Solbes, il ministro dell’Economia di Zapatero, ha celebrato martedì scorso la liturgia della presentazione del bilancio preventivo dello Stato per il 2009 alla Camera dei Deputati. Lo ha fatto poche ore dopo il collasso di Wall Street, uno dei peggiori nella sua storia, a seguito della crisi scatenata dai mutui subprime.
Il budget dei conti pubblici per l’anno prossimo è ormai carta straccia. Il governo otterrà l’appoggio del PNV (nazionalisti baschi) e il bilancio passerà, ma tutti gli economisti sono concordi nel segnalare che le previsioni di crescita dell’1% del Pil nel 2009 sono assolutamente irrealistiche. Il prossimo anno, la Spagna registrerà tassi di crescita negativi, il deficit pubblico supererà il 2% previsto e la disoccupazione, che ora è al 10,4% raggiungerà il 14%.
Il modello di crescita basato sull’indebitamento verso l’estero è giunto alla fine, perché non c’è, né ci sarà, denaro nel sistema finanziario internazionale. Di fronte a questa situazione, sicuramente a Zapatero non rimane altra soluzione che aumentare le imposte, il che vuol dire punire ancor più i consumatori e le famiglie cui gli incrementi nei mutui ipotecari hanno già reso difficile arrivare alla fine del mese. Di fatto, il progetto di bilancio aumenta di già le imposte di 400 euro per un lavoratore con reddito medio per effetto dell’inflazione e conseguente drenaggio fiscale.
I sondaggi di opinione riflettono già questo deterioramento. L’indagine del prestigioso Instituto Noxa, diretto da un signore che lavora per i socialisti, pubblicata in questa fine di settembre, indica un’intenzione di voto per il PSOE del 40,6% contro il 43,9% delle elezioni di marzo.
Fino ad ora, Zapatero ha cercato di usare la crisi a proprio vantaggio, presentandosi non come parte del problema, ma come la sua soluzione: come l’uomo che di fronte alle pericolose tendenze a distruggere lo Stato del welfare era disposto a garantire i diritti sociali, la stabilità delle pensioni e gli aiuti ai disoccupati. «A voi conviene un socialista come me in questi momenti difficili, io proteggo i deboli e non i liberali della destra», ha affermato in tutti i suoi interventi prima e dopo le vacanze. In realtà, al premier non interessa l’economia: in più occasioni ha dichiarato che la sinistra classica si è “distratta” troppo con queste questioni e che ora doveva dedicarsi all’ampliamento dei diritti civili. A ciò intendeva tornare dopo l’estate e per questo ha messo in moto, in settembre, una riforma della legge sulla libertà religiosa, la modifica della legge sull’aborto e la regolamentazione del suicidio assistito.
Nella legislatura passata si era scontrato con una parte della società per ottenere l’appoggio degli elettori più radicali: vedremo se potrà continuare con la stessa formula davanti ad una crisi così grave e con i terroristi dell’ETA decisi a provocare nuove trattative a suon di morti.
Il cardinale arcivescovo di Madrid durante un breakfast la settimana scorsa, cui hanno partecipato tutti i media, ha dichiarato di non credere che «il governo cercherà lo scontro con la Chiesa. Ci sono differenze, c’è dialettica, però non credo che si cerchi lo scontro». Parole suggerite solo da cortesia diplomatica? Tuttavia, diversi alti prelati pensano che sia possibile un dialogo con il governo in questioni importanti, come quelle relative all’educazione.
Paradossalmente, Zapatero ha già dovuto difendere, per la prima volta, le convinzioni di un cattolico: il giudice Carlos Dìvar, che lui stesso ha nominato, in accordo con Rajoy, presidente del Consiglio Generale del Potere Giudiziario (l’organo di governo della magistratura). È stata una strana decisione per il laicismo duro e puro di Zapatero. Le vere ragioni di questa nomina non sono chiare e tutto fa supporre che ci sia qualche trappola. Alla fine, potrebbe essere molto profittevole se la”forte spiritualità” di Dìvar si traducesse in un cattolicesimo “neutralista”. Tuttavia per il momento, di fronte agli attacchi subiti dal giudice, Zapatero ha dovuto difendere l’ovvio: il diritto a non essere discriminati per le proprie convinzioni religiose. Come sempre, la questione principale non è il governo, ma cosa i cattolici intendono per convinzioni.
Secondo i sondaggi, la situazione di Zapatero è difficile, ma non va molto meglio per l’opposizione. Lo stesso sondaggio che indica la caduta nelle intenzioni di voto per i socialisti, riporta una diminuzione anche per il Partito Popolare, che passa dal 39,9% al 39,6%, e Rajoy non riesce ad esser visto come un’alternativa. Nell’opposizione, la novità è arrivata dal lato meno auspicato: Esperanza Aguirre. La presidentessa della Comunità di Madrid ha sostenuto al Congresso del PP di questa estate gli emendamenti che hanno provocato la rinuncia del partito ad essere combattivo contro il matrimonio tra omosessuali. Tuttavia, dopo l’estate Aguirre ha cambiato idea e, forse ispirata da Sarkozy, ha criticato “il relativismo” in politica e si è mostrata contraria a una riforma della legge sull’aborto. Il suo è apparso un atteggiamento diverso da quello di Rajoy, al quale non piace entrare nel merito dei “nuovi diritti civili di Zapatero”.
Altrettanto interessante, oltre alla critica del relativismo, è la scoperta da parte di Esperanza Aguirre della sussidiarietà. Nel congresso regionale del PP di Madrid, tenuto a metà settembre, è stata approvata una interessante mozione su “Società e Libertà”, il cui testo recita, per esempio: «L’intromissione dello Stato in materie che sono proprie della persona, della famiglia e dell’impresa, non solo ostacola la crescita economica, ma colpisce anche i valori della società». O anche: «Le amministrazioni devono appoggiare le famiglie, non sostituirsi alle loro funzioni […], la scuola di iniziativa sociale può contare sul nostro appoggio e finanziamento». Un orientamento interessante: «Sosteniamo che lo Stato deve avere un ruolo limitato in economia, che deve creare le condizioni perché le persone e le imprese possano intraprendere le loro iniziative con il maggior grado di libertà».
Dichiarazioni programmatiche che si concretizzano in politiche a favore dell’iniziativa sociale nell’ambito dell’educazione e della sanità, quelle che la sinistra classica chiama “privatizzazione dell’istruzione e della sanità”.
Piuttosto che sognare, come fanno alcuni, un nuovo partito cattolico, per chi sta già costruendo iniziative sociali sembra più interessante porre attenzione sui possibili cambiamenti, sulle opportunità di libertà che si stanno aprendo anche in luoghi del tutto insospettati.
Se qualcosa cominciasse a muoversi, ci sarebbe un soggetto sociale capace di approfittarne?