La Thailandia si allinea ai paesi islamici? Al momento non è ancora illegale farsi tatuare un Buddha sul corpo, ma le autorità del Paese hanno invitato i tatuatori locali a desistere dalla pratica
Ogni religione ha il suo modo di identificare le proprie divinità. Se per gli ebrei e i musulmani è assolutamente vietato raffigurare il volto di Dio, per i cristiani è invece una delle massime espressioni di religiosità. Questo vale nel campo della pittura come nella scultura. Anche i buddisti si sono sempre caratterizzati per il gusto di raffigurare la propria massima divinità, e cioè il Buddha stesso, spesso anche con sculture ciclopiche. Ma certo è che il tatuaggio è forse una pratica meno nobile. In questo senso, i cristiani sono anche qui i più scevri da pregiudizi. E’ noto infatti che nell’antico medioevo, mentre la pratica del tatuaggio allora come fino a poco tempo fa era considerata pratica degna di carcerati e poco di buono, i monaci proprio in segno di devozione amavano farsi tatuare sul corpo immagini sacre o frasi tratte dal Vangelo. In particolare, il tatuaggio era pratica diffusa tra i pellegrini che si recavano in visita presso un santuario. In particolare, la visita al santuario di Loreto era quella che dava vita alla pratica più diffusa del tatuaggio in ricordo dell’esperienza fatta. La pratica era poi molto diffusa presso i cristiani coopti monofisiti, quello che ancora oggi popolano l’Egitto.
Erano soliti, in modo da mostrare la loro identità e la loro appartenenza, farsi tatuare la croce coopta, la natività e il Santo Mar Corios, un martire ucciso ai tempi di Diocleziano. Di tutt’altro avviso gli ebrei: divieto assoluto di tatuaggio, come dice il Levitico ai versetti 19,28. Uguale indicazione per i musulmani: Maometto permette solo tatuaggi temporanei fatti con l’inchiostro henna e comunque è una tradizione che appartiene alle donne. Agli uomini è proibito tatuarsi anche con l’henna. E’ pur vero che i nomadi egiziani, in ricordo delle antiche tradizioni dei tempi dei faraoni, usano tatuarsi con colori azzurri, un colore che ha significato scaramantico. Oggi che il tatuaggio è diventato pratica quasi di massa e che i segni di rispetto verso le religioni sono sempre minori, non dovrebbe far scalpore che a qualcuno piaccia farsi disegnare sul corpo un Budda. Invece…
Invece in Thailandia la cosa piace sempre meno. Paese dal livello di democrazia piuttosto alto rispetto allo standard orientale, seppure non certo paragonabile a quello delle democrazie occidentali, in Thailandia da qualche tempo sta cambiando il vento. Le autorità infatti si stanno dimostrando sempre più infastidite dalla pratica di farsi tatuare il ritratto del Buddha. Lo fanno ovviamente in stragrande maggioranza i turisti occidentali. E’ stato il ministro della cultura Inthrasombat a sollevare il problema. Un comunicato emesso dal suo dipartimento ha infatti chiesto esplicitamente a chi esercita la pratica del tatuaggio in Thailandia dall’astenersi dal disegnare immagini di Buddha sul corpo dei richiedenti. Non si tratta di un dispositivo legale, al momento, punibile cioè con la legge per chi non lo applicasse, ma solo di un avvertimento e di una richiesta. L’immagine di Buddha, dice il provvedimento, è sacra e si richiede ai governatori delle varie regioni del Paese di sorvegliare affinché la richiesta venga applicata.
Sono diverse le pratiche di tatuaggio presso le varie popolazioni. Ricordiamo che oggi chi pratica il tatuaggio deve disporre di uno studio che abbia tutti i requisiti di uno studio medico: la massima osservanza delle regole igienico sanitarie è obbligo di legge. Se non si osservano queste norme, c’è il rischio di essere coopti da infezioni gravi come l’epatite, il tetano,l’Aids, la lebbra e infezioni cutanee da stafilococco. Un tempo invece si ricorreva ai metodi più diversi. Le popolazioni inuit ad esempio usavano aghi di osso per far passare sotto alla pelle un filo coperto di fuliggine. Le popolazioni oceaniche usavano i denti di un osso a forma di rastrello, battuto con un’altra bacchetta che forando la pelle introduceva anche il colore ottenuto dalla lavorazione della noce di cocco, una tecnica molto dolorosa. Le popolazioni orientali quali i i giapponesi e anche i thailandesi, ricorrevano a sottili aghi metallici e a pigmenti di diversi colori. Gli aghi fissati a una bacchetta che veniva fatta scorrere avanti e indietro come un pennello entrano nella pelle in modo obliquo, meno violentemente di quanto fanno nell’Oceania, ma sempre in modo piuttosto doloroso.