Il più vasto stato dell’intera Africa, il Sudan ha una storia antichissima, ma da quando è diventato indipendente nel 1953 è dilaniato da una terribile guerra civile. Che potrebbe finalmente finire per sempre se i risultati del recente referendum per l’indipendenza del Sud del paese saranno riconosciuti.
Nei tempi antichi l’attuale territorio del Sudan era noto come Regno della Nubia, un territorio desertico ma altresì affascinante e misterioso in cui sono nate alcune delle più belle leggende africane. Sull’antica Nubia ad esempio estendeva il suo potere anche la mitica regina di Saba. I confini con il vicino Egitto furono sempre molto labili, tanto che gran parte di quello che oggi è il Sudan del Nord era parte dell’Egitto dei Faraoni, e la Nubia stessa spesso spingeva i suoi confini nel territorio dell’attuale Egitto.
Diventato cristiano nei primi secoli dopo Cristo, fu poi in gran parte convertito all’Islam, soprattutto la parte settentrionale. Dopo la dominazione coloniale inglese, il Sudan indipendente non riuscì a trovare un accordo federativo tra il Nord (islamico) e il Sud (in gran parte cristiano e animista).
Fu la causa di una guerra civile durata con intervelli fino ai giorni nostri, con milioni di morti provocati anche dalle frequenti carestie. Nel 2004, la condizione del Sudan è stata definita dalla Comunità Internazionale "la più grave situazione umanitaria esistente". Finalmente, a partire dal 2005, si è cominciato a lavorare a accordi di pace che prevedessero la possibilità di un referendum in cui le popolazioni decidessero o meno l’indipendenza del Sud della nazione.
Il nome Sudan deriva dall’arabo Bilad al-Sudan, che vuol dire "Paese dei Neri", poiché gli arabi così chiamavano i territori confinanti col Sahara meridionale, le cui popolazioni erano appunto di colore.
Con la presenza di osservatori internazionali quali l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, le fasi di votazione si sono finalmente concluse. I risultati preliminari dovrebbero essere annunciati il 31 gennaio, anche se le procedure di voto dei sudanesi residenti in Australia sono state bloccate per via delle gravi inondazioni che hanno colpito quel continente, mentre il risultato definitivo potrebbe essere reso pubblico verso il 6 febbraio.
C’era gran paura che questo referendum potesse sfociare in un bagno di sangue. Fortunatamente non è stato così. Circa il 90% degli aventi diritto si è recata ai seggi, sopportando volentieri anche lunghe file di ore. A due giorni dalla chiusura dei seggi, il capo della missione Ue, Veronique de Keyser, ha detto che i termini ”usati per descrivere il referendum sono: credibile e pacifico”.
”Se dovessi riassumere lo svolgimento del referendum, potrei dire che ha avuto uno svolgimento libero e pacifico e che l’affluenza e’ stata travolgente”, ha spiegato nel corso di una conferenza stampa a Khartoum.. Elicotteri delle Nazioni Unite hanno fatto la spola nei paesi più sperduti della vasta regione per prelevare le schede dei voti, visto che ha solo 40 chilometri di strade asfaltate, in una regione grande come Francia e Belgio messi assieme, è asfaltata.
E la certezza che la vittoria andrà a chi ha votato per l’indipendenza è tale, che si attende il ritorno a casa di circa 600mila sudanesi del Sud scappati altrove per la terribile guerra civile che ha devastato la nazione per decenni. Intanto, in queste ultime settimane ne sono già arrivati circa 180mila.
L’INDIPENDENZA – Da un punto di vista tecnico, se la vittoria dei sì ai referendum sarà confermata, c’è tempo fino al 9 luglio per la dichiarazione di indipendenza. Jimmy Carter, qui presente come osservatore internazionale delle Nazioni Unite, ha dichiarato di aspettarsi che il Nord Sudan riconosca “immediatamente l’indipendenza del Sud”. “Da quanto abbiamo già potuto scrutinare” ha aggiunto “abbiamo visto che il 90% dei votanti ha scelto il sì, e ci aspettiamo che questo trend venga confermato nel restante dei casi”. Il quorum richiesto per la validità del referendum era infatti del 60% degli aventi diritto al voto.
E i sudanesi del Sud stanno cominciando a tornare a casa, anche se al momento non c’è ancora alcuna dichiarazione ufficiale di come sia andato il voto. Per le strade della capitale, Khartoum, è già palpabile la rassegnazione della popolazione del Nord al’idea che il paese si dividerà in due. Non saranno solo circa 10 milioni di compatrioti che diverranno presto degli stranieri: è anche il fatto che i territori del Sud del paese contengono circa l’80% delle riserve di petrolio del Sudan.
Un brutto colpo per i 32 milioni di persone che vivono al Nord, e uno dei motivi più evidenti delle violenze durate decenni, oltre a quelle religiose. E come si chiamerà questa nuova nazione che tutti sperano possa finalmente vedere la luce?
Le ipotesi più gettonate sono quelle di Nuovo Sudan, Repubblica del Nilo o Sud Sudan. Quest’ultimo è quello più probabile, anche se quello di Nuovo Sudan era nei sogni del leader storico della ribellione sudista sudanese, John Garang.