Ancora sono fresche le immagini del grande accordo strategico-commerciale-finanziario tra i presidenti della Russia, Vladimir Putin, e della Cina, Xi Jinping, al quale ha anche assistito – in un incontro economico parallelo – il presidente iraniano Hassan Rouhani. Il mondo sarà presto sorpreso da un altro grande evento asiatico. Il primo ministro del Pakistan, Mian Nawaz Sharif, parteciperà alle cerimonie di insediamento del nuovo primo ministro dell’India, Narendra Modi. Il tempo è maturo per un incontro bilaterale e per un invito di Modi a visitare il Pakistan.
Sia Modi che Sharif devono tenere a bada le frange estremiste, non solo islamiche, che avrebbero interesse a perpetuare lo statu quo. È quindi interesse di entrambi i leader di poter mostrare concreti risultati economici alle popolazioni. Un punto sul quale convergeranno gli interessi sarà di rilanciare il dialogo perché tutti siano “stakeholders” del grande gasdotto Iran-Pakistan-India. Modi sa bene che per realizzare questo risultato ha bisogno del sostegno della Russia, e Sharif sa bene che ha bisogno del sostegno della Cina.
La Russia, la Cina e l’India guardano avanti, verso un mondo diverso e più “uguale” o se si preferisce con meno “ineguaglianze”. Infatti, sul britannico The Guardian, il famoso storico inglese Timothy Garton Ash ha pubblicato un articolo dal titolo “Putin ha più ammiratori di quanto possa pensare l’Occidente”.
Mentre l’Occidente si contorce attorno alle sue crisi di potenza e al declino del suo sistema democratico parlamentare, sorge l’avvenire in Asia, anzi nella grande massa dell’Eurasia purtroppo orfana di un’indecisa e reazionaria Europa. Eppure, pochi mesi fa il presidente cinese Xi, in visita a Bruxelles, aveva invitato quei poveretti che rappresentano le istituzioni europee a considerare un grande accordo di libero scambio tra la Cina e l’Ue. I poveretti hanno solo saputo balbettare che “non è ancora venuto il momento”. E adesso il gioco è fatto: Adieu Europe!
Dicevamo dell’India – venuta agli onori delle cronache italiane solo per le idiozie nella gestione del “caso marò” – dove si sono appena concluse le più importanti elezioni parlamentari dai tempi dell’indipendenza. La vecchia casta di potere politico-militare e la pratica di governi di coalizione instauratasi con le dinastie Nehru e Ghandi è finita. L’India ha eletto a larghissima maggioranza Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party (Bjp), che cambierà strategia e direzione al subcontinente indiano, popolato da circa un miliardo di persone.
Sul rilancio dell’economia indiana si sono giocate le elezioni. Modi ha promesso una crescita a due cifre! Si vedrà se le sue scelte saranno più simili ad un tatcherismo in salsa indiana oppure a una politica più aggressiva di espansione monetaria sullo stile del nipponico Shinzo Abe. Alcuni osservatori descrivono Modi come un mix di gaullismo e conservatismo sociale capace di riallineare la frastagliata democrazia indiana attorno a un unico grande progetto nazionale.
Invece altri, come gli analisti del Credit Suisse, dubitano che Modi riesca nel miracolo economico se non sfrutta da subito l’enorme consenso popolare ricevuto. Altri ancora paragonano Modi a un Deng Xiaoping indiano, che riuscirà a far diventare l’India un gigante. Il tempo ci dirà, ma dalle prime mosse internazionali di Modi ci sembra che il cambiamento interno del sistema di potere in India ci sarà e avrà effetti piuttosto rapidi.
Sul piano internazionale, l’India di Modi rallenterà la penetrazione americana e, memore dell’assurdo diniego di visto a Modi nel 2002 da parte degli Usa che non ne provarono mai i motivi, svilupperà politiche meno inclini agli interessi Usa in Asia. Infatti, la strategia internazionale di Modi si svilupperà su due assi: da un lato con il Giappone, in chiave di contenimento verso la Cina, e con la Russia, in contrasto degli americani. Tuttavia, verso gli Usa, se questi diventeranno concreti nel mettere in atto le aperture commerciali, non si creeranno reali ostilità. Nei confronti della Cina, l’India di Modi aspetterà di vedere se ci sarà reale cooperazione sulle questioni calde del Ladakh (Jammu e Kashmir). Sul Pakistan e l’annosa disputa di confine vale il fatto che nelle tre regioni musulmane confinanti ha stravinto il Bjp di Modi. Un messaggio chiaro a Islamabad. Nei confronti del vicinato nel Sud-Est asiatico, la politica indiana diventerà più incisiva, in particolare verso Sri Lanka e Bangladesh. Invece, verso piccoli vicini come Nepal e Maldives l’India resterà molto cauta.
La vera novità, forte della tradizione nelle relazioni militari e delle forniture di armamenti, sarà con la Russia. Oltre a vari dispacci diplomatici che da mesi segnalavano l’incremento delle relazioni tra Russia e India, un giornale satirico indiano ha persino presentato Putin come “il principale consigliere strategico dell’India per risolvere il conflitto in Kashmir”. Inoltre, l’India si è spesa parecchio in seno al G20 per difendere il referendum in Crimea e solidarizzare con la Russia anche spingendo sul gruppo dei Brics.
Inoltre, non va dimenticato che l’India ha chiesto già nel 2013 di diventare membro pieno dello Shanghai Cooperation Organization (Sco) e nel febbraio 2014 il segretario generale dello Sco si è recato ufficialmente a New Delhi. Si capisce che l’impatto delle elezioni indiane sarà importante sicuramente per l’India, ma anche per gli equilibri geostrategici nell’Asia orientale, nell’Oceano indiano e l’Africa orientale, e infine sull’Europa. Quest’ultima rischia di vedersi drenare liquidità che potrebbe preferire investimenti in India dove la crescita promessa da Modi darebbe maggiore ritorno economico e finanziario.
Invece, nel nostro disastrato Paese, chiamato Italia, abbiamo un presidente del consiglio e un ministro degli esteri molto evidentemente impreparati (e incapaci) a giocare un ruolo in quest’area del mondo. Con la Cina vedremo in giugno un viaggio di Renzi che, come ha anticipato Lao Xi su queste pagine, sarà accolto con probabile freddezza sia perché è stato rimandato da aprile, sia perché le condizioni del governo Renzi potrebbero essere meno solide di quanto sembrano oggi. Con l’India siamo impantanati ancora nell’assurda querelle del “caso marò” dopo due anni di fallimentare gestione di Staffan de Mistura che il governo Renzi, dopo essersene liberato, ha premiato nominandolo presidente dell’Istituto europeo per la pace (se voi foste indiani come reagireste?).
PS. Se consideriamo le scelleratezze degli illustri personaggi tanto “europeisti” che in 10 anni hanno infranto il sogno europeo sostituendolo con un’ondata di rigetto popolare dal sapore nazional-fascista, che hanno portato l’economia e le società europee allo stremo e in quasi tutti i paesi del vicinato hanno saputo portare guerre e distruzioni invece di sviluppo e pace, invece di cavalcare il malcontento o promettere impossibili cambiamenti di verso, si dovrebbero iniziare serie azioni legali di risarcimento per i danni inflitti a intere nazioni e generazioni. Invece del voto, che non avrà nessun effetto su questi magrittiani robot, si deve portarli nei loro tribunali e farli condannare. Con loro dovranno essere portati a dar conto anche i governi di centrosinistra e di centrodestra che negli ultimi 10 anni hanno permesso ai robot di funzionare in nome e per conto dei cittadini europei.