La Catalogna non è indipendente. La Catalogna non lascerà la Spagna. La quale ha davanti ore difficili, ma lo Stato si è già messo in moto e ripristinerà l’ordine costituzionale violato dal Governo e dal Parlamento della Catalogna. Il Governo di Madrid ha approvato ieri la destituzione di quello catalano, un esecutivo tecnicamente ribelle. E lo ha fatto con un meccanismo assolutamente normale e previsto in tutte le costituzioni federali. Dopo aver ricevuto il via libera del Senato e il sostegno di una larga maggioranza parlamentare, con l’appoggio dei socialisti, di Ciudadanos e dell’Unione europea. Dopo aver aspettato pazientemente di caricarsi di ragioni, ora ha un compito difficile, sì, ma con un plus di legittimità.
Puigdemont, che non è più Presidente della Generalitat, e una piccola maggioranza del Parlamento della Catalogna hanno portato le istituzioni catalane verso un precipizio. Non v’è nulla dopo che il Parlamento ha approvato con voto segreto – gli indipendentisti hanno paura dei tribunali della Spagna di cui dicono di non far parte – la Costituzione della Repubblica catalana come Stato indipendente. Non c’è nient’altro che il muro contro cui Puigdemont e l’indipendentismo hanno portato la Catalogna. Non c’è riconoscimento internazionale, non c’è altro che l’intervento dello Stato, la risposta dei tribunali, la fuga delle imprese. Non c’è un paradiso, c’è frustrazione per coloro che credevano di toccare il cielo. La tattica dell’indipendentismo è far sì che ci sia fermento nelle strade, dove alcuni Comitati per la Difesa della Repubblica catalana, con strategie rivoluzionarie, possono rendersi vittime di fronte alle azioni necessarie a ristabilire l’ordine.
La sessione in cui il Parlamento catalano ha dichiarato l’inizio del processo costituente è stata ancora una volta provocatoria. Gli avvocati del Parlamento hanno avvertito che si stava commettendo un atto illegale e hanno lasciato la Camera per non incorrere in responsabilità legali. Il Presidente, l’uomo che giovedì aveva avuto la possibilità di fermare il delirio, che aveva raggiunto un accordo con Madrid per convocare le elezioni anticipate, che si è tirato indietro all’ultimo momento perché i suoi lo hanno chiamato traditore, non si è nemmeno degnato di prendere la parola. Non ha voluto parlare.
I promotori dell’indipendenza hanno fatto pressioni per avere il voto segreto in modo da non assumersi alcuna responsabilità. E l’indipendenza che non ci sarà è stata approvata con soli 70 voti, due in più della metà della Camera. Senza alcuna maggioranza qualificata. Con una maggioranza limitatissima che non è la maggioranza dei voti, che non è una maggioranza sociale. Lo Stato che vogliono creare, contemplato nella legge di transitorietà giuridica, si prefigura come autoritario, metterà fine allo stato di diritto, cancellando la separazione dei poteri e l’indipendenza della magistratura. Nella fatidica sessione di ieri, il Presidente del Parlamento catalano non ha dato la parola ai leader dei gruppi non indipendentisti per un ultimo intervento, ma Inés Arrimadas, leader dell’opposizione, in soli tre minuti ha pronunciato parole chiare e memorabili. Ha denunciato la politica dello scontro dell’indipendentismo che insulta coloro che hanno combattuto per la democrazia.
È logico che in questo momento una grande maggioranza degli spagnoli stia vivendo con ansia, tristezza e incredulità quanto è accaduto in Catalogna. L’ostinazione nel portare avanti un progetto di potere contro la vita delle persone, la mancanza di rispetto per le istituzioni democratiche e la volontà di dividere ci ha fatto assistere a qualcosa che mai avremmo pensato sarebbe accaduto.
Proprio perché porterà e ha portato molta sofferenza è più che mai necessaria la calma. Tutti quei catalani e gli spagnoli che stimano la Costituzione possono agire in questo momento con la razionalità di fronte a tanto disprezzo, di fronte a tale volontà di dividerci. Anche se le soluzioni non sono immediate, è il momento della pazienza. È il momento di accompagnare le istituzioni con la volontà tenace di far sì che la convivenza non sia ferita più di quanto già non lo sia. Di fronte a chi vuole dividere, porre una frontiera e un muro, è il momento di affermare i legami sociali, di affermare pacificamente il valore dell’unità, il valore degli altri.