La Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di dedicare la Veglia di Pentecoste del 23 maggio ai “martiri di oggi”, cioè ai cristiani perseguitati in tutto il mondo. Un dramma che non conosce confini geografici, anche se è particolarmente grave nelle aree di Siria e Iraq controllate dallo stato islamico. Dopo avere ucciso o costretto alla fuga migliaia di cristiani, yazidi e altre minoranze religiose, il califfato ha lanciato un’offensiva per la conquista della città irakena di Ramadi. Sempre ieri i caccia dell’aeronautica militare di Damasco hanno bombardato i sobborghi di Palmira, città siriana dove sono in corso violenti scontri tra l’esercito regolare e i miliziani dell’Isis. I resti del periodo greco e romano fanno di Palmira una delle meraviglie dell’umanità, che ora rischiano di scomparire se la città dovesse essere conquistata dallo stato islamico. Per Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con sede a Damasco, “chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani”.
Il 23 maggio si pregherà per tutti i “martiri di oggi”. Com’è la situazione dei cristiani in Siria?
La guerra in corso in Siria è una tragedia per tutti, in quanto a essere sotto attacco sono cristiani e musulmani, sunniti e sciiti, drusi e yazidi. La situazione è particolarmente tragica ad Aleppo, le cui chiese sono state tutte distrutte o gravemente danneggiate. L’intera città si è trasformata in una grande prigione dalla quale non è possibile né uscire né entrare.
Com’è invece la situazione nella capitale e nelle zone circostanti?
Damasco non rischia incursioni di terra ma teme per i bombardamenti dal cielo. La situazione nei villaggi cristiani come Maalula in questo momento è calma. Ora la battaglia è particolarmente violenta intorno a Palmira, e anche il Nord è in pericolo.
Sono quattro anni che la Siria è attraversata dalla guerra. I cristiani come vivono questo momento?
I cristiani vivono l’aspirazione forte alla pace di tutti i siriani di buona volontà. Non si può dire che quella che sta avvenendo in Siria sia una persecuzione contro i cristiani. Quest’ultima sta avvenendo in Iraq, mentre i cristiani siriani sono vittime della guerra e non della persecuzione. Anche se noi cristiani, poiché siamo un gruppo più debole degli altri, siamo più esposti a questa tragedia.
Che cosa possono fare i cristiani occidentali per i loro fratelli siriani?
C’è bisogno di un aiuto materiale affinché le chiese in Siria possano essere vicine ai loro fedeli, e soprattutto ai rifugiati. Il mio patriarcato a Damasco per esempio deve spendere tra i 40 e i 50mila dollari ogni mese per i profughi. Ma c’è bisogno anche di un contatto continuo tra le conferenze episcopali dei principali Paesi europei e la Chiesa locale in Siria.
In che modo?
Invito i vescovi italiani a venire a pregare con noi a Damasco, perché sarebbe un gesto simbolico dal valore enorme. Aiutare i cristiani significa inoltre lavorare per la pace. La chiesa cattolica, quella ortodossa, le chiese orientali, gli anglicani e i protestanti dovrebbero sottoscrivere una dichiarazione comune per la pace in Siria, in Iraq e in Palestina.
Come valuta l’avanzata dell’Isis su Ramadi e Palmira?
E’ una domanda che dovrebbe rivolgere a un generale, non a me. La guerra è guerra, si avanza e poi ci si ritira. L’Isis è forte in quanto è sostenuta da tante nazioni, sia arabe sia europee. Gli stessi Stati Uniti dovrebbero essere più seri e aiutare il governo siriano.
In che senso?
La Siria è una nazione, non un regime. Non capisco perché Washington aiuti le cosiddette fazioni “moderate” dei ribelli, che poi sono moderate per modo di dire. Oggi dobbiamo riconoscere tutti che non abbiamo alternative. Questa opposizione siriana è divisa e corrotta, ed è quindi inutile aiutare un elemento così debole perché significa far sì che ci siano soltanto più vittime tra la popolazione siriana.
Che cosa intende dire quando afferma che l’Isis è aiutata dai Paesi europei?
Sappiamo che ogni giorno ci sono giovani italiani, inglesi e francesi che partono per la Siria con l’obiettivo di infittire le file dei gruppi fondamentalisti. Formazioni che non definirei islamiche, perché sono gruppi puramente militari. E la guerra non è tra islam e cristianesimo, bensì è una lotta per i valori umani. Chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani.
Quale responsabilità hanno gli Stati europei per i giovani che si arruolano nell’Isis?
Il punto è che manca una posizione unica dell’Unione Europea, la quale non si sta dando da fare in modo serio per favorire la pace in Medio Oriente. L’Ue è indecisa e non fa patti efficaci per fermare la guerra. Se i 28 Paesi Ue avessero un’unica posizione forte, ciò permetterebbe di fermare l’influenza dell’Isis in Medio Oriente. Il mondo arabo è diviso perché l’Europa è divisa. Il baluardo più efficace contro l’Isis è il governo siriano, e quindi se l’Ue si schiera chiaramente a fianco di Damasco può veramente contribuire a fermare l’Isis. Questo occorre, una dichiarazione comune dell’Ue a favore del governo siriano.
(Pietro Vernizzi)