È passato un po’ di tempo dall’alluvione che ha colpito soprattutto la città di La Plata ma anche gran parte dell’Argentina. Fenomeno meteorologico a parte, che deve ritenersi eccezionale nella sua portata ma non isolato e direttamente collegato al cambiamento climatico in atto da tempo, sta emergendo sempre più il quadro desolante di un Paese bloccato nel suo sviluppo da un potere che ormai si è trasformato in una oligarchia dominante e di democrazia inesistente. La tragedia poteva essere evitata: i 100 morti che, ovviamente, non vengono confermati, fanno purtroppo da continuazione di una catena iniziata con l’altra tragedia, quella alla stazione Once di Buenos Aires.
Lì la corruzione immensa del sistema kirchnerista, che ha fatto seguito a quello menemista tanto odiato dall’attuale dirigenza politica ma di cui sia Nestor che Cristina Kirchner erano i più ferventi sostenitori negli anni Novanta, ha purtroppo causato la distruzione di un sistema di trasporti di interesse primario in una nazione tanto vasta. Le eterne diatribe tra potere centrale, provinciale e municipale hanno bloccato per anni fondi che, se fossero stati resi disponibili dalla Casa Rosada, avrebbero evitato un disastro di proporzioni apocalittiche come quello accaduto.
Perché questo marasma rivela la vera identità di un potere che non sopporta le differenze ideologiche, le combatte con l’arma dell’economia e le distrugge con il controllo dei media che, col passare del tempo, si rivela un’arma a doppio taglio per il potere stesso. Perché non tutte le ciambelle riescono col buco e spesso si trasformano in boomerang, come d’altronde già accaduto per la macchina del fango orchestrata contro Monsignor Bergoglio, ora papa Francesco.
Focalizziamoci sulla scena della visita di Cristina Fernandez de Kirchener al Papa per scoprire l’arroganza del potere attuale: ma quando mai si fa un regalo a una persona e non lo si dona, ma lo si apre davanti ai suoi occhi? Ma quando mai ci si azzarda a spiegare ad un Argentino di 77 anni che quel contenitore rotondo che gli si offre e la cannuccia sono il mate? Proprio a uno che lo ha sempre consumato!
Ma torniamo all’alluvione, immediatamente sfruttata a livello mediatico facendo sapere di come nel frattempo il Governatore di Buenos Aires, Mauricio Macri, si trovasse in vacanza in Brasile per trascorrere uno degli innumerevoli “ponti” che ormai dominano il calendario argentino. La macchina dei media fedeli al Governo si è mossa con straordinario tempismo, facendo notare come il sindaco della Capitale si trastullasse in vacanza mentre l’intera Buenos Aires si inondava e anche il fatto che opere di smaltimento idrico fossero state promesse per anni ma mai terminate. Quando l’epicentro del disastro è stato registrato nella località de La Plata subito sono state diffuse foto del sindaco di quella città, ovviamente kirchnerista, alle prese con gli aiuti alla popolazione vittima della catastrofe. Mma il dono dell’ubiquità evidentemente è monopolio di nostro Signore, perché a pochi minuti dalla pubblicazione degli scatti solidari ne vennero diffusi altri ritraenti lo stesso personaggio, nello stesso arco temporale, su di una spiaggia in un resort vicino a Salvador de Bahia, dimostrando che il materiale fino ad allora diffuso era falso.
A questo punto sono entrate in azione le famose “guardie rosse” della Campora che si sono fatte ritrarre a più non posso mentre amministravano tutto il materiale che la raccolta promossa in aiuto della popolazione danneggiata aveva ottenuto. Tutta roba frutto della enorme generosità degli argentini nei confronti di chi ha sofferto un danno, come sempre. Materiale quindi senza nessuna etichetta politica, ma che, davanti alle telecamere televisive, veniva rimarcato come azione del gruppo ultrakirchnerista. E guai a far notare come la solidarietà non dovrebbe avere una bandiera politica, dato fatto notare dal giornalista della tv pubblica Miceli: immediatamente è partita non una risposta, ma una sequela di minacce rivolte al povero conduttore dal capetto Camporista nella cui testa si palesa una certa confusione tra la sua organizzazione e la Croce Rossa o Medici Senza Frontiere, entità presenti sul luogo del disastro.
Oltre a contestare apertamente la sorella dell’ex Presidente Kirchner, intervenuta a raccogliere la sua porzione di luce mediatica, le vittime dell’alluvione hanno chiesto spiegazione del perché le previste opere che avrebbero potuto limitare i danni non siano mai state costruite (ma in molti casi pagate) ottenendo per tutta risposta, dal solito gruppo Camporista, un attacco fisico che è degenerato in una gigantesca rissa.
Pare proprio che le cose non vadano affatto bene per Cristina, il cui Governo è alle prese con un progetto di legge già votato da un Parlamento consenziente che prevede il completo controllo dell’attuale esecutivo sul potere giudiziario, anello che mancava alla catena che porta all’assoluto potere sulla nazione con un progetto di legge che viene fatto passare come democratico ma che, come nel caso della legge che controlla i media e l’informazione in generale, altro non è che l’ennesimo giro di vite che soffoca qualsiasi barlume di democrazia nel Paese.
Domenica sera il popolare programma dal satirico titolo “Giornalismo per tutti” (“Periodismo para todos”, una canzonatura dei vari refrain kirchneristi sul tema nazionalpopolare), condotto dal popolare giornalista Jorge Lanata, ha dedicato la sua prima puntata della nuova stagione a uno scandalo che rivela fiumi di denaro di provenienza illegale esportati da molti anni verso società di comodo situate in paradisi fiscali create e guidate da amici dell’ex Presidente Nestor Kirchner, perfettamente a conoscenza della manovra, che anche due mesi fa hanno fatto uscire clandestinamente dall’Argentina circa 60 milioni di euro. Fatto che fa capire anche al più sprovveduto dei cittadini come dietro la maschera del populismo si nasconda sempre la monetizzazione del potere.
Per questo il 18 di aprile si è autoconvocata l’ennesima manifestazione, denominata 18A, che come le precedenti ha riunito la protesta di vasti settori della popolazione stanchi di questa conduzione che, attraverso l’uso dello statalismo esasperato, mira al completo controllo della società. Ma Cristina, che è anche stata dileggiata dal Presidente dell’Uruguay, José Mujica, che l’ha definita “strega peggio del marito”, aveva fatto già sapere che quel giorno non ci sarebbe stata perché impegnata a Caracas nei presunti festeggiamenti per la vittoria elettorale del delfino di Nicolas Maduro.
Visto però il risultato sorprendente di una votazione non ancora conclusa, questa ennesima riunione potrebbe avere il sapore di un “de profundis” per due poteri arrivati, malinconicamente, al capolinea.
A questo punto sono entrate in azione le famose “guardie rosse” della Campora che si sono fatte ritrarre a più non posso mentre amministravano tutto il materiale che la raccolta promossa in aiuto della popolazione danneggiata aveva ottenuto. Tutta roba frutto della enorme generosità degli argentini nei confronti di chi ha sofferto un danno, come sempre. Materiale quindi senza nessuna etichetta politica, ma che, davanti alle telecamere televisive, veniva rimarcato come azione del gruppo ultrakirchnerista. E guai a far notare come la solidarietà non dovrebbe avere una bandiera politica, dato fatto notare dal giornalista della tv pubblica Miceli: immediatamente è partita non una risposta, ma una sequela di minacce rivolte al povero conduttore dal capetto Camporista nella cui testa si palesa una certa confusione tra la sua organizzazione e la Croce Rossa o Medici Senza Frontiere, entità presenti sul luogo del disastro.
Oltre a contestare apertamente la sorella dell’ex Presidente Kirchner, intervenuta a raccogliere la sua porzione di luce mediatica, le vittime dell’alluvione hanno chiesto spiegazione del perché le previste opere che avrebbero potuto limitare i danni non siano mai state costruite (ma in molti casi pagate) ottenendo per tutta risposta, dal solito gruppo Camporista, un attacco fisico che è degenerato in una gigantesca rissa.
Pare proprio che le cose non vadano affatto bene per Cristina, il cui Governo è alle prese con un progetto di legge già votato da un Parlamento consenziente che prevede il completo controllo dell’attuale esecutivo sul potere giudiziario, anello che mancava alla catena che porta all’assoluto potere sulla nazione con un progetto di legge che viene fatto passare come democratico ma che, come nel caso della legge che controlla i media e l’informazione in generale, altro non è che l’ennesimo giro di vite che soffoca qualsiasi barlume di democrazia nel Paese.
Domenica sera il popolare programma dal satirico titolo “Giornalismo per tutti” (“Periodismo para todos”, una canzonatura dei vari refrain kirchneristi sul tema nazionalpopolare), condotto dal popolare giornalista Jorge Lanata, ha dedicato la sua prima puntata della nuova stagione a uno scandalo che rivela fiumi di denaro di provenienza illegale esportati da molti anni verso società di comodo situate in paradisi fiscali create e guidate da amici dell’ex Presidente Nestor Kirchner, perfettamente a conoscenza della manovra, che anche due mesi fa hanno fatto uscire clandestinamente dall’Argentina circa 60 milioni di euro. Fatto che fa capire anche al più sprovveduto dei cittadini come dietro la maschera del populismo si nasconda sempre la monetizzazione del potere.
Per questo il 18 di aprile si è autoconvocata l’ennesima manifestazione, denominata 18A, che come le precedenti ha riunito la protesta di vasti settori della popolazione stanchi di questa conduzione che, attraverso l’uso dello statalismo esasperato, mira al completo controllo della società. Ma Cristina, che è anche stata dileggiata dal Presidente dell’Uruguay, José Mujica, che l’ha definita “strega peggio del marito”, aveva fatto già sapere che quel giorno non ci sarebbe stata perché impegnata a Caracas nei presunti festeggiamenti per la vittoria elettorale del delfino di Nicolas Maduro.
Visto però il risultato sorprendente di una votazione non ancora conclusa, questa ennesima riunione potrebbe avere il sapore di un “de profundis” per due poteri arrivati, malinconicamente, al capolinea.