“Ciò che manca è una lista europea degli Stati sicuri, ai cui cittadini non si riconosce lo status di rifugiati. L’Italia deve rifiutarsi di realizzare i centri di identificazione per i migranti, richiesto dalla Merkel, fino a quando non sarà pronta una lista valida per tutti i Paesi Ue”. A rimarcarlo è l’ex ministro degli Esteri ed ex Commissario Ue per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza, Franco Frattini. Per il 14 settembre è stato convocato un vertice d’emergenza dei ministri europei degli Interni e della Giustizia per discutere dei flussi migratori sempre più elevati che stanno interessando l’Italia.
La Merkel è intervenuta chiedendo maggiore solidarietà tra i Paesi Ue, e di sospendere il trattato di Dublino per quanto riguarda i siriani. Lei che cosa ne pensa?
Fino a quando il flusso dei migranti interessava la Germania solo in modo marginale, le dichiarazioni di Berlino erano più o meno di facciata. Oggi che i rifugiati arrivano dai Balcani, la Merkel si è accorta che puntano direttamente a casa sua. Ciò dimostra che quando c’è la volontà politica il trattato di Dublino si può rivedere e modificare. Ma la Merkel ha detto anche una seconda cosa importante: “Schengen è uno spazio di libera circolazione che presuppone che tutti i Paesi collaborino”.
Che cosa vuol dire in concreto?
Ciò implica che si eliminino i muri, si facciano le registrazioni e i centri di accoglienza. Se così non avviene, si crea un tappo le cui conseguenze sono pagate soprattutto dall’Italia da un lato e da Serbia e Macedonia dall’altra. Quando un senegalese passa dall’Italia all’Austria, gli austriaci lo rimandano in Italia. E lo stesso muro ungherese produce un effetto simile per i Paesi balcanici. Da oggi, per la Merkel il trattato di Dublino non è più intoccabile.
Ciò quali effetti può produrre?
Se la Germania dà il buon esempio, altri Paesi la possono seguire. In primo luogo la Francia, che dice tanto di voler aiutare tutti, e poi soprattutto Paesi come quelli del centro Europa. La Polonia in particolare non ha dato affatto disponibilità ad accogliere i migranti, pur essendo un grande Paese con uno sviluppo al 3,5%, quando Italia e Germania sono al +0,2%. Ritengo dunque che Varsavia dovrebbe mostrare qualche spazio di accoglienza in più.
Come giudica le posizioni del ministro britannico Theresa May, che ha detto che entrerà nel Regno Unito solo chi ha già un lavoro, anche se cittadino europeo?
Lo spazio di Schengen non deve avere come effetto quello di proteggere i Paesi meno generosi. Se vige la libera circolazione, ma l’Italia si deve tenere tutti gli extracomunitari che arrivano, ciò per lo spazio Schengen rappresenta un limite molto forte. E’ quindi davvero sbagliato chiudere lo spazio Schengen, perché la libera circolazione è l’altra faccia della medaglia del mercato comune europeo. Ci sono Paesi cui piace molto il mercato unico perché comporta l’abolizione di dazi e dogane, ma poi vorrebbero limitare la circolazione delle persone. Ma dell’Unione Europea non si può prendere quello che ci piace, e lasciare da parte quello che non va.
Gentiloni ha detto che l’Italia ha sempre invocato un cambiamento delle regole. Ma lo ha fatto nel modo giusto?
Il governo Renzi si scontra con un principio insormontabile: queste regole si decidono all’unanimità. Gentiloni però ha sottolineato un aspetto molto importante: occorre una regola europea sull’asilo. Il problema è che ogni Paese Ue ha una sua lista di “Stati sicuri”, ai cui cittadini cioè non si riconosce lo status di rifugiato. Questo vuol dire che per esempio un immigrato della Costa d’Avorio, come l’assassino che domenica ha colpito a Catania, può permettersi di chiedere l’asilo politico in Italia, ma non in Francia. E’ questo l’aspetto giuridico sul quale occorre intervenire, perché a quel punto un migrante si sceglie come destinazione il paese più “comodo”.
Ci sono le premesse perché il vertice del 14 settembre funzioni?
Se guardo a quanto è avvenuto nell’ultimo vertice straordinario dovrei dire di no. La lista dei Paesi sicuri o insicuri dipende dalle relazioni bilaterali dei singoli Stati Ue. Le diverse sensibilità quindi hanno sempre portato i Paesi Ue a divergere nelle loro valutazioni. O c’è una grande volontà politica di risolvere questi temi, oppure si continuerà con dichiarazioni di facciata, ma quando si arriverà al momento dell’attuazione pratica non si farà nulla.
Che cosa deve fare il governo italiano?
E’ fondamentale che l’Italia si presenti il 14 settembre con una proposta molto concreta. La Merkel ha invitato l’Italia ad affrettarsi nel realizzare i centri di identificazione, perché una volta identificati i migranti in Italia ce li dobbiamo tenere. Il nostro governo dovrebbe quindi rispondere che noi faremo i centri di identificazione lo stesso giorno in cui il Consiglio Ue approverà la lista europea dei paesi sicuri. A quel punto se a Lampedusa arriverà un migrante della Costa d’Avorio, l’Italia potrà decidere immediatamente se quello è o meno un rifugiato senza neanche fargli presentare la domanda.
(Pietro Vernizzi)