Se nevicasse ogni giorno io sarei più che felice. L’Amministrazione comunale un po’ meno. Bloomberg, il sindaco appena dismesso, ci diceva ogni santo inverno che un centimetro di neve costa alla città all’incirca un milione di dollari. Che è una bella cifra. Se così è Di Blasio, il nuovo Mayor appena insediato, tra ieri ed oggi si è trovato un conto da pagare di una ventina di milioni. In qualche modo, non c’è scampo, lo farà pagare a noi cittadini, ma io continuo ad essere felice quando si imbianca tutto.
Oh, poi non so bene come ve la raccontino di là dell’oceano, ma qua ha fatto una nevicata, mica il diluvio universale. Una nevicata come capita ogni inverno. Anzi, una nevicata “modesta”. Ogni inverno – ogni “buon inverno” – di nevicate così ce ne becchiamo almeno quattro o cinque. Il sensazionalismo vende sempre bene però, insomma, non si può neanche esagerare. E poi la neve rimpinza le riserve idriche della città.
Tutto comincia con le previsioni del tempo. Radio e televisione, dapprima con cautela, poi, via via, con crescente vigore, attaccano ad annunciare che se il vento soffierà così, se la pressione atmosferica s’abbasserà cosà, se si verificheranno certe congiunzioni astrali… potrebbe arrivare uno “storm”, una tempesta. Dopo le disavventure di Sandy tutti ascoltiamo le previsioni un pochino più attentamente. Uno “snow storm” è ovviamente una tempesta di neve. Quella non fa paura, ma innesca tutta una liturgia che si vive col sorriso sulle labbra, con l’eccitazione di un bambino e l’ironia di un vecchio. A quel punto tutti corrono a comprare pale, palette, secchielli, sale, ramponi da ghiaccio… E si tiene sempre un occhio sulla tv.
La tv americana è molto più spettacolare di quella italiana. Tanto per cominciare non hai un giornalista seduto lì in castigo a contartela su. Qui ne abbiamo due, che poi diventano tre, quattro, cinque a seconda di quel che si deve discutere. E chiacchierano tra di loro, ridono scherzano… sembra di essere in un salotto. Ad un certo punto compare una bella cartina, ed il Bernacca americano della situazione si lancia nella descrizione profetica di quel che ci aspetta.
La narrazione è spesso molto “colorful” e fantasiosa, e noi ascoltiamo pazientemente per sapere l’unica cosa che veramente ci darà un’idea di quel che sta per succedere: quanti “inches” di neve cadranno, quanti “pollici” (un “inch”, un pollice, equivale a 2.54 centimetri; 12 “inches” fanno un “foot”, un piede, pari a cm. 30.48 – perché useremo un sistema tanto complicato non lo capirò mai!). Così è andata anche ieri. Ascolti la radio, guardi il Weather Channel al computer, tieni un occhio sulla tv finché si arriva al punto: “6 to 8 inches”. Tra i 15 ed i 20 centimetri.
Tutto qua? Troppa per chi non la vorrebbe per niente, poca per chi la ama. In ogni caso lì finisce l’avventura. Niente di straordinario. In questi vent’anni d’America ho visto la mia Brooklyn sotto 4 piedi di neve… questo è niente! Tutto si rallenta un pochino, ma neanche tanto. Ognuno però deve fare il suo dovere da bravo cittadino: le strade le puliscono i mezzi del Comune (che ammucchiano la neve sulle machine parcheggiate ai lati delle vie, seppellendole), ma al tratto di marciapiede davanti a casa tua devi pensarci tu! E così di prima mattina eccoci tutti li, bardati come pupazzi, a spalare e gettar sale.
In attesa che tv e radio ricomincino ad avvisarci che… se il vento soffierà così, se la pressione atmosferica s’abbasserà cosà, se si verificheranno certe congiunzioni astrali…