Sta facendo il giro del web il video del padre siriano a cui viene riportato il figlio di tre anni sopravvissuto all’attacco con le armi chimiche. L’uomo, residente a Zamalka, uno dei quartieri orientali di Damasco, era convinto che il piccolo fosse rimasto ucciso durante il sanguinoso attacco di mercoledì scorso a Ghouta. Era stato il segretario di Stato americano John Kerry a definire questo attacco “indiscriminato e su larga scala”, un’offensiva che ha “sconvolto la coscienza del mondo”. “L’uso di queste armi – aveva aggiunto Kerry – come il tentativo di coprirne il ricorso, offende tutta l’umanità”, ed è per questo motivo che il presidente statunitense Barack Obama “ritiene che chi ne è responsabile debba essere chiamato a risponderne”. Anche l’Europa è stata recentemente minacciata: parlando con la stampa all’Hotel Four Seasons di Damasco, il vice ministro degli Esteri siriano, Faisal Maqdad, ha ribadito che sono stati i gruppi terroristi ad usare le armi chimiche “con l’aiuto degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia, e questo deve finire”. “Questo”, ha aggiunto, “vuol dire che queste armi chimiche presto saranno usate dagli stessi gruppi contro il popolo d’Europa”.