I dati ufficiali appena pervenuti parlano di una vittoria di strettissima misura del candidato del Partito Bolivariano Maduro. 50,66% contro il 49,01 di Capriles. Meno di due punti di differenza sono espressione di un risultato storico che in pratica, se il riconteggio dei voti lo avrà confermato, equivale a una sonora sconfitta per il gruppo al potere visto che l’effetto dovuto alla morte dell’ex Presidente Chavez è in pratica svanito.
La ragione quindi ha prevalso sul cuore di chi pensava in un plebiscito chavista e adesso il Paese si trova spaccato in due: Capriles parla apertamente di brogli mentre Maduro dice che l’avversario gli ha proposto un patto prima della chiusura delle votazioni. Di certo la gestione del Paese non sarà facile e, come sempre capita in questi casi, il teorema che il potere a lungo logora ha ricevuto l’ennesima dimostrazione. La situazione economica del Venezuela è ormai prossima al disastro: la crisi ha colpito un Paese che, sebbene tra i massimi produttori di petrolio, ha sprecato tantissime risorse in prestiti che hanno interessato altri Paesi latinoamericani ma non riuscendo a costruire una propria indipendenza economica perchè le risorse interne sono state adoperate, invece giustamente, per cercare di combattere l’estrema povertà in cui oltre 50 anni di conduzioni falsamente democratiche prima dell’avvento di Chavez avevano lasciato gran parte della popolazione.
Ora però Maduro dovrà affrontare prove difficilissime perchè non potrà non dare importanza e voce a una opposizione che un successo elettorale schiacciante gli avrebbe permesso di fare: ma deve pure considerare il fronte interno del suo partito che di certo non gli perdonerà non solo i giganteschi errori durante la campagna elettorale (la favola dell’uccellino cinguettante sopra la testa rappresentante la comunicazione di Chavez dall’aldilà sarà probabilmente registrata tra le gags più comiche dell’anno ed ha fatto il giro del mondo) ma sopratutto il fatto di dover essere costretto a scendere a compromessi politici che mal si conciliano con l’ideologia chavista.
Tra i primi a complimentarsi con il leader appena eletto la Presidente dell’Argentina Cristina Fernandez de Kirchner che si recherà a Caracs per dei festeggiamenti alquanto strani, visto che il 18 aprile tutta l’Argentina si mobiliterà con una gigantesca manifestazione autoconvocata contro il suo potere che ore fa è stato investito da uno scandalo senza precedenti: il giornalista Jorge Lanata ha rivelato una gigantesca operazione di esportazione di capitali verso paradisi fiscali caraibici intrapresa dal potere kirchnerista sin dagli anni della presidenza del marito, Nestor Kirchner.
Un altro segnale importantissimo che mette in piena crisi un sistema di gestione del potere populista che aveva investito diversi Paesi Latinoamericani: la gente vuole vivere democrazie vere e poter partecipare attivamente, visto che le risorse anche intellettuali e creative non mancano. L’Europa, nella sua profonda crisi, ha l’occasione per dimostrare di essere cresciuta rispetto alla sua ottusità nel considerare questo angolo del mondo come il giardino di casa sua o alla stregua di un Continente pittoresco: l’augurio è che possa finalmente intraprendere delle relazioni di pari dignità con Nazioni che, oltre a rivelarsi nel caso del Brasile in particolar modo delle potenze economiche di prim’ordine, si stanno anche dimostrando più mature politicamente di certi Paesi del “vecchio Continente”. A cominciare dal nostro.