Una vittoria di Trump: chi lo direbbe a proposito del vertice Usa-Cina? Eppure, il film del summit che si è tenuto in Florida giovedì e venerdì scorso — con annesso bombardamento della Siria — va certamente rivisto alla luce di quanto accaduto nelle ultime ore. La portaerei americana Vinson con il suo gruppo di attacco si sta spostando verso la penisola coreana. Una risposta alle nuove provocazioni del regime di Pyongyang, fanno sapere fonti della Difesa Usa. In realtà, è molto di più, spiega da Pechino Francesco Sisci, editorialista di Asia Times: “Trump ha messo in mora la Cina. E’ stato uno schiaffo a Xi, una mossa che solo ora comincia a manifestarsi nelle sue conseguenze”.
Trump aveva già messo in guardia la Nord Corea. Ora c’è una flotta diretta verso la penisola coreana.
Credo sia la riprova che l’ordine di Trump di bombardare la Siria durante la cena con Xi Jinping è stato effettivamente un avvertimento alla Cina sulla Nord Corea.
In altre parole: come abbiamo bombardato la Siria, che non è una minaccia strategica per gli Stati Uniti…
Così siamo pronti a bombardare la Nord Corea che potrebbe presto diventare una minaccia strategica.
Dopo la Siria non c’è il rischio che lo faccia per davvero?
Questo sembra il senso dell’operazione.
Trump è probabilmente convinto che la Nord Corea abbia la complicità di Pechino. Perché la Cina non è preoccupata di fugare questo sospetto, così pericoloso nelle sue possibili conseguenze?
Il problema per Pechino è che un’azione violenta contro la Nord Corea aprirebbe un vaso di Pandora che non si saprebbe come richiudere. Non c’è una soluzione politica per il dopo-attacco a Pyongyang e la Nord Corea rischierebbe di diventare come e peggio dell’Afghanistan o dell’Iraq. Solo che una Nord Corea dotata di missili balistici rappresenta una minaccia per gli Usa molto grave e dopo l’11 settembre Washington non può permettersi simili rischi. Tra queste due posizioni diverse, entrambe ragionevoli, c’è uno spazio di mediazione che va riducendosi. Da qui il pericolo attuale.
Torniamo al vertice di Trump con Xi Jinping.
E’ stato il primo grande trionfo di Trump: ha punito la Siria, dato uno schiaffo alla Russia e messo in mora la Cina. Ed è questo il risultato più concreto: quello ottenuto con la Cina.
Nessuno lo ha notato. Verrebbe quasi da dire che il bombardamento in Siria ha oscurato il vertice.
Appunto. Il grande accordo fra Trump e Xi doveva essere la notizia della settimana, invece è stato il bombardamento in Siria ad occupare tutto lo spazio. Trump poteva benissimo aspettare due, tre giorni, anche per accertare la vera dinamica dell’attacco chimico. Ma non ha fatto questo. Ha agito proprio mentre il presidente cinese era suo ospite.
Qual è la strategia del presidente americano?
Difficile dirlo, perché si sta delineando man mano. Però si può affermare fin d’ora che consiste nel mettere una serie di paletti alla Cina. Essi saranno via via più numerosi. Per chiedere che cosa? Al momento non lo sappiamo. Nel frattempo, a proposito del vertice, Trump avrebbe detto di non avere ottenuto nulla dai cinesi.
E’ così?
Sappiamo poco, perché il vertice è letteralmente scomparso. Il risultato, in fin dei conti, è che si è trattato solo di un pranzo a molte migliaia di chilometri di distanza, in una cornice certamente suggestiva ma sgradita al potere cinese. Come se non bastasse, Xi Jinping è stato umiliato con un ordine d’attacco. C’è stato un accordo di principio sulla cybersecurity, un accordo sugli investimenti finanziari americani in Cina. Cose che in altri tempi avrebbero fatto i titoli dei giornali. Infine c’è una specie di ultimatum: gli Usa hanno dato cento giorni a Pechino per vedere segni concreti di correzione del disavanzo americano verso la Cina. Ma cento giorni sono niente per una questione così complessa. Quindi questo limite di tempo o è un bluff o è davvero un ultimatum.
Cosa si aspettava il presidente cinese alla vigilia?
L’aspettativa politica era che ci fosse il grande accordo bilaterale, onnicomprensivo, strategico. Invece il grande accordo non c’è stato. Anzi: Usa e Cina sono entrate in una fase di reciproca frizione. Il messaggio è che l’America non vuole fare sconti.
Nel suo voltafaccia strategico, Trump si sarebbe inchinato al vecchio establishment e avrebbe bombardato la Siria per non mostrarsi appiattito sulla Russia.
L’operazione mi pare tipica da guerra asimmetrica e sembra portare la firma di militari e servizi di intelligence. Gli stessi ambienti del Pentagono che odiano Bannon. Vuol dire che questo establishment sta vincendo. In questi ambienti da anni si vede la Cina come il vero competitore strategico che gli Usa devono affrontare.
Chi è stato il suggeritore di Trump?
Non lo so. Però Trump sembra aver imparato dai russi, che fecero una cosa analoga nel 2008. Il giorno dell’inaugurazione delle olimpiadi di Pechino, Putin ordinò l’attacco alla Georgia. I cinesi la presero male e iniziò un periodo di frizione tra Cina e Russia. Il riavvicinamento c’è stato solo molti anni dopo, in occasione della crisi della Russia con l’Ucraina e l’occidente.
Quali esiti potrebbe avere questa prima mossa di Trump con il presidente cinese?
Potrebbe indebolire la posizione di Xi Jinping. In novembre c’è il congresso del partito, ma un raffreddamento con Washington potrebbe frenare la capacità di manovra di Xi all’interno del comitato centrale. Forse alcuni settori in America sperano proprio in questo. Di certo la Cina deve pensare che stanno rapidamente cambiando le regole del gioco. Quindi o vara riforme importanti e radicali oppure l’atmosfera potrebbe rapidamente peggiorare.
(Federico Ferraù)