“I salafiti escono profondamente trasformati dall’esperienza del primo voto libero in Egitto. La campagna elettorale è stata segnata dalle loro intemperanze verbali, ma anche dal fatto che hanno riconosciuto pubblicamente i loro errori”. Ad affermarlo è Hossam Mikawy, giudice egiziano e osservatore elettorale per conto della magistratura. Martedì e ieri i cittadini di nove circoscrizioni sono stati chiamati al voto per il Parlamento, che ha registrato un’affluenza molto elevata e un’altra affermazione di Fratelli musulmani e salafiti. Per il giudice Mikawy il vero pericolo, che permane tuttora molto elevato, è quello di un colpo di Stato militare, mentre i rischi di una deriva islamista non vanno sopravvalutati. Come spiega in un’intervista a Ilsussidiario.net, “i primi a riconoscere i passi avanti compiuti dai partiti islamisti sono stati i vescovi copti, che hanno invitato i loro leader a partecipare alla Messa per il Natale ortodosso che si terrà venerdì notte. E’ la prima volta che ciò accade nella storia egiziana, e i salafiti hanno promesso che non mancheranno”.
Giudice Mikawy, come commenta i risultati delle elezioni?
Innanzitutto, è stato il primo passo compiuto dall’Egitto nella direzione che lo porterà a diventare un Paese democratico. Per chi guarda alla nostra storia, è da molto tempo che gli egiziani non scelgono in modo libero chi li controllerà. Il risultato è che a uscire vincitori da queste elezioni sono tutti gli egiziani, tutti i partiti e in particolare la gente normale. Gli egiziani hanno votato per i partiti religiosi per dimostrare che sono dei buoni musulmani, ma nello stesso tempo ciò che desiderano è avere una vita normale. Un egiziano legge il Corano, ma apprezza anche la buona musica. Il vero problema è rappresentato dai numerosi ostacoli verso la realizzazione di una democrazia sana e dalle solide fondamenta.
Quali sono questi ostacoli?
Siamo riusciti a organizzare le prime elezioni libere, ma nello stesso tempo non dovremmo essere troppo felici, perché non sappiamo che cosa accadrà in futuro. Tutte le autorità per il momento sono sotto il controllo militare, e la nostra paura è che le prime elezioni libere nella storia egiziana saranno ricordate anche come le ultime. Non esiste una road map che stabilisca come e soprattutto chi scriverà la nostra Costituzione. Occorrerebbe una legge per chiarirlo, ma al momento questa norma non c’è.
Le elezioni però di fatto premiano Fratelli musulmani e salafiti …
Intanto dobbiamo registrare alcuni buoni risultati del nuovo partito Al-Adl, laico e liberale, nato proprio con la rivoluzione egiziana. L’altra sorpresa è stata quella del partito islamico salafita, Al-Nour, del tutto privo di esperienza politica, ma che giorno dopo giorno sta migliorando le sue posizioni. E continuerà a farlo, perché scoprirà sempre di più che gli egiziani non vogliono essere controllati dai religiosi. L’inesperienza dei salafiti li ha portati a compiere una serie di errori, per ciascuno dei quali però si sono scusati pubblicamente. Alcuni loro discorsi sono stati caratterizzati dall’estremismo, spesso non sono stati in grado di comprendere la realtà, e molti di questi limiti permangono tuttora.
Ma è sicuro che la maggioranza degli egiziani non li abbia scelti proprio per questo?
Gli egiziani una volta nella cabina elettorale non hanno scelto i programmi, ma i candidati. Ed essendo le prime elezioni, era difficile giudicare in modo obiettivo chi correva per un seggio in Parlamento. Dopo averli visti all’opera, le persone capiranno che devono guardare ai programmi e non solo alla conoscenza personale dei candidati. Gli elettori analfabeti, che rappresentano il 30% della popolazione, hanno scelto i partiti religiosi perché non conoscevano nessun altro. E questo è in buona parte colpa dei liberali, che si sono chiusi nella loro torre d’avorio ignorando le esigenze delle fasce più povere della popolazione.
Che cosa succederà ai cristiani egiziani dopo la vittoria dei partiti islamisti?
Sabato i copti festeggeranno il Natale ortodosso, e le autorità cristiane per la prima volta hanno invitato i segretari e i presidenti di tutti i partiti islamici e i vertici dell’Università di Al-Azhar a partecipare alla Messa di Mezzanotte. Salafiti e Fratelli musulmani hanno garantito che non mancheranno all’appuntamento, per scambiarsi il segno della pace con i cristiani e promettersi reciprocamente di lavorare insieme per il futuro del Paese. Aspetteremo venerdì notte per vedere che cosa accadrà all’interno della cattedrale ortodossa, e se i partiti islamici ci saranno davvero o si inventeranno una scusa all’ultimo minuto. Resta il fatto che questo invito è una novità assoluta, in quanto vescovi copti e Fratelli musulmani in passato non si erano mai neanche incontrati.
Lei conosce i salafiti, e fino a che punto li ritiene pericolosi?
I salafiti hanno bisogno di essere aiutati a capire se stessi. Sono inesperti, ma molti di loro sono persone molto gentili. Essendo soprattutto dei religiosi, per loro la politica è una cosa strana. Ma nello stesso tempo hanno bisogno di fare questa esperienza e di imparare a rapportarsi con persone che la pensano in modo diverso da loro. Un anno fa ci fu il terribile attentato nella chiesa di Alessandria. Ieri si è tenuto un festival organizzato da cattolici e ortodossi, con salafiti e giovani egiziani che proteggevano l’edificio nel quale si svolgeva l’evento. Oggi quindi l’intera situazione in Egitto è cambiata rispetto a un anno fa.
Ritiene invece che il rischio di un golpe militare sia ancora elevato?
Sì. Siamo alla nostra prima esperienza di democrazia, e se leggiamo la storia degli altri Paesi ci troviamo di fronte a una serie infinita di casi in cui deposto un dittatore, al suo posto è subentrato l’esercito che ha soppresso qualsiasi dissenso. Soffocandolo giorno dopo giorno, mese dopo mese, fino a creare un nuovo regime. Abbiamo paura che il futuro in Egitto ci riservi questa realtà. Non c’è nulla che possa proteggere il nostro cammino verso la democrazia, in quanto l’Egitto non ha una Costituzione.
Il procuratore Suleiman ha chiesto la condanna a morte per Mubarak. In quanto magistrato, lei che cosa ne pensa?
Attendiamo la sentenza prevista per il 25 gennaio. Ma le richieste del procuratore si basano sulle prove fornite dalla polizia. E nel processo a Mubarak, è coimputato proprio l’ex ministro della Polizia, Habib al-Adly. Tanto è vero che il procuratore Suleiman ha dichiarato che i servizi segreti e le forze dell’ordine si sono rifiutati di fornirgli le informazioni richieste e di collaborare in qualsiasi modo con i pm. Al punto che Suleiman ieri in tribunale ha denunciato di essersi trovato di fronte a un rifiuto per qualsiasi richiesta finalizzata a provare la colpevolezza di Mubarak. A quasi un anno dalle sue dimissioni, continuano a proteggere l’ex presidente perché comprendono che se sarà condannato presto giungerà anche il loro turno.
(Pietro Vernizzi)