I profughi dalla Costa d’Avorio sono ormai migliaia. Si riverranno in massa nella vicina Liberia. Nel paese africano infuria infatti una sanguinosa guerra civile. Negli ultimi giorni le forze guidate da Alassane Ouattara sono arrivate nel sud della Costa d’Avorio. Conseguentemente il flusso di profughi è praticamente raddoppiato. In Liberia circa 30mila persone sono assistite dalla Caritas, dall’inizio della crisi in Costa d’Avorio ne sono giunti in tutto circa 120mila. Intanto si sta combattendo anche intorno alla residenza del presidente uscente, Laurent Gbagbo, che si rifiuta di abbandonare il potere. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto la vittoria alle elezioni di Ouattara, ma Gbagbo non accetta il risultato. Così è scoppiata una violenta guerra civile. Francia e Nigeria hanno proposto nei giorni scorsi una bozza di risoluzione che propone sanzioni contro l’attuale presidente del paese africano.
IlSussidiario.net ha raggiunto un volontario dell’AVSI, l’associazione che opera in sostegno di situazioni umanitarie in tutto il mondo, per sapere com’è la situazione in queste ore. Abbiamo parlato con Carlo Maria Zorzi, rappresentante AVSI in Costa d’Avorio, una telefonata sotto le bombe.
“Molte famiglie con bambini sostenuti a distanza da AVSI si stanno muovendo” ha detto Zorzi. “Difficile per i nostri operatori mantenere i contatti con tutti. Appena verranno rintracciati, i fondi del sostegno a distanza saranno fondamentali per aiutarli. Perché avranno bisogno di tutto”.
Ore 17.00 (italiana) sto chiamando Abidjan in Costa d’Avorio Carlo Maria Zorzi, rappresentante della Fondazione AVSI nel paese. Ciao Zorzi come stai? cosa vedi e cosa senti?
Siamo nel pieno dei combattimenti. Ovviamente non si può uscire di casa. Sono qui con il mio collega ivoriano che sta da me da una quindicina di giorni dopo essere stato obbligato ad abbandonare casa sua a causa dei combattimenti nei quartieri nord di Abidjan che erano già cominciati almeno 5 settimane fa. Ascolto e leggo le informazioni. Tutte abbastanza terribili. Non siamo riusciti a dormire tranquillamente stanotte e nella mattinata di oggi (venerdì 1° aprile) le detonazioni ci hanno ulteriormente allertato. In questo momento un elicottero – probabilmente della forza francese Licorne – sta passando sulla nostra testa in pattuglia nei cieli della città Abidjan. Si sentono forti detonazioni in provenienza dal quartiere centrale dove c’è la Presidenza della Repubblica e raffiche di armi più leggere. In pratica sono 26 ore che siamo sotto questo fuoco che ha preso di mira alcuni punti strategici del presidente uscente qui in città.
La gente dove sta andando?
La gente è chiusa in casa. Le strade sono deserte. Sappiamo che Licorne e Caschi Blu dell’ONU hanno rinforzato le pattuglie per evitare furti e danni alle persone e alle cose. Tutto è chiuso, blindato. Molti negozi nella zona sud della capitale sono stati presi d’assalto e svaligiati. In queste situazioni penso sia difficile contenere la violenza.
Le comunicazioni come sono nel paese?
Difficili. Gli sms sono bloccati da ormai quasi un mese. La RTI Radio Televisione Ivoriana ha smesso di trasmettere dalla mezzanotte passata. E questo forse fa credere che sia passata nelle mani delle Forze Repubblicane di Ouattara che lo afferma tramite dei suoi portavoce. Tuttavia , stamane dei violenti scontri erano in corso attorno alla sede della Tv.
Di cosa c’è maggior bisogno in questo momento?
In questo momento c’è bisogno che la battaglia di Abidjan finisca, che una soluzione venga trovata e che la vita dei cittadini riprenda nel più breve tempo possibile. E’ fondamentale che tutte le persone ritrovino al più presto la pace così come il lavoro. Altrimenti continueranno a fuggire e a vivere da sfollati.
(Elisabetta Ponzone)