Al di là del dramma immediato, che si può sperare possa concludersi in modo non catastrofico, la crisi ucraina dimostra ancora una volta che, nel momento in cui gli Stati Uniti si stanno ritirando dallo scacchiere euro-mediterraneo, o l’Unione Europea diventa un soggetto degno di questo nome, e non una sotto-marca della Germania, o in Europa si va incontro a guai grossi.
Per un insieme di motivi di ordine storico, economico e simbolico, l’avvicinamento incondizionato dell’Ucraina all’Unione Europea è insopportabile per la Russia. D’altro canto l’Ucraina, come già dicevamo, non è una ma sono due (se non di più). A occidente gravita verso l’Europa, trainata in questo dalle sue regioni attorno a Leopoli e a Tarnopol, terre mitteleuropee che facevano parte dell’Impero asburgico. A oriente è un pezzo di vecchia Russia sovietica, con una popolazione russa o russofona. La Crimea poi non solo è per lo più russofona, ma in base a un apposito trattato tra Kiev e Mosca ospita la flotta russa del Mar Nero. Infine l’Ucraina dipende totalmente dalle forniture di gas naturale russo.
In tale quadro chi ha stimolato la sua componente “filo-europea” a giocare la carta dello scontro con la sua componente filo-russa ha fatto un pessimo servizio innanzitutto alla legittima aspirazione dell’Ucraina a sviluppare i suoi rapporti con l’Unione Europea. Adesso però la crisi ucraina è comunque scoppiata; e purtroppo è già giunta a un livello di gravità preoccupante. Questo non tanto per i suoi aspetti per così dire militari, che sono… telegenici ma tutto sommato di rilievo relativamente modesto, almeno mentre scriviamo. Putin ha chiesto e ottenuto dal Senato russo il consenso a un’eventuale invasione russa dell’Ucraina, ma sin qui l’ordine di invasione non è venuto. In Crimea i reparti russi mandati a presidiare punti strategici ed edifici di governo non provengono dalla Russia. Si tratta di unità già regolarmente sul posto a presidio delle basi navali russe. Ieri pomeriggio è girata sul posto la voce di un ultimatum russo poi smentito da Mosca. Sin qui, mentre scriviamo, per buona sorte non si è sparato un colpo, e non c’è stata alcuna invasione. La situazione è grave per un altro motivo: perché adesso l’Ucraina ha due governi, quello insediato dagli insorti a Kiev e quello del fuggiasco Yanukovich, sostenuto e protetto dalla Russia di Putin. A questo punto la fine della crisi passa necessariamente per l’uscita di scena di uno di questi due governi, ovvero la loro integrazione.
Per risolvere il problema occorre prendere il toro per le corna, ovvero comporre tra loro le due gravitazioni, rispettivamente verso la Russia e verso l’Unione Europea, che stanno disarticolando l’Ucraina. In effetti non sono affatto in assoluto incompatibili.
Le si possono comporre, ma a tale processo una Ue come quella attuale, in sostanza nelle mani della Germania, non è in grado di dare alcun utile contributo. Nemmeno però potrebbe darlo una Ue agli ordini della Francia e della Gran Bretagna che, anche oggi come nel secolo XIX, non hanno alcun serio interesse alla stabilizzazione dell’Europa centro-orientale. D’altra parte gli Usa del presidente Obama non hanno più la volontà e nemmeno la forza per svolgere un ruolo di primo piano in una crisi europea. Sarebbe il caso che l’Unione si lasciasse piuttosto guidare da quei suoi Stati membri che hanno maggiore prossimità e maggiore esperienza in materia. Innanzitutto la Polonia, che conosce bene sia la Germania che la Russia e che ha con l’Ucraina legami storici talvolta rudi ma consolidati. A nostro avviso, invece che rincorrere la Germania il nostro governo farebbe meglio a proporre e sostenere un’iniziativa di mediazione europea in tutto o in gran parte a guida polacca.