Dopo la Slovenia, la Croazia è il secondo paese della ex federazione jugoslava a entrare nell’Unione europea. Un fatto particolarmente significativo per noi italiani, che vantiamo legami culturali ed economici molto stretti con l’altra sponda dell’Adriatico. Elemento ulteriormente positivo anche per la questione degli esuli, quelle centinaia di migliaia di italiani costretti ad abbandonare le loro case dopo l’avvento del regime comunista nei paesi balcanici al termine della Seconda guerra mondiale. Ma cosa significa per l’Unione europea, sempre più divisa in dibattiti etici come il matrimonio gay o le sperimentazioni sugli embrioni, l’ingresso di un paese come la Croazia? Ha risposto a ilsussidiario.net Luca Volontè: “Ha un grosso significato proprio in termini di salvaguardia di quei valori etici che oggi alcuni funzionari dell’Unione mettono sempre più in discussione. La coscienza religiosa di un Paese come la Croazia, e speriamo presto di altri paesi in procinto di entrare nell’Unione come la Serbia, potrà finalmente dare una svolta a una Europa che invece che andare avanti regredisce sempre più ad un livello etico addirittura pre cristiano”.
Come è stato il percorso per l’ingresso della Croazia nell’Unione europea? L’Italia ha svolto un ruolo di primo piano.
Non è stato un percorso complicato, tenuto conto che una delle prospettive dell’Unione europea è quella di arrivare gradualmente a un allargamento dei paesi teatro della guerra nei Balcani. Dopo la Slovenia anche la Croazia ha dimostrato di avere le carte in regola per questo ingresso visto positivamente da tutti, ma soprattutto da noi italiani. La nostra idea del cosiddetto corridoio adriatico sarebbe positiva anche per l’impatto economico che potrebbe avere non solo per la Croazia ma anche per noi stessi e per paesi come la Slovenia e l’Austria.
Un allargamento che potrebbe arrivare anche alla Serbia?
L’auspicio è proprio quello: in Serbia il lavoro per questo obbiettivo è già a buon punto e l’Europa progressivamente non può esimersi dall’accettare positivamente il lavoro che stanno facendo l’Albania, il Montenegro e la Bosnia Erzegovina per il loro ingresso.
Napolitano commentando l’ingresso della Croazia ha parlato delle radici profonde che ci legano a questo Paese, il caso degli esuli italiani è quello più evidente.
Napolitano ha detto giusto, ma la Croazia come sappiamo ha un legame profondo con noi anche prima degli esuli. Un legame che c’era già dai tempi dell’Impero romano. Pensiamo poi a quella riva dell’Adriatico e al suo rapporto con Venezia, per avere la prova di come lungo i millenni c’è stata una grande fraternità umana, economica e culturale. E’ motivo di gioia per noi celebrare questo ingresso anche perché in questo paese è ancora vivo un profondo sentimento religioso cristiano.
A questo proposito, questa Unione europea è sempre più divisa sui dibattiti di ordine etico: che impatto avrà l’ingresso della Croazia in questo contesto?
La speranza è che porterà a far sì che alcuni funzionari dell’Unione europea smettano di fare quello che stanno facendo ultimamente…
Cioè?
Da una parte abbiamo le trattative ufficiali che richiedono criteri da rispettare. La Croazia stessa li rispetta, altri paesi come la Serbia lo stanno facendo. Dall’altra parte ci sono molti funzionari dell’Unione che oltre a verificare questi criteri spingono questi paesi ad adeguarsi ad alcune iniziative che non fanno parte della trattativa. Sono iniziative che fanno parte di alcuni paesi, solo otto della Ue, ad esempio i matrimoni gay. In questo senso la Croazia si sta mobilitando nella piena consapevolezza dei diritti e dei doveri.
Che tipo di mobilitazione?
Proprio qualche settimana fa l’associazione delle famiglie croate di cui fanno parte anche esponenti del mondo islamico e non credenti ha fatto una raccolta di firme per poter introdurre nella Costituzione la dichiarazione che la famiglia è costituita da uomo e donna e dai figli generati da padre e madre. Io penso che il referendum dei prossimi mesi su questo argomento, vista la tradizione del popolo croato che corrisponde a quella dei diritti universali in materia, darà un contributo per un rinnovamento dell’Europa e finalmente un cambio di gestione dell’Europa stessa. In questo momento l’Europa sta introducendo deviazioni etiche che non portano nessuna evoluzione ma solo un regresso.
La legislazione interna di un paese membro, ad esempio sui matrimoni gay, non può essere imposta a tutti i paesi membri.
Infatti. Purtroppo dobbiamo prendere atto di questi funzionari fin troppo solerti nello spingere alcune leggi che non hanno nulla a che fare con l’Unione europea. Prendiamo atto di elementi approvati in alcuni paesi che vanno verso una situazione problematica nei confronti del diritto internazionale e a una non evoluzione della società. Pensiamo al caso francese di questi ultimi giorni: un gay pride che è stato definito un day flop per la scarsa partecipazione, e in cui si diceva: “dopo il matrimonio gay perché non un matrimonio a tre persone”? Si va verso quella poligamia non solo estranea alla tradizione cristiana, ma anche alla civiltà romana. Sono passi indietro vertiginosi.
Oppure l’Inghilterra che vuole introdurre l’embrione con tre genitori.
Esatto, un altro elemento di preoccupazione. La Croazia invece darà il suo contributo per l’evoluzione positiva dell’intero continente europeo come quando entreranno Serbia e altri paesi. L’Europa potrà finalmente andare avanti e non perseguire quello che diceva lo scrittore C.S. Lewis, cioè un percorso che va indietro rapidamente e progressivamente. Noi vorremmo continuare ad andare avanti.
(Paolo Vites)