“La bomba che terrorizza di più i siriani si chiama povertà. Chi fugge lo fa perché qui non vede nessun futuro e sa che la fine del tunnel è ancora lontana”. Lo sottolinea l’arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, aggiungendo: “Tra Turchia, Giordania e Libano ci sono 4 milioni di profughi siriani che vivono nelle tende con i piedi nella sabbia bollente durante l’estate e nella neve d’inverno. Fa pensare vedere l’Europa che discute su come ripartire 120mila rifugiati in 28 Paesi”. Ieri il consiglio Affari interni della Ue ha dato il via libera all’uso della forza contro gli scafisti, anche se adesso al flusso via mare si è aggiunto quello che attraversa i Balcani. Molti di quanti arrivano attraverso questa seconda rotta sono siriani.
Monsignor Zenari, come si spiega che l’ondata dei profughi siriani abbia raggiunto l’Europa con questa forza proprio adesso?
Naturalmente la guerra è iniziata da quattro anni e mezzo, ma da tempo la situazione è catastrofica. Nei dintorni di Damasco ci sono aspri combattimenti anche questa mattina. Ma soprattutto secondo le statistiche dell’Onu c’è una “bomba” che colpisce l’80 per cento della popolazione siriana, cioè la povertà. Mancano il lavoro e spesso la casa, e i giovani non vedono futuro.
C’è la percezione che la guerra non si risolverà in breve tempo?
Questa è la percezione della gente in genere, non si vede la fine del tunnel.
La gente comune come riesce a tirare a fine mese?
E’ una questione che mi pongo anch’io. Tanta gente è senza lavoro e i prezzi dei generi alimentari sono aumentati in modo smisurato. Quando arriverà l’inverno, la situazione sarà ancora peggiore. Non a caso si dice che il nemico dei poveri è l’inverno. Ma anche quest’estate ad Aleppo è mancata l’acqua per settimane e settimane. E lo stesso è avvenuto a Damasco per tre giorni.
I rifugiati siriani appartengono alle fasce più povere o anche al ceto medio?
I viaggi dei profughi verso l’Europa non sono solo a rischio della vita, ma anche costosi, e quindi chi fugge a volte dispone di discrete risorse. Un gran numero di persone in realtà cercano di espatriare per le vie normali, presentando domanda all’ambasciata tedesca o italiana in Libano. I più fortunati riescono a ottenere il nulla osta e ad arrivare in Europa in modo legale. La fascia della gente benestante del resto è già partita da 4 anni, e quella che prima era la classe media è diventata la classe povera. La stessa borghesia è scomparsa. Anche se ci sono sempre differenze tra chi è povero e chi è ancora più povero.
Nel frattempo lo stato islamico sta avanzando in Siria?
Gli esperti affermano che l’Isis controlla il 50 per cento del territorio della Siria, incluse le risorse dell’Est quali gas e petrolio. Oltre allo stato islamico c’è poi una varietà di jihadisti tra cui Al Nusra.
Chi emigra lo fa anche per scappare dall’Isis?
Quella dei siriani che fuggono all’estero è una composizione varia. C’è chi va via con le stampelle, scappando da luoghi molto pericolosi, e altri che vengono via perché non vedono un futuro. I rifugiati siriani nei Paesi confinanti sono del resto 4 milioni, e queste persone vivono sotto le tende nei campi profughi. Famiglie che si trovano con i piedi nella sabbia bollente durante l’estate e nella neve e nel fango durante l’inverno. Quindi quando sento parlare dei 120mila profughi da dividere tra i 28 Paesi Ue, è un fatto che mi fa molto pensare.
In quali Paesi ci sono più rifugiati?
Il Paese che accoglie il maggior numero di profughi siriani è la Turchia. Quindi nell’ordine vengono Giordania e Libano.
Perché la Turchia ha smesso di agire da vasca di compensazione nei confronti di questi profughi?
Per rispondere bisognerebbe mettersi nei loro panni.
Quanto è pericolosa la vita quotidiana a Damasco?
E’ da stanotte che sento gli aerei che si levano in volo, e quando questo succede è un brutto segno. Nella zona chiamata Ghouta Orientale, la periferia dove comincia la campagna, a dieci chilometri dal punto in cui mi trovo, da due anni avvengono continui scontri e bombardamenti. Nella zona di Damasco chiamata Jobar si sono insediati i ribelli. Mentre nel campo di Yarmouk, dove si trovavano 160mila palestinesi, e ora ne sono rimasti qualche migliaio, si sono inseriti gruppi estremisti compreso l’Isis.
Come si vive nella capitale siriana sotto assedio?
Damasco è una città dalle mille contraddizioni. Durante il weekend, nei quartieri più benestanti, si vedono bar e pasticcerie affollate. Anche nel punto dove mi trovo io non sembrerebbe di trovarsi in un Paese in guerra, ma poi all’improvviso cadono dal cielo colpi di mortaio. Oggi dovevo andare a pranzo da un sacerdote, ma ho dovuto annullare perché ieri abbiamo avuto tre funerali di persone uccise dai mortai.
Le scuole rimangono aperte?
Tra pochi giorni dovrebbero riaprire dopo le vacanze, ma i genitori si fanno mille domande. E’ già capitato che una granata cadesse sugli alunni in classe, sia nella scuola armeno-cattolica sia in quella armeno-ortodossa.
E le chiese?
Due settimane fa, qui a Damasco, mentre la gente era in chiesa un mortaio ha colpito l’edificio ma il tetto ha tenuto. La loro potenza è limitata, ma le schegge sono pericolosissime, e infatti negli ultimi giorni parecchie persone nel quartiere vecchio di Damasco sono morte per questo.
(Pietro Vernizzi)