Fino alla fine di giugno la Grecia sarà alla guida dell’Europa. Poi, a luglio, le succederà l’Italia. Due Paesi, Grecia e Italia, che stanno attraversando grosse difficoltà, a detta di molti, proprio per “colpa” dell’Europa. Con che spirito i leader di Atene si apprestano a svolgere questo ruolo? La presidenza greca avrà solo un carattere simbolico o riuscirà invece a incidere politicamente sui destini dell’Unione? Lo abbiamo chiesto a Teodoro Andreadis Synghellakis, corrispondente da Roma della radiotelevisione greca Alpha. Intanto la situazione in Grecia resta molto delicata: “In questo momento moltissime famiglie non possono permettersi il riscaldamento. Ci sono lavori part time a 230 euro al mese e nuovi contratti full time a 500 euro al mese. E la tredicesima, che ormai spetta solo ai lavoratori privati, in moltissimi casi non è stata data e chi ha potuto soddisfare qualche richiesta dei propri dipendenti ha distribuito buoni benzina”. Purtroppo anche le previsioni più ottimistiche dicono che nel 2014 il Pil potrebbe crescere al massimo dello 0,4%. Molto dipenderà da quanto terrà la coesione sociale: non bisogna dimenticare che la disoccupazione rimane sopra il 27%. “Poi bisognerà vedere se la Grecia, come anche l’Italia, riuscirà a evitare le elezioni politiche nazionali nel 2014”.
È iniziato il semestre che vede la Grecia alla guida dell’Europa. Questa presidenza secondo lei ha solo un valore simbolico o inciderà politicamente?
Bisognerà vedere. Non possiamo nasconderci che in Grecia la situazione è molto, molto delicata. Da una parte c’è chi spera che il 2014 sia l’anno della ripresa; lo ha sottolineato anche il primo ministro Antonis Samaras nel suo discorso di fine anno alla nazione. La situazione d’altro canto rimane difficile: la disoccupazione rimane oltre il 27% e anche secondo le previsioni più ottimistiche, il Pil potrebbe crescere tutt’al più dello 0,4%. Ma con una crescita così risicata non si può certo parlare di inversione di tendenza. Molto dipenderà evidentemente anche come andrà il semestre italiano che succederà a quello greco. Solo se si riuscirà a imporre un’“agenda mediterranea” qualcosa potrebbe cambiare.
Quali sarebbero i punti qualificanti di questa agenda mediterranea?
Ovviamente il lavoro e una maggiore coesione europea. Per la Grecia, che è in una situazione diversa da quella dell’Italia, significa rivedere eventualmente alcune condizioni della troika. Per dirla chiaramente: occorre vedere se la coesione sociale può reggere alla devastazione che è stata portata dalle politiche di sola austerità. Ci vorrebbe una sterzata molto decisa, ma io francamente sono un po’ scettico sul fatto che questo accadrà.
Quali sono gli ostacoli?
In Grecia si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi di un possibile fronte mediterraneo, con Spagna, Portogallo – anche se non è propriamente un Paese mediterraneo – Francia, Italia e Grecia, per contrastare il potere della Germania. Ma mi pare che finora questo fronte non sia riuscito in alcun modo a comporsi. Non vedo quindi perché e in che modo la Germania potrebbe ridurre le proprie pretese. Pochi giorni fa, all’ultimo vertice europeo, la Merkel ha detto: “Non voglio che stia bene solo la Germania e stiano male tutti gli altri”. Però siamo arrivati a un punto in cui, oltre alle prese di posizione politica, occorrono misure concrete. Non dimentichiamo che in questo momento in Grecia moltissime famiglie non possono permettersi il riscaldamento.
Può fare qualche esempio sui salari?
In questo momento ci sono lavori part time a 230 euro al mese e nuovi contratti full time a 500 euro al mese. E la tredicesima, che ormai spetta solo ai lavoratori privati, in moltissimi casi non è stata data e chi ha potuto soddisfare qualche richiesta dei propri dipendenti, ad esempio, ha distribuito buoni benzina perché non aveva soldi per pagare la tredicesima.
Con che spirito i leader politici greci si apprestano a condurre il semestre di presidenza?
Bisognerà vedere se la Grecia, come anche l’Italia, riuscirà a evitare le elezioni politiche nazionali nel 2014. Ci potrebbe essere il rischio – o la possibilità a seconda di come la si vede – che si voti contemporaneamente, o molto vicino, sia per le elezioni europee che per quelle politiche. Il governo di socialisti – centro destra di Antonis Samaras e del vicepremier Venzilos – continua a dire “No, le elezioni si faranno nel 2015”. Però la sinistra (diciamo così) eurocomunista di Syriza, con Alexis Tsipras che secondo gli ultimi sondaggi avrebbe fra i 2 ei 3 punti di vantaggio sul centrodestra, continua a insistere nel chiedere le elezioni anticipate. Non solo.
Cos’altro?
Moltissimo dipenderà dalla coesione sociale e moltissimo dipenderà se si riuscirà a vedere un inizio di questa espressione abusata che è “uscita dal tunnel”. Quest’anno la Grecia ha un piccolo surplus di bilancio, proprio piccolo, che verrà ridistribuito attraverso qualche politica sociale. Ma la vera domanda è: basta questo per invertire la tendenza e dare un segnale almeno percepibile agli strati più poveri della popolazione? Basterà a fermare lo sfarinamento della classe media greca?
Lei come risponde?
A mio modo di vedere, potrebbe essere ancora poco.