Gheddafi non lascerà il potere, né si dimetterà «dato che non ha alcun incarico ufficiale», ha dichiarato il portavoce del governo libico. «Questo è il nostro Paese. Non lo lasceremo in mano a bande di criminali che hanno preso in ostaggio le nostre città. Non lo lasceremo all’organizzazione criminale della Nato. Tutti continueranno a combattere. Siamo pronti a combattere strada per strada, casa per casa», ha aggiunto. L’unica concessione da parte del rais, sembra l’acconsentire a non partecipare ad eventuali negoziati sulla Libia. E’ quanto hanno riferito i capi di Stato africani, riuniti a Pretoria e costituiscono il comitato dei mediatori dell’Unione Africana. «L’intenzione della risoluzione dell’Onu non era quella di autorizzare una campagna per il cambiamento di regime o l’assassinio politico di Gheddafi» ha dichiarato il presidente sudafricano Jacob Zuma, nell’intervento che ha aperto il meeting del comitato. «Vite dei civili sono state perse a causa di queste bombe e le infrastrutture hanno subìto danni indicibili», ha aggiunto facendo riferimento esplicito ai bombardamenti della Nato. «I bombardamenti della Nato sono andati oltre la risoluzione dell’Onu, che autorizzava l’uso della forza per proteggere i civili libici dagli attacchi delle truppe di Gheddafi», ha detto, precisando che i cittadini libici chiedono che si ponga fine al conflitto e si intraprenda un cammino democratico. La pensa in maniera diversa la Corte dell’Aja che, per bocca del Procuratore della Corte penale internazionale dell’Aia, Luis Moreno Ocampo, (che il 16 maggio ha chiesto di spiccare un mandato di arresto per Gheddafi): «Bisogna arrestate il leader libico Muammar Gheddafi per mettere fine ai crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Libia dall’inizio del conflitto».