“Laura, sembra proprio che non potrò conservare la mia assicurazione sanitaria. Che opzioni ho?”. Silenzio dall’altro capo del telefono, poi “…mi fai la domanda di riserva?”
Laura è Laura Cohen, esperta di healthcare, broker assicurativo che da oltre trent’anni segue un’infinità di clienti tra i quali ci sono anch’io. E la telefonata è andata proprio cosi, lo so con certezza, perché era la mia.
Giovedi sera il Presidente, dalla televisione, mi ha chiesto scusa: “Mi dispiace tanto che vi troviate in questa situazione dovuta a promesse fatte da me”. Non è che parlasse solo a me… “Dobbiamo lavorare sodo per dimostrare che vi stiamo ascoltando, e faremo tutto il possibile per coloro che si trovano messi male come conseguenza di tutto questo”. “Tutto questo” è un modo di chiamare il caos indicibile generato dall’Obamacare, l’Affordable Care Act – per chiamarlo col suo nome vero. Tra le tante promesse, il Presidente ci aveva detto che con la riforma chi avesse voluto mantenere l’attuale copertura sanitaria (essendone contento) avrebbe potuto farlo. Non è vero. Per tantissimi che stanno ricevendo disdette dalle compagnie assicurative non è proprio vero. Un bel pasticcio. Se Laura non ha risposte, se io – che proprio ignorante non sono – non ci capisco una mazza, cosa ci capisce la gente che un’assicurazione sanitaria non l’ha mai avuta?
L’ho ribadito più volte, ma lo faccio ancora: la riforma sanitaria in America è un atto dovuto! Non è possibile che il 30% dei cittadini di un paese come questo non possano andare dal dottore. E non è che l’altro 70% sia in una botte di ferro! Volete sapere come son messo io che faccio parte di questa élite? Ve lo dico anche se non lo volete sapere. Dapprima, in una decina d’anni come libero professionista “self-employed” ho visto la mia assicurazione sanitaria schizzare da $ 700 a $ 2.100 al mese. Poi, come piccolo imprenditore, grazie alla suddetta Mrs. Cohen sono riuscito a cavar fuori un affarone da $ 1,650. E lasciamo perdere quello che voi chiamate “ticket” (da noi si chiama “co-pay”). Mia moglie che deve prendere farmaci quotidianamente ed essere visitata periodicamente “costa” un altro paio di centinaia di dollari al mese.
E lasciamo perdere pure le battaglie che occorre combattere per farsi passare prestazioni dall’assicurazione. Ad esempio il mio recente collo artritico (mali di gioventù) se ne dovrà stare com’è perché la mia beneamata “Oxford Healthcare Plans” (bel nome) mi fa sapere che non ha niente in contrario al fatto che io vada dal fisioterapista, ma me lo devo pagare da solo.
In questo scenario l’Affordable Care Act di Obama rappresenta un tentativo sacrosanto. Opporvisi per partito preso (nel vero senso della parola − quello che sin dal principio hanno fatto i repubblicani in quanto opposizione al partito del Presidente) non ha senso. Potevate provarci voi quando eravate alla Casa Bianca! Una grande riforma, grandemente e gravemente necessaria, avrebbe richiesto l’impegno di tutte le teste pensanti del paese. E certamente anche una qualche forma di sacrificio da parte di tutti, a cominciare dalle compagnie assicurative ed i loro profitti megagalattici. Nella sua sostanziale inconcludenza l’attuale Presidente ha voluto formulare qualcosa per rispondere ad un bisogno primario dei cittadini come la salute. Purtroppo l’ha fatto male: non si capisce, non funziona, non mantiene le promesse.
Ma Obama deve andare avanti, non può che andare avanti. Randellando quegli incapaci che hanno messo su un sistema informatico che è diventato l’oggetto di scherno di tutti i programmi televisivi. Un sistema informatico che quando non ti dice di essere fuori servizio non ti fa entrare, ti passa una calcolatrice che non funziona ed è persino capace di far risultare che sei sposato con tua figlia…; chiedendo scusa a tutti quelli che si ritrovano a pagare più o addirittura fuori dal sistema; incoraggiando gli americani ad insistere col provarci, come nei videogiochi quando appare un bel “ritenta, sarai più fortunato”…
Non è un bell’esordio, ma indietro non si può tornare.