Ieri il Parlamento Europeo, dopo un negoziato durato tre anni, ha approvato il mio rapporto sull’Accordo di cooperazione e partenariato UE-Iraq che rappresenta in assoluto la prima relazione contrattuale mai istituita tra le parti. L’accordo, concluso per un periodo (rinnovabile) di dieci anni, mira a costituire una solida base per rinsaldare i legami tra l’Iraq e l’UE. Nella sua prima sezione, prevede che siano messe in atto attività di cooperazione organizzate in materia di igiene, istruzione, lotta contro la povertà, promozione della trasparenza e di una governance efficace. Esso prevede altresì, in una prospettiva di carattere commerciale, che siano incorporati i principi di base dell’OMC benché l’Iraq non ne sia membro.
Esso contiene inoltre elementi preferenziali non trascurabili riguardanti segnatamente gli appalti pubblici, i servizi e gli investimenti. L’accordo d’altra parte comprende alcune condizioni che fanno riferimento a problemi politici non di minore importanza come la lotta contro le armi di distruzione di massa, contro il terrorismo e il traffico di droga; la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare delle minoranze etniche e religiose maggiormente esposte a rischi in quest’area. Contestualmente all’approvazione dell’accordo, il Parlamento ha approvato la risoluzione che lo accompagna; essa chiede di prestare particolare attenzione ai diritti umani e alla partecipazione delle donne nella ricostruzione post-conflitto ed ai più alti livelli della vita politica ed economica. Essa invita inoltre le autorità irachene a prendere le misure necessarie per sviluppare una società civile che possa svolgere un ruolo attivo nel processo politico e incoraggiare lo sviluppo di media indipendenti, pluralistici e professionali.
Il nostro compito infatti è quello di sostenere e incoraggiare il dialogo e la società civile del paese, assicurando che tutte le parti diano il loro contributo al dibattito. Dobbiamo ricordarci che in passato anche l’Europa ha attraversato un lungo periodo di transizione. Solo da settant’anni abbiamo raggiunto la pace, ma ogni giorno chiediamo maggiore chiarezza sul nostro progetto politico. È poco realistico aspettarsi una soluzione dai cittadini iracheni in pochi anni. Si tratta di un lungo processo e dobbiamo costruire una forte amicizia tra paesi.
Trattandosi di un accordo di cooperazione e partnership non abbiamo inteso comporre un testo contro o a favore della politica irachena degli ultimi anni. Questo perché se il nostro scopo è quello di promuovere concretamente i principi di democrazia e libertà ritengo che il miglior modo sia quello di aprirsi al dialogo e questo accordo dovrebbe essere lo strumento per intavolare un dialogo con l’Iraq. L’accordo tra l’Ue e l’Iraq è di importanza storica. Esso interviene in un momento decisivo per accompagnare, nei prossimi anni, la transizione democratica irachena, le sfide della ricostruzione e dello sviluppo e il ritorno dell’Iraq alla sua sovranità e alla normalizzazione delle sue relazioni con la comunità internazionale.
La fase estremamente delicata in cui vivono milioni di iracheni richiama l’UE ai suoi obblighi, ovvero essa non può esimersi dall’avere. La sicurezza e la stabilità dell’Iraq, così come il superamento dell’emergenza umanitaria e la tutela delle libertà fondamentali, rappresentano obiettivi ambiziosi da raggiungere anche attraverso questo tipo di accordi. Sono ancora più vere oggi le parole di Giovanni Paolo II quando affermava: “Voglia Iddio che finisca presto questo conflitto per fare spazio ad una nuova era di perdono, di amore e di pace. Per ottenere tale fine, ha aggiunto, occorre ripartire dallo spirito che animava il Beato Giovanni XXIII: spirito di fede, anzitutto, e insieme di realistica e lungimirante saggezza”.