricordato nelle ultime ore come il piano egiziano di pace era da parte palestinese accettabile, ma ci si domanda cosa conti effettivamente oggi nel contesto palestinese.
Ricordiamoci che è sempre il presidente di quell’autorità palestinese che è stata buttata fuori da Gaza proprio da Hamas e quindi è innanzitutto concorrente di Hamas stessa. Anche lui ha un interesse ovviamente non dichiarato a vedere Hamas meno capace di screditare la politica palestinese, ma non può prescindere dal suo ruolo di presidente dei palestinesi e di giocarlo. Ha bisogno del sostegno di paesi come l’Egitto che sono nemici di Hamas e anche gli unici che possono oggi imporre una tregua ad Hamas. Sostanzialmente è un vaso di coccio in una botte di ferro e cerca disperatamente di non affogare.
Nelle ultime ore Israele ha lanciato l’allarme per possibili infiltrazioni palestinesi nel suo territorio: qualcosa di inedito, è vero?
Hamas per la prima volta nella storia della rivolta palestinese dai tempi degli anni 70 rappresenta un vero pericolo tattico e strategico per Israele. Per la prima volta i suoi combattenti grazie all’addestramento avuto dagli hezbollah in Iran sono in grado di contrapporsi ai soldati israeliani in campo aperto. Una volta scappavano oggi li affrontano in battaglia.
Dunque il problema dei tunnel sotterranei è lungi dall’essere stato risolto?
No, infatti. Hamas è una minaccia strategica per Israele perché i tunnel scavati per infiltrarsi nel territorio e sbarcare all’interno dei kibbutz e nei centri abitati sono una minaccia palese. Nelle scorse settimane gli israeliani sono riusciti a individuare un gruppo di egiziani palestinesi travestiti da soldati israeliani in modo perfetto. Esiste dunque una vera minaccia militare che Israele deve combattere.
Che previsioni si possono fare per la conclusione di questo conflitto?
Lo scenario finale a mio avviso sarà una parziale presenza all’interno di Gaza dell’esercito israeliano. Non sarà una occupazione vera e propria ma sarà una permanenza per la prima volta dal 2005 di unità delle forze israeliane decise a controllare le installazioni strategiche della striscia. Dall’altra ci sarà un tentativo di Hamas di continuare a combattere fino all’ultimo missile per non dire di essersi arresi.