In un mondo che volesse ritrovare quantomeno la decenza, se non il senso dell’onore, l’Onu andrebbe sciolta oggi e il Palazzo di vetro abbattuto per non lasciare traccia della sua infame attività. Serve e prone da sempre degli interessi Usa, le Nazioni Unite ieri hanno infatti rotto il loro rumoroso silenzio sulla Siria facendo notare al mondo che oltre due milioni di civili ad Aleppo, nelle aree sia sotto il controllo dei ribelli, sia dei governativi, sono senza elettricità e senza accesso alla rete idrica a causa di bombardamenti che hanno colpito gli impianti di distribuzione negli ultimi giorni. E dopo aver guardato silente per mesi al-Nusra e Isis fare il bello e il cattivo tempo in nome degli interessi del padrone di casa e aver dichiarato questo, cosa fa l’Onu? Chiede una tregua umanitaria di 48 ore perché siano riparati gli impianti e ricostituite le scorte di cibo e medicinali per la popolazione. Proprio ora che le milizie siriane, insieme a Hezbollah, stanno per avere la meglio: l’Onu se ne frega dei civili, come ha fatto negli ultimi due anni, vuole solo far respirare i “ribelli moderati” armati dagli Usa, per evitare la riconquista lealista di Aleppo e la vittoria di Assad.
Casualmente, poi, la richiesta di tregua emerge in contemporanea con le prove di attività bellica delle forze speciali britanniche proprio ad Aleppo, formalmente contro l’Isis ma al fianco dei ribelli moderati che vogliono la cacciata di Assad: strano tempismo al Palazzo di vetro. La Russia sta consegnando da giorni aiuti umanitari e la scorsa settimana 5 ufficiali dell’esercito sono morti e hanno visto propri cadaveri vilipesi per aver compiuto un gesto che l’Onu solo ora si degna di voler fare: se pensavate di aver visto il peggio con l’operato dei caschi blu a Srebrenica, vi sbagliavate.
Il ministero della Difesa russo, in una nota diffusa ieri, ha comunicato che diversi Paesi hanno dato suggerimenti specifici sulla consegna di aiuti umanitari alla popolazione civile ad Aleppo: «In aggiunta all’interesse delle organizzazioni umanitarie internazionali, il ministero della Difesa russo ha già ricevuto proposte specifiche da parte dei dipartimenti della Difesa di diversi paesi intenzionati a impegnarsi nella consegna di aiuti alla popolazione di Aleppo». Dopo due settimane di violenti combattimenti, il capoluogo è diviso in due parti, con i ribelli dell’opposizione da un lato e le forze del regime dall’altro che controllano le vie di accesso del nemico, ponendo di conseguenza i residenti civili sotto assedio. Due milioni di persone in città vivono nella paura di rimanere sotto assedio: tra queste circa 275mila persone sono intrappolate nella zona est di Aleppo, quella controllata dai ribelli.
Dalla fine di luglio, i combattimenti, oltre aver causato la morte di almeno 130 civili, hanno danneggiato ospedali, cliniche, e le reti di elettricità e acqua della città. «L’Onu è pronta ad assistere la popolazione civile di Aleppo, una città ormai unita nella sua sofferenza», si legge nella dichiarazione, che prosegue così: «Come minimo, le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco totale oppure 48 ore alla settimana di pause umanitarie per raggiungere i milioni di persone bisognose in tutta Aleppo e ricostituire le scorte di cibo e medicine, che stanno pericolosamente esaurendo». Se ne accorgono solo ora, quando i loro protetti tagliagole stanno avendo la peggio, mentre russi ed Hezbollah stanno fornendo supporto a vecchi, donne e bambini da settimane.
E attenzione, perché c’è già oggi puzza di mistificazione alla jugoslava nelle parole dell’Onu, a detta della quale «quando vengono utilizzate per privare intenzionalmente persone di cibo e altri beni essenziali per la loro sopravvivenza, le tattiche di assedio costituiscono un crimine di guerra»: quanto scommettete che qualche valente osservatore giurerà che sono le forze fedeli ad Assad a operare il blocco e tutti i telegiornali vi ribadiranno questa versione, finché non la accetterete come tanti cani di Pavlov ubbidienti? Ma non importa, l’Onu è uno stipendificio di corrotti e incapaci e come tale non può capire quanto sta accadendo sotto traccia. Un qualcosa che potrebbe cambiare per sempre gli equilibri in Medio Oriente e far cessare, una volta per tutte, le scorribande destabilizzatrici di Usa e soci nell’area. E con esse, terrorismo e sbarchi di massa sulle nostre coste.
Il presidente russo, Vladimir Putin e il suo omologo iraniano, Hassan Rouhani, discuteranno infatti la possibilità di fornire assistenza al capo dello stato turco, Recep Tayyip Erdogan. Lo ha annunciato il vice ministro degli Esteri di Teheran, Ibrahim Rahimpur: «Noi vorremmo, al fianco del presidente Putin, assistere Erdogan nel creare buone condizioni e risolvere i problemi, in modo che possa prendere la decisione giusta. Si tratta di questioni regionali, dall’Iraq alla Siria. Penso che sia Rouhani, sia Putin sono pronti a fornire a Erdogan assistenza e a mostrare sostegno. Il supporto che Putin e Rouhani potrebbero fornire non può essere garantito né dagli arabi, né dagli stati occidentali. La nostra regione ha bisogno che Russia, Iran e Turchia abbiano buoni rapporti».
Rahimpur ha aggiunto che questa assistenza si concretizzerebbe innanzitutto in “suggerimenti” alla leadership di Ankara. «Poi si passerà alle questioni e al sostegno economici. Infine, le relazioni diventeranno strategiche e interesseranno ogni settore». Il vice ministro ha osservato che l’Iran avrebbe voluto che la Turchia partecipasse ai colloqui Iran-Russia-Azerbaijan a Baku: «Se le condizioni fossero state normali, anche Erdogan avrebbe preso parte a questo incontro». Quindi, un membro Nato e quinta colonna sunnita sta per stringere un patto con la Russia e l’Iran sciita: in un Paese normale con un’informazione normale, questa sarebbe la notizia di apertura di tutti i tg, ma questo non è un Paese normale, qui ci eccitiamo con le Olimpiadi e l’immondizia a Roma.
Vi offro qualche dettaglio e cifra, per capire di cosa stiamo parlando. La Turchia è il quinto partner commerciale della Russia, continua a rappresentare una delle mete preferite del turismo russo ed è uno dei principali investitori nel Paese. Le autorità turche, ha assicurato Erdogan, stanno studiando ogni misura possibile per garantire la sicurezza dei turisti russi. «Passi urgenti», inoltre, saranno intrapresi per la realizzazione del progetto Turkish Stream, il gasdotto con cui oltre 30 milioni di metri cubi di gas russo può arrivare in Turchia passando per il Mar Nero, ha detto lo stesso Erdogan nell’intervista all’agenzia russa Tass. Ma in ballo c’è anche la costruzione della centrale nucleare russa ad Akkuyu, su territorio turco.
Le sanzioni alla Russia legate alla vicenda ucraina e il gelo delle relazioni bilaterali seguite al caso del caccia abbattuto hanno inferto un colpo durissimo alle relazioni economiche tra Mosca e Ankara: stando alle cifre di istituti di statistica russi citate da France Presse, l’interscambio commerciale tra i due Paesi è crollato del 43% a poco più di 6 milioni di dollari tra gennaio e maggio di quest’anno e l’arrivo di turisti russi ha subito un calo del 93% a giugno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma c’è di più e di più grave che bolle nella pentola di questo inedito trilaterale: «I Paesi che hanno fornito sostegno militare alla Turchia hanno tentato di organizzare un colpo di stato. Noi non abbiamo fornito appoggio militare o siamo implicati nel colpo di stato», ha detto vice ministro degli Esteri iraniano, Ibrahim Rahimpur. Chi? Gli Usa? «Molte persone stanno parlando di questo, ma non abbiamo ancora alcuna informazione», ha concluso il vice-ministro.
E, stranamente, da qualche giorno a Washington è in atto un secondo Irangate legato al pagamento di un riscatto da 400 milioni di dollari per la liberazione di ostaggi Usa, un qualcosa che sta facendo pesantemente irritare Barack Obama e che potrebbe aprire le porte ad altro, soprattutto dopo la condanna a morte proprio in Iran di un ingegnere nucleare accusato di aver passato informazioni all’intelligence statunitense.
Il mondo, sotterraneamente, sta vivendo una vera e proprio rivoluzione. Ma all’Onu restano legati alle vecchie strategie destabilizzatrici, quello usate a piene mani nei Balcani. Poveracci, verranno travolti dall’ondata di cambiamento senza rendersene conto, guarderanno il nuovo equilibrio sfilare come tanti von Hindenburg alla finestra della storia. L’Europa, poi, dorme il sonno della stupidità. Ma questo è normale.