I due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, trattenuti in India dal 6 febbraio scorso, potranno tornare a casa per Natale. L’Alta Corte del Kerala ha accolto la richiesta dello Stato italiano e ha deciso che i militari potranno avere un permesso di quindici giorni e tornare in patria per passare le feste con i familiari. Dopo questa parentesi, i due però dovranno tornare in India e affrontare il processo che li vede imputati dell’uccisione di due pescatori. Per ottenere la licenza, l’Italia ha accettato di garantirne il ritorno versando in cauzione 60 milioni di rupie, oltre 826mila euro e la firma del console generale Gianpaolo Cutillo. I marò, accusati di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati somali il 15 febbraio, dal 30 maggio alloggiano in un hotel con l’obbligo di firma e il divieto di lasciare la città. Sulla questione deve ancora pronunciarsi la Corte Suprema indiana, che però nei giorni scorsi ha rinviato di tre mesi la sentenza. Per ilSussidiario.net abbiamo chiesto un parere ad Antonello Folco Biagini, prorettore per la Cooperazione e i rapporti internazionali, professore ordinario di Storia dell’Europa Orientale all’ Università La Sapienza di Roma.
Cosa pensa del permesso accordato ai due marò?
Questa licenza, in primis, dimostra la debolezza dell’Italia perchè in altri Paesi tutta questa vicenda non sarebbe accaduta. D’altra parte, il permesso farà sicuramente felici Latorre e Girone e le loro famiglie che dallo scorso febbraio sono in questa situazione anomala. Tuttavia, quella del permesso appare come una soluzione “all’italiana”: l’Italia non ha la forza necessaria per imporre la loro liberazione e chiede che vengano rilasciati “a tempo”. A mia memoria si tratta di un istituto completamente nuovo: non ho mai sentito, né letto di prassi del genere. Alla fine spero non rientrino In India. E’ un’opinione che esula dal diritto internazionale ma che ha un valore morale.
Ci spieghi meglio.
Questo caso è zeppo di anomalie. Per prima cosa, i marò sono militari in servizio che non rappresentano se stessi ma un’istituzione, uno Stato. In secondo luogo, il diritto internazionale è chiaro sul punto che, se succede un incidente fra due navi, il giudizio deve essere affidato alla legge dello Stato che batte bandiera, in questo caso l’Italia. La situazione, poi, è stata insolita sin dall’inizio quando la polizia indiana, in acque internazionali, è salita sulla nave e ha arrestato i due marò. Tralasciamo il fatto che sono passati dieci mesi e che, dopo vari viaggi in Kerala da parte di rappresentanti dello Stato italiano, non siamo ancora giunti a una soluzione. Ciò che è certo è che Latorre e Girone non dovevano essere arrestati né, quindi, giudicati da alcun tribunale indiano. L’India, a mio parere, ha montato un caso davvero eccessivo.
Pochi giorni fa, l’Alta Corte del Kerala ha differito la sua decisione di altri tre mesi: perché il rinvio continuo delle udienze?
Il disegno delle autorità indiane sembra essere quello di tirar per le lunghe, probabilmente per chiedere qualcosa. E’ un comportamento piuttosto misterioso. Tralasciando le motivazioni che causarono la tragedia, quando ci fu la strage del Cermis i piloti americani furono rispediti in patria e giudicati da tribunali statunitensi. Un caso simile fu quando lo Stato italiano fece estradare dagli Stati Uniti la militante del partito rivoluzionario, Silvia Baraldini, su promessa che venisse incarcerata in patria. In pratica la Baraldini non è stata giudicata in Italia per i reati commessi negli Stati Uniti dove era per giunta residente, ma è stata estradata con il vincolo di dover scontare in Italia la pena inflittagli dagli Stati Uniti. Baraldini fu comunque messa ai domiciliari e gli americani non ebbero nulla da recriminare. Perchè l’India, dunque, si ostina ad accanirsi su questo caso?
Cosa potrebbe succedere se i due marò non dovessero tornare in India?
L’augurio è che la Farnesina lavori durante questi quindici giorni per poter cambiare lo stato delle cose e non permettere che Latorre e Girone tornino laggiù. Magari perdendo i soldi versati per la cauzione.
Non ci sarebbero conseguenze giuridiche?
Ripeto, la situazione è anomala e non so davvero che valore cogente possa avere la dichiarazione giurata che ha firmato il console generale italiano in India.
L’India potrebbero spiccare un mandato d’arresto internazionale?
Prima dovrebbero condannarli in modo definitivo. Però è meno scontato che il Kerala possa spiccare mandato di cattura internazionale: dipende se in India questo tipo di reato è punibile con un mandato di cattura internazionale e se, soprattutto, in Italia possa essere eseguito.