Nei giorni scorsi è stato arrestato a Bologna Vitaly Markiv, un italo-ucraino accusato di avere ucciso, insieme ad altri ancora da identificare, il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli. Il fatto è accaduto nel 2014 nel Donbass, dove Rocchelli stava eseguendo un servizio sulla guerra in corso tra esercito ucraino e separatisti russofoni. Insieme al fotoreporter, era stato ucciso anche l’interprete russo e ferito un collega francese. Come sempre, le due parti si sono accusate a vicenda dell’omicidio e, alla fine, le autorità ucraine hanno chiuso l’indagine definendo l’accaduto un incidente, “danni collaterali” purtroppo inevitabili in una zona di guerra. Vitaly Markiv aveva partecipato alle manifestazioni di Piazza Maidan nel 2013, si era poi arruolato in milizie armate volontarie successivamente inglobate nella Guardia Nazionale ucraina.
La sua incriminazione da parte della magistratura italiana equivale di fatto a indicare, sia pure come ipotesi da verificare in giudizio, la responsabilità di militari ucraini e non di milizie separatiste. Questa ipotesi ha già sollevato sorpresa e aperte critiche da parte di varie autorità ucraine, seguite da manifestazioni di protesta davanti alla ambasciata italiana a Kiev. L’iter giudiziario è solo nelle sue fasi iniziali e nulla può essere detto sui suoi esiti e, quindi, sulla concretezza delle accuse al militare ucraino. Tuttavia, la decisione del tribunale di Pavia ha senza dubbio portato a un certo irrigidimento nei rapporti tra i due Stati, non il primo dell’Ucraina del dopo Yanukovich con un Paese europeo. L’anno scorso un referendum popolare in Olanda ha rigettato l’ipotesi di associare l’Ucraina all’Unione Europea e, benché si trattasse di un parere non vincolante, l’esito ha rimesso in discussione l’ipotesi di trattato di associazione, almeno per il governo olandese di allora. Immaginabile lo sconcerto degli ucraini, anche perché il rifiuto non veniva da uno di quei Paesi etichettati dai media come sciovinisti, populisti e, magari, un po’ fascisti, bensì dall’europeista e progressista Olanda.
Il rapporto con l’Unione Europea è un nervo scoperto per l’Ucraina, perché una delle ragioni per la cacciata di Yanukovich era stata la sua decisione di interrompere le trattative con l’Ue, privilegiando quelle con la Russia in vista di un’adesione all’Unione economica eurasiatica. L’Unione riunisce sotto guida russa la Bielorussia, il Kazakistan, l’Armenia e il Kirghizistan. Da allora, la strada verso l’Europa si è dimostrata accidentata per l’Ucraina e anche negli scorsi giorni da Bruxelles è arrivato a Kiev un chiaro avvertimento: “Come sempre, l’aiuto dell’Ue e l’ulteriore progresso delle riforme sono strettamente connessi”. Sono le parole di Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea, alla conferenza “Opportunity Ukraine”, organizzata a Londra dall’ufficio estero del Regno Unito e dal ministero degli Esteri ucraino. Sia Dombrovskis che Boris Johnson, ministro degli Esteri del Regno Unito, hanno nelle dichiarazioni ufficiali riconosciuto i progressi effettuati dall’Ucraina nel processo delle riforme. Tuttavia, anche Johnson si è detto preoccupato delle difficoltà incontrate da tale processo, in particolare per quanto riguarda il sistema giudiziario e la lotta alla corruzione. Reuters riporta anche le dichiarazioni della Banca centrale ucraina secondo la quale i ritardi del governo nelle riforme porteranno a una consistente diminuzione degli aiuti del Fondo monetario internazionale che, insieme a quelli della Ue, sono essenziali per il bilancio dello Stato.
Sotto questo profilo, la situazione ucraina ricorda quella greca, anche se la situazione è differente sia per dimensioni dei due Paesi, sia per la maggiore “benevolenza”, almeno di facciata, dimostrata da Bruxelles nei confronti di Kiev in funzione antirussa. Un recente articolo su Financial Times a firma David Clark elenca i successi raggiunti in campo economico negli ultimi tre anni, per esempio la discesa del tasso di inflazione al 12,4%, che dovrebbe dimezzarsi nell’anno in corso, e l’aumento dell’11,6% delle retribuzioni reali. Successi resi possibili in gran parte grazie ai finanziamenti del Fmi, che tuttavia li concede gradualmente a fronte dell’avanzamento delle riforme. L’articolista del Ft elogia l’attuale governo che, a differenza dei precedenti, sta mettendo mano a riforme impopolari, come la riforma delle pensioni, del sistema di sussidi energetici o la liberalizzazione del sistema agricolo. Riforme che incontrano l’opposizione di gruppi politici definiti dall’articolo populisti.
Anche con l’Ucraina, al di là degli elogi formali, Ue e Fmi si comportano da occhiuti controllori di dati e indicatori economici che rientrano nei loro schemi, ma rimanendo piuttosto insensibili alla situazione reale delle popolazioni. Come per la Grecia e altri Paesi già nell’Ue. La guerra che ormai da tre anni sconvolge l’Ucraina ha già portato alla perdita della Crimea, alla probabile separazione del Donbass e al rischio di ulteriori sommovimenti tra le minoranze russe del Sud. La guerra ha causato circa 10mila morti e due milioni di rifugiati: forse gli ucraini si sentono vicini anche ai siriani, non solo ai greci, e non credo fosse ciò cui aspiravano i manifestanti del Maidan.