NEW YORK — Verrebbe da pensare che con l’anarchia che regna ormai nel Partito repubblicano, i Democratici se ne vadano marciando compatti ed a testa alta alla riconquista dei seggi e del potere perduti. In anni recenti di seggi ne hanno persi tanti e non solo tra Senato e House of Representatives a livello federale (per capirci, quelli che stanno a Washington DC). Se andiamo alla conta tra le 50 amministrazioni statali sono 970 i seggi passati all’avversario durante la presidenza di Barak Obama. Anche il numero di governatori democratici è al minimo dal 1922: 15.
Dicevo dell’anarchia in casa repubblicana. Di fatto ognuno si sente libero di non rispettare gli ordini di scuderia, anche perché la scuderia non si capisce chi e dove sia, sempre che esista. Il presidente è tanto bravo e rapido a scegliere i suoi cavalli di razza quanto a cambiarli. E così fanno anche gli elettori repubblicani, come ha dimostrato il recente ballottaggio in Alabama alle primarie del partito valide per un seggio in Senato. Trump invita a votare Luther Strange? La gente elegge Ray Moore, ultraconservatore evangelico appoggiato da Steve Bannon (l’ex Richelieu di Trump, caduto in disgrazia), Ben Carson (l’ex chirurgo che voleva pure provare a fare il presidente) e nientepopodimeno che Sarah Palin! E questo avviene subito dopo l’ennesimo fallito tentativo di abrogare l’Obamacare per lanciare la riforma sanitaria.
Non c’erano abbastanza Repubblicani disposti a votare l’abrogazione e la riforma perché fondamentalmente l’Obamacare da abrogare c’è, esiste, la riforma invece no, non esiste. La perplessità anarchica dei Repubblicani è visibilmente rintracciabile nei volti dei suoi collaboratori quando Trump parla “alla Trump”. Non so se Rex Tillerson, segretario di Stato, si sia lasciato effettivamente sfuggire che Trump è un deficiente. Magari non l’ha detto, ma l’ha certamente pensato. Basta guardare la faccia di Tillerson mentre il presidente annuncia alle Nazioni Unite che distruggerà completamente la Corea del Nord come fossimo in un fumetto, o quando fa capire ai portoricani che in fondo con 16 morti non si possono lamentare e potrebbero starsene zitti se si pensa che Kathrina dodici anni fa di vittime ne fece quasi 2mila. Che sarebbe come dire che il valore della vita lo misuriamo a chili.
Strada spianata dunque per i Democratici? Macché! Per chiarire le idee a se stessa e a tutti Hillary Clinton ha pure scritto un libro, spiegando come sia successo l’impensabile (che sarebbe l’elezione di Donald Trump). L’ha intitolato What Happened, “Cosa è successo”, ma avrebbe fatto meglio a metterci un bel punto interrogativo perché di quel che è successo Hillary non ha la più pallida idea ed infatti non spiega un bel niente. Così pure tutti i suoi amici Democratici. E come sempre accade quando una barca comincia a fare acqua, ognuno si sbatte per cercare il salvagente per sé e la barca va a farsi benedire.
La barca Democratica oggi come oggi è tirata di qua e di là tra moderati e progressisti, con tutte le possibili gradazioni nel mezzo. Cosa vuol dire? Strategicamente essere moderati significa lavorare per sfogliar via voti ai Repubblicani come si pela una cipolla. Niente scossoni radicali, ma lenti spostamenti a sinistra che possano apparire a tutti come mosse per il bene comune più che folate di giustizialismo socialista. Clinton (lui, non lei) fu un maestro in questo. La storia insegna anche che ogni volta che i Democratici hanno presentato candidati con una agenda pesantemente “liberal” sono stati travolti. McGovern nel ’72, Mondale nell’84, Dukakis nell’88 tutti sepolti da una valanga di voti Repubblicani (tanto per darvi un’idea, nell’84 Reagan vinse 49 Stati…). E’ questo il campo di battaglia in cui si sono impantanati gli eredi di Obama. La gente passa, guarda e se ne va. Manca un progetto. Il progetto manca pure ai Repubblicani, ma i Repubblicani hanno il potere, i Democratici no. Purtroppo è il guizzo ideale che manca ad entrambi, e senza quello possono solo saltar fuori mezzi progetti dettati più dall’interesse per le schegge più potenti del partito che da quello per il bene di tutto il paese.
May God bless America