Il candidato islamista alle presidenziali Hazem Salah Ismail non ha gradito il dichiarato sostegno di Recep Tayyip Erdogan alla laicità dello stato e, all’indomani della visita di due giorni del primo ministro turco al Cairo, i movimenti islamisti egiziani prendono le distanze: “La vostra laicità non è il nostro obiettivo – ha scritto Ismail sulla sua pagina del social network Facebook – e non intervenite negli affari egiziani. Invece di fare l’elogio dell’esperienza islamica al potere, Erdogan ha elogiato le esperienze laiche e ha sollecitato gli egiziani a non averne paura. Ma l’esperienza turca al potere non è quella che gli egiziani si aspettano”.
Appena un paio di giorni fa l’esponente del partito islamista moderato Giustizia e sviluppo era stato incoronato nuovo eroe arabo dai tremila Fratelli musulmani che lo attendevano trionfanti all’aeroporto del Cairo, amato dal 78% degli egiziani, dal 72% dei giordani, dal 64% dei libanesi, ma detestato dal 95% degli israeliani. Eppure anche l’entusiasmo dei Fratelli musulmani è andato spegnendosi, e nelle ultime ore il portavoce della confraternita Mahmud Ghazlan ha affermato in un comunicato che le dichiarazioni di Erdogan rappresentano “un intervento straniero negli affari interni egiziani”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Francesco Battistini, corrispondente da Gerusalemme del Corriere della Sera. «La questione della laicità è sentita più che altro dai Fratelli musulmani, gli stessi che hanno organizzato la trionfale accoglienza per Erdogan all’aeroporto, ma che in realtà si aspettavano probabilmente un discorso più da leader di una maggioranza islamica ad Ankara. Inoltre in Israele c’è anche chi non vede in Erdogan e nel suo tentativo di trascinare tutti i nuovi leader della Primavera araba un pericolo poi così incombente: forse perché in qualche modo è meglio il “laico” Erdogan che catalizza tutte le nuove leadership arabe, piuttosto che un elemento fondamentalista come per esempio può essere Ahmadinejad, che naturalmente porta queste maggioranze su altri terreni come il tema della religione e unità dell’Islam, diventando quindi potenzialmente più pericoloso.
Certo questa può essere vista come una lettura più ottimistica del ruolo di Erdogan, ma ciò non toglie che permane tutta la forte polemica anti israeliana che sta destabilizzando l’area e che è probabilmente legata non tanto alla retorica dell’onore ferito e delle scuse richieste per Gaza, quanto a interessi concreti come lo sfruttamento del grande giacimento sottomarino di gas scoperto recentemente al largo dell’isola di Cipro e di Israele. La Turchia afferma di essere il più grande paese del Mediterraneo orientale, pretende di avere voce in capitolo e per questo minaccia di inviare navi armate a scortare quelle che portano aiuti umanitari a Gaza: in realtà, questo può essere tradotto come un’intenzione di voler entrare attivamente nella questione del gas sottomarino».
Francesco Battistini spiega poi la situazione dell’Egitto, «un paese sospeso, che aspetta elezioni rinviate puntualmente per la forte componente dei Fratelli musulmani. Nel Parlamento di Mubarak, pur essendo fuorilegge, erano autorizzati all’elezione di 80 deputati, mentre ora la loro forza è incredibilmente salita, grazie alla vincente strategia di questi ultimi mesi, cioè stare due passi indietro rispetto alla rivoluzione in piazza Tahrir: ora presentano il conto e le piazze in Egitto sono ancora controllate da loro».
Infine Battistini commenta le mosse di Erdogan e le sue possibilità future, spiegando che in questo momento «cavalca il fatto di essere stato in qualche modo messo alla porta dall’Europa che ha spinto da tempo la Turchia a cercare le sue alleanze altrove. Questo può rappresentare anche un elemento non totalmente negativo, ma solo se Erdogan riesce a giocare questo ruolo di catalizzatore delle forze islamiche moderate. Le rivoluzioni arabe ci hanno insegnato che l’Islam radicale è almeno al momento fuori dai giochi ed è quindi giusto che in questa assenza di leader uno come Erdogan, con la sua storia di laicità, possa in qualche modo diventare il nuovo leader e fare un piacere all’Occidente costruendo e coalizzando le forze più moderate».
(Claudio Perlini)