Il leader di Hezbollah, Nasrallah, minaccia di intervenire nel conflitto siriano per sostenere Assad. A legare i due è la comune appartenenza all’Islam sciita, lo stesso del regime iraniano di Teheran. Ilsussidiario.net ha intervistato Renzo Guolo, professore dell’Università di Padova ed editorialista di Repubblica.
Come si sta evolvendo il ruolo di Hezbollah all’interno del conflitto siriano?
Hezbollah ha rivendicato ufficialmente la sua presenza soltanto nei luoghi di confine con la Siria, anche se è probabile che i suoi consiglieri militari si trovino anche all’interno del Paese. Le prese di posizione di questi giorni fanno capire che il movimento libanese può assumere un ruolo molto più attivo nella dinamica del conflitto siriano.
In che modo?
La partita decisiva in Siria si giocherà molto probabilmente nel corso di questa settimana. Nasrallah ha minacciato di intervenire attivamente anche perché per il mondo sciita il fatto che il regime di Damasco cada significa non avere più aperta quella grande area di influenza che collega Beirut a Teheran. Inoltre, la questione religiosa è un elemento di mobilitazione, che viene sempre alla luce quando il conflitto assume un duplice volto, quello confessionale e quello dello scontro tra superpotenze regionali.
A quali Stati si riferisce in particolare?
All’Iran per il mondo sciita e all’Arabia Saudita per quello sunnita. A ciò si aggiunge un ritorno in scena della Turchia, che da qualche anno sta giocando un ruolo più accentuato in Medio Oriente, con una posizione da protagonista nella stessa vicenda siriana. L’avvertimento di Hezbollah crea quindi una sorta di nesso tra l’opposizione siriana in tutta la sua interezza, ed in particolare tra Al-Nusra, che è un gruppo sunnita radicale e jihadista, e le forze che non hanno questa caratteristica. L’aspetto confessionale implicato nel conflitto siriano è considerato da Hezbollah come una possibile causa di intervento. In un certo senso è un conflitto per interposta potenza.
Che cosa intende dire?
Oggi l’Iran non può affrontare apertamente un intervento in Siria, perché è impegnato a negoziare, trattare e contrastare Israele sul piano diplomatico e strategico. Nello stesso tempo Teheran ha la necessità che il fronte di Damasco resti aperto, altrimenti l’isolamento dell’Iran diventerebbe eccessivo.
Qual è la vera natura di Hezbollah? Un gruppo terrorista finanziato da Teheran, o un partito della solida e matura democrazia libanese?
Hezbollah è un movimento che è stato fondato dagli iraniani, ma nel tempo ha assunto una dimensione di governo e anche una sua autonomia nel contesto libanese. Lo dimostra il fatto che al suo interno non tutto il movimento è schiacciato sull’ipotesi di andare in sostegno di Damasco, perché teme che il conflitto possa diventare dirompente fino ad allargarsi al Libano. All’interno di Hezbollah c’è una discussione tra quanti sostengono la necessità di un forte rapporto con Teheran e con la solidarietà sciita, e quanti invece invocano una sorta di via nazionale allo sciismo rivoluzionario che tenga conto anche degli interessi nazionali del Libano, che ha bisogno della pace.
Che cosa ne pensa infine della posizione di Israele?
Israele ha un duplice problema. Da un lato non può permettere che le armi siriane cadano in mano a Hezbollah. Dall’altro se fa cadere Assad, deve sapere che può trovarsi con una potenza sunnita ai confini, in cui esercita un peso influente sia l’anima jihadista sia un processo interno di formazione dell’opinione pubblica che non può più essere controllata come un tempo da un regime autoritario.
(Pietro Vernizzi)