CASO MARO’. La Corte suprema dell’India ha stabilito che la causa relativa ai due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, dovrà essere affidata a un tribunale speciale con sede nella capitale New Delhi. Per la Corte suprema lo Stato del Kerala non ha giurisdizione sulla vicenda dei due militari italiani, accusati di avere sparato contro un peschereccio uccidendo due cittadini indiani che vi si trovavano a bordo. Ilsussidiario.net ha intervistato Carlo Curti Gialdino, professore di Diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma.
Ritiene che la sentenza della Corte suprema indiana sia una notizia positiva per i due marò?
La decisione della Corte suprema indiana conferma una posizione sempre tenuta dall’Italia sulla localizzazione della nave al momento in cui è avvenuto il fatto. La tesi dei difensori dei marò è sempre stata che l’Enrica Lexie si sarebbe mantenuta in acque internazionali. D’altra parte le notizie su questa sentenza riportate dalle agenzie di stampa non chiariscono per quale motivo i militari italiani non sarebbero stati riconosciuti pienamente come tali, ammettendo quindi l’esercizio delle loro attività strettamente funzionali. Di certo non erano contractor né milizie private, ma erano in divisa e rispondevano ai comandi. Anche gli impegni assunti dalle autorità militari italiane sul rispetto del ritorno in India dei marò lasciano pensare che Latorre e Girone fossero appunto dei militari nell’esercizio delle loro funzioni.
Che cos’è il tribunale speciale cui fa riferimento la sentenza della Corte suprema?
Le decisioni prese finora dal tribunale del Kerala erano state quasi tutte sfavorevoli all’Italia. La Corte suprema toglie dunque il caso a questa giurisdizione e lo affida a un nuovo tribunale, tutto da creare. Nell’ordinamento italiano i tribunali speciali sono vietati dalla Costituzione. In India invece sono creati sovente, e dunque ora la questione sarà giudicata ex novo. I militari non sono più soggetti alle misure restrittive introdotte finora dalla giurisdizione del Kerala, e quindi avranno una maggiore possibilità di movimento.
Quali saranno le prossime mosse dei difensori dei due marò?
Ora i difensori dei marò potranno motivare la partecipazione dei militari italiani alla tutela dell’Enrica Lexie, che si basava su regole di ingaggio ben precise. Sul piano del diritto internazionale, avere detto che i marò si trovavano su una nave battente bandiera italiana in acque internazionali implica che non c’è giurisdizione indiana. Qualunque fatto commesso da parte di chiunque, dal momento in cui è stato posto in essere in acque internazionali, anche a danno di cittadini di altri Paesi, va giudicato sulla base della giurisdizione della nave, quindi di quella italiana.
Che cosa può fare ora lo Stato italiano per fare rispettare la sua giurisdizione?
Lo Stato italiano farà valere le sue ragioni di fronte al tribunale speciale di New Delhi. Non siamo sul piano delle controversie tra Stati, per esempio di fronte a un tribunale internazionale che si può accettare o respingere. Ci troviamo invece in una fase di un giudizio che una giurisdizione speciale indiana sta svolgendo nei confronti di due militari che a dire dell’accusa avrebbero commesso dei reati previsti dall’ordinamento indiano. La difesa dei marò per conto dello Stato italiano dovrà continuare a fare valere le tesi che ha sempre sostenuto. E’ un percorso necessario, anche se allunga il calvario di questi due militari che da 11 mesi si trovano agli arresti in India. L’Italia non ha alternative, finora si è rivolta alla Corte suprema e, almeno per metà, ha avuto ragione, anche se si è voluto mantenere comunque il processo in India.
Davvero non c’era nessuna alternativa?
Quando i due marò erano venuti in Italia e si erano presentati di fronte alla Procura di Roma, qualcuno aveva ipotizzato i pm italiani avrebbero potuto spiccare un mandato d’arresto. In questo modo Latorre e Girone sarebbero rimasti bloccati in Italia e non sarebbero potuti ritornare in India. D’altra parte il governo italiano si era impegnato con l’India, ma i nostri tribunali sono indipendenti dall’esecutivo. L’ipotesi sul mandato d’arresto italiano però non si è realizzata.
Resta il fatto che per la Corte suprema i due marò non godono dell’immunità prevista dai militari in questi casi …
Il fatto che la Corte suprema indiana affermi che i due marò non godono di immunità sovrana nella loro funzione non significa che questa tesi non si possa controbattere. Dal mio punto di vista è sbagliata, ma prima di contestarla devo leggerne le motivazioni che finora non sono ancora state pubblicate.
(Pietro Vernizzi)