Anthony “Van” Jones si è dimesso nello scorso week-end dal suo incarico di consigliere speciale della Casa Bianca per le questioni ambientali, posizione ufficiosamente etichettata come “zar degli affari verdi”. Le dimissioni sono la conseguenza di un suo discorso tenuto nello scorso febbraio in California, nel quale aveva definito i Repubblicani degli st… Si deve aggiungere, per correttezza, che Jones ammise in quella occasione di comportarsi talvolta anche lui come uno st…. Le sue dimissioni sono, peraltro, in gran parte dovute al fatto che stava diventando un problema per l’Amministrazione, in un momento in cui il governo, impegnato a riguadagnare terreno sulla riforma sanitaria. non ha alcun bisogno di problemi.
Jones non è nuovo a posizioni controverse: nello stesso discorso, come in altre dichiarazioni pubbliche, aveva dichiarato molto apertamente i suoi profondi dubbi sul capitalismo e il suo favore per decisi interventi del governo diretti a imporre misure ecologiche alle imprese, proposta che si sarebbe tramutata in costi per le aziende. Nel discorso a Berkeley, e questo potrebbe essere stato il colpo di grazia, ha poi affermato: «Qualcuno deve pur capire quali sono quei due o tre senatori che devono passare brutti momenti finché non capiscono che devono comportarsi bene». Probabilmente Jones si riferiva a quei senatori che si oppongono, o hanno comunque gravi riserve, sul programma di Obama per l’ambiente.
Inoltre, è anche risultato che Jones, avvocato e attivista “verde”, aveva firmato un manifesto in cui si chiedeva di chiarire l’eventuale coinvolgimento del governo americano nell’attentato delle Torri Gemelle.
Come spesso succede in politica, un buon risultato viene ottenuto con metodi men che auspicabili. Non si sta suggerendo che i mezzi usati per portare l’attenzione sull’impegno ideologico e politico di Jones siano stati immorali. In altri termini, non è stato vittima di “bugie e mistificazioni”, come lui stesso ha sostenuto nel dimettersi. Il punto sollevato dall’opposizione è che nell’Amministrazione Obama ci sono consiglieri politici, come Jones, le cui opinioni sono radicali e scollegate da quelle della maggioranza degli americani, compresi molti progressisti. In un magistrale pezzo di eloquio politico, il principale consigliere politico di Obama, David Axelrod, ha dichiarato alla trasmissione Meet the Press della NBC: «Il risultato finale è che (Jones), mettendosi da parte, ha dimostrato il suo attaccamento alla causa della creazione di posti di lavoro “verdi” nel Paese».
A differenza dei segretari nel gabinetto di governo, gli “zar” di nomina politica non devono essere confermati dal Senato. Come ha osservato sul caso Van Jones Mike Allen di Politico.com, il governo era «così interessato a riempire i posti che non ha investigato sul passato di queste persone nello stesso modo in cui lo fa per gli alti livelli e, da come si è potuto vedere, la destra può arrecare concreti danni se si concentra su certe persone». Da tutto questo si può trarre una conclusione più allargata, una questione costituzionale che mette in ombra anche il preteso radicalismo dei politici attorno a Obama: la nomina di “zar” per sovrintendere a settori chiave della politica. Il senatore Robert Byrd, del Partito Democratico, in una lettera scritta a Obama poco dopo il suo insediamento, esprimeva le sue riserve sul sistema “zarista”: «Il veloce e facile accumulo di potere da parte dello staff della Casa Bianca può diventare una minaccia per il sistema costituzionale del bilanciamento dei poteri». Byrd continuava dicendo che con la nomina di tutti questi “zar”, «lo staff della Casa Bianca aveva preso la direzione e il controllo di aree di governo che erano sotto la responsabilità legale di funzionari confermati dal Senato».
Come dimostra il caso di Van Jones, oltre che non servire al bene comune, il tentativo di aggirare l’ordine costituzionale non serve neppure agli interessi del presidente.