“L’annuncio dei Fratelli musulmani che non presenteranno un loro candidato alle elezioni presidenziali di giugno è funzionale soltanto al perseguimento del loro progetto di potere. La loro posizione è inconciliabile con quella dei ragazzi di piazza Tahrir, e lo dimostra il fatto che il 25 e 27 gennaio scorso sono avvenuti degli scontri tra i manifestanti e il principale partito islamista”. Il professor Wael Farouq racconta per IlSussidiario.net la fase attuale che sta attraversando l’Egitto. Dopo l’insediamento del Parlamento, dove i partiti islamisti hanno il 70% dei seggi, centinaia di migliaia di persone sono scese in strada in segno di protesta. Per Farouq, “i Fratelli musulmani intendono portare al potere la loro ideologia e per farlo sono disposti a scendere a numerosi compromessi. I ragazzi di piazza Tahrir al contrario sono mossi dagli ideali più nobili, ed è questa la loro forza: sulla fede non si può trattare. Quanto sta avvenendo in Egitto è la documentazione visibile della frase di don Giussani, ‘le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo’”.
I Fratelli musulmani hanno dichiarato che non parteciperanno alle elezioni presidenziali. Qual è il vero obiettivo di questo annuncio?
I Fratelli musulmani hanno una loro personale visione del futuro del Paese, che si può condividere o meno. Nello stesso tempo però la loro preoccupazione non è soltanto il bene dell’Egitto, ma il fatto di pensare a se stessi come a uno specifico gruppo di persone che appartiene a una ben precisa ideologia, organizzazione e partito politico. Tutto ciò è in palese contraddizione con lo spirito della rivoluzione egiziana, e non a caso abbiamo assistito a scontri di piazza tra i manifestanti e i Fratelli musulmani. Il 47% degli egiziani ha votato per il loro partito, ma le forze trainanti della società sono ancora i ragazzi di piazza Tahrir. Quando gli islamisti dichiarano che non intende presentarsi alle elezioni presidenziali, lo fanno quindi soltanto per perseguire i loro obiettivi in quanto partito e ideologia.
I Fratelli musulmani però hanno dimostrato di avere un progetto politico ben preciso. Perché i giovani liberali si limitano ad affermare degli ideali?
Tutto ciò che è avvenuto in Egitto nell’ultimo anno è la dimostrazione del fatto che gli ideali non sono degli stereotipi, ma la principale forza in grado di trasformare la realtà. Proprio come diceva don Luigi Giussani, “le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”. I Fratelli musulmani hanno delle istituzioni e un progetto politico in virtù della loro ideologia. Ma sono stati i ragazzi di piazza Tahrir a tenere in vita la rivoluzione per un anno, resistendo al Consiglio Militare e ai partiti islamisti. Il fatto davvero inspiegabile è che l’Esercito, dopo avere ucciso diverse persone e avere raggiunto un compromesso politico con i Fratelli musulmani, presto sarà costretto a cedere il potere. Dopo gli scontri del 19 novembre scorso, l’Esercito e i partiti islamisti hanno dovuto anticipare i tempi della transizione verso un presidente civile dalla fine del 2013 al giugno 2012.
E lei come se lo spiega?
Perché la fede negli ideali non è separata, ma appartiene alla realtà, ed è in virtù di questa fede che è possibile non cedere ai compromessi. Se tu hai un progetto politico o un’ideologia, pur di affermarla sarai spinto a comprometterti con il potere. E’ il motivo per cui i Fratelli musulmani in tutti questi mesi sono venuti a patti con il Consiglio Militare. Ma sulla fede non si può trattare. Gli ideali dei giovani rivoluzionari non sono quindi un punto debole, ma ciò che li rende in grado di realizzare dei grandi cambiamenti e di costringere chi porta avanti soltanto il suo progetto politico a cambiarlo.
E’ un fatto però che Fratelli musulmani e salafiti sono riusciti a conquistare il 70% dei seggi in Parlamento…
Nessuno però racconta che cosa sta avvenendo nel frattempo nelle strade del Cairo, di Alessandria e delle altre città egiziane. E’ vero, i Fratelli musulmani stanno impadronendosi del potere, ma noi non arretreremo, perché ci sono centinaia di migliaia di persone che hanno una cultura diversa dagli islamisti e che non hanno paura. Queste persone non appartengono a nessuna ideologia, a nessun partito politico, non ambiscono a conquistare il potere, ma semplicemente partecipano alle manifestazioni e poi tornano nelle loro case.
Che cosa l’ha colpita di più nelle proteste di questi mesi?
Le parole di un manifestante che mi ha detto: “Non combattiamo per la libertà, noi siamo già liberi e questo è ciò che fanno le persone libere”. Chi scende in strada a protestare non lo fa perché si sente oppresso, perché gli manca qualcosa, ma per realizzare ciò in cui crede. Un anno fa l’obiettivo era abbattere la dittatura, oggi i manifestanti si muovono per ciò in cui credono. C’è un’enorme differenza culturale tra una rivoluzione che è “contro” qualcosa e una che invece è “per” qualcosa. Quanto sta avvenendo in Egitto cambierà la stessa scienza della politica.
Perché ne è convinto?
Perché per la scienza della politica, gli ideali sono come la poesia: sono tanto belli quanto inutili quando si tratta di agire. Oggi in Egitto è evidente che non è così, le strade del Cairo sono affollate di gente che manifesta perché crede negli ideali. Per loro non si tratta di qualcosa di trascendentale o di astratto, ma di qualcosa che loro vivono nella loro vita di tutti i giorni. Per questo possono dire “noi siamo già liberi”, perché quando hai fede sei libero. Quando sei innamorato, ti possono costringere a stare lontano dalla tua donna, ma non toglierti l’amore dal cuore. Allo stesso modo, anche la libertà è qualcosa che nessuno può sottrarti, e che ti rende in grado di non farti assimilare dal potere.
Ma in fondo i manifestanti non sostengono anche loro un’ideologia, quella liberale?
Chi scende in piazza a protestare non lo fa perché sostiene l’ideologia liberale, ma perché crede nella fede, in Dio e nella possibilità concreta di una convivenza pacifica. Sono tante le storie che lo hanno documentato, come quella del giovane cristiano cui sono state rotte le ossa dall’Esercito mentre faceva scudo con il suo corpo a una donna musulmana con il burqa. Questa non può essere un’ideologia, è la vera esperienza della rivoluzione.
(Pietro Vernizzi)