“Voglio uccidere tutti i musulmani” ha gridato l’inglese che lunedì notte usando la stessa tecnica degli jihadisti si è scagliato contro gli islamici che uscivano dalla moschea di Finbury Park a Londra. Ieri, a Parigi, un terrorista islamico schedato dalle autorità come soggetto radicale si è gettato con la macchina carica di bombole a gas contro un furgone della polizia. Due episodi contingenti, che la dicono lunga sul fatto che c’è una guerra non di religione o di civiltà, dice il professor Farouq intervistato dal sussidiario, ma di emarginati, che si scagliano contro simboli stereotipati costruiti anche dalla cultura occidentale. “Quello che bisogna fare è smettere di guardare ai simboli razzisti e astratti, ma cominciare a guardare le persone, educare a uno sguardo che veda il singolo in quanto tale. E questo è valido per gli occidentali quanto per gli islamici”.
Professore, quanto successo fuori della moschea londinese è certamente una reazione ai recenti attentati di Londra, una vendetta solitaria. E’ inevitabile che accada questo e se sì, per quanto tempo ancora?
Episodi come questo purtroppo non sono evitabili perché gli stessi leader europei hanno ridotto l’islam a dei simboli: la moschea, il velo e altre cose, operando così una riduzione. Allora il razzista, il violento, si scaglia contro questi simboli che sono diversi da quelli occidentali e che rappresentano il pericolo, la paura.
Si può dire che quanto successo è la vittoria dell’Isis?
E’ quello che vuole l’Isis, scatenare una guerra civile in Europa, trasformare i musulmani occidentali in nemici, avere un’arma nel cuore dell’Europa.
Cosa vuol dire che l’islam è ridotto a dei simboli?
La maggior parte delle persone sostiene che Londra è il paradiso dell’integrazione, ma è una falsità. E’ vero che è stato lasciato spazio ai simboli islamici come le moschee, ma anche ai tribunali della sharia. Se lei va a vedere, scoprirà che una ragazza musulmana nata nel Regno Unito è obbligata a sposare un musulmano del Pakistan. Questa non è integrazione.
Dunque cosa è necessario?
Guardiamo a quello che è successo nel grattacielo incendiato sempre a Londra. La presenza di famiglie musulmane che grazie al Ramadan erano sveglie ha permesso di salvare molte persone, sono andati a svegliare i loro vicini per aiutarli a mettersi in salvo. Questo è un esempio di cosa succede se c’è integrazione vera, questo ci fa guardare alle persone, non ai simboli.
E’ un esempio di convivenza civile. Abbiamo anche visto che l’imam della moschea e altri islamici hanno salvato l’attentatore dalla folla che voleva linciarlo.
Ma anche questa è una riduzione. Per me, se lei dice che un imam è buono e un altro imam è cattivo, lei sta dicendo la stessa cosa.
In che senso, scusi?
Anche lei sta operando una riduzione, il risultato è uguale perché lei non considera la persona in quanto tale se ragiona così, ma divide tutti in buoni e cattivi. Basta creare simboli per ridurre una religione e una storia così grande come l’islam. Questo imam ha salvato l’attentatore dal linciaggio perché è un musulmano che vive in occidente, in un altro paese non sarebbe successa la stessa cosa.
Dunque?
Ogni singola persona rappresenta i valori della società in cui vive. Questo imam ha fatto quello che ha fatto perché musulmano e occidentale, le due cose in lui convivono. Chi uccide invece non guarda la persona, ma un simbolo da combattere.
Come lei ripete spesso, è vero che non c’è una guerra di civiltà, ma poche ore dopo i fatti di Londra, a Parigi un islamico ha cercato di uccidere dei poliziotti. Che guerra è questa?
E’ una guerra tra persone emarginate, che vivono ai margini della società, una società che non fa proposte e non pratica l’accoglienza. Finché l’islam rimane anche per certi islamici un simbolo, questi episodi si ripeteranno.
In conclusione, quale la strada da percorrere per uscire da tutto questo terrore?
Se guardiamo all’islam delle persone, allora non lo ridurremo a quella persona che ha fatto l’attentato. Dobbiamo tenere conto di tutti, un miliardo e seicento milioni di persone. Se invece rimane la riduzione, continueranno a nascere persone che si accaniscono contro gli stereotipi astratti. Se educhiamo ognuno a guardare le persone, a far capire loro che hanno un Padre e una Madre e per questo sono amate, se questo sarà lo sguardo che avremo, allora diventerà difficile uccidere il prossimo.
(Paolo Vites)