Nel regno di Spagna, la cui Regina un mese fa espresse – attraverso il libro di Pilar Urbano – alcune certezze sul senso della vita e della morte, questa settimana diversi rappresentanti della sinistra culturale e politica sono tornati a fare un esercizio liberatorio di laicità su alcune verità comuni molto necessarie per la convivenza.
Venivamo già dal malessere provocato dalla polemica sulla targa di Santa Madre Maravillas. La pressione del gruppo socialista aveva causato la bocciatura della decisione della Giunta del Congresso di mettere un segno in ricordo della religiosa nei locali che ora sono della Camera Bassa e che erano state la sua casa.
In un infame articolo de El Pais, la scrittrice Almudena Grandes sosteneva che alla santa sarebbe piaciuto subire la violenza sessuale e maschilista contro cui ora lottiamo tanto. Grandes si è fatta un nome con piccanti racconti di dubbia qualità, ma la sua mancanza di intelligenza le impedisce di comprendere che, nonostante abbia venduto molti pessimi libri, ci sono battute da camionista che sono intollerabili.
In questo regno di Spagna in cui, per forza, devi sostenere chi pensi stia dalla tua stessa parte o, almeno tacere quando «calcano troppo la mano», è dovuto arrivare un vero scrittore, con un minimo di intelligenza, anche lui editorialista di El Pais e con tanti galloni di progressismo per mischiare le carte. Muñoz Molina, che aveva smesso di scrivere nel giornale dei Polanco, ha risposto rapidamente nella posta dei lettori: «Nel suo articolo del 24 novembre, Almudena Grandes fa quello che vorrebbe essere uno scherzo su una suora di Madrid dell’epoca dell’inizio della guerra civile: “Immaginate il godimento che sentirebbe nel cadere in mano a un gruppo di giovani militari armati e – mmm! – sudati?». Siamo di fronte alla solita e vecchia barzelletta spagnola sulle monache violentate? Non è difficile immaginare ciò che provarono, nei mesi atroci dell’inizio della guerra, migliaia di persone nel cadere tra le mani dei gruppi di militari, armati e quasi sempre giovani, sebbene non sempre sudati. Basta consultare storici al di sopra di ogni sospetto o – dato che ci interessa tanto il recupero della memoria – riprendere la testimonianza dei repubblicani e socialisti senza macchia che videro con orrore i crimini che venivano commessi a Madrid protetti dal collasso della legalità provocato dal sollevamento militare».
Muñoz Molina, in un esercizio di sanità mentale, non sopporta scherzi sulla violenza rivoluzionaria e ricorda poi quello che hanno fatto alcuni repubblicani per salvare, senza successo, delle vite. Conclude: «Almudena Grandes dice di volersi esiliare in Messico: quando leggiamo articoli come il suo e come tanti altri che, per un verso o per l’altro, sembrano impegnati a rivivere le peggiori intransigenze di altri tempi, sentiamo alcune persone sempre più estranee nel nostro Paese».
Estranei si sentono tutti coloro che percepiscono di essere privati della Transizione (NdR. dal franchismo al sistema democratico, 1975-1978). Si è sentito estraneo anche il socialista Joaquín Leguina, ex presidente della Comunità di Madrid, che la scorsa settimana ha difeso la targa di Madre Maravillas, riprendendo con ironia la decisione della Giunta del Congresso: notabili socialisti hanno avuto «tempo per dare uno scappellotto a José Bono per una gravissima deviazione ideologica scoperta nel presidente delle Corti: quella di accogliere una proposta del Pp su una targa commemorativa in onore di una monaca (Suor Maravillas) che, nata in una casa i cui terreni sono ora occupati dal Congresso, fu canonizzata da Giovanni Paolo II, elevandola così agli altari. Sembrerebbe dunque che il “nuovo” socialismo sia propenso a confondere il laicismo con l’anticlericalismo, cosa, quest’ultima, molto più importante.
Se le targhe commemorative devono servire per onorare le persone che raggiunsero in vita l’eccellenza nella loro opera, Suor Maravillas merita questa targa… è chiaro che non deve accadere che il “nuovo” socialismo consista nel riscrivere la Storia: si dedicheranno a togliere i nomi dei santi dalle strade e dalle piazze?»
Per fortuna, anche un altro socialista, Juan Alberto Belloch, sindaco di Saragozza, prende le distanze dalle direttive del suo partito. La direzione del Psoe ha usato la sentenza non definitiva della Castiglia e Leon che obbliga al ritiro di un crocefisso da una scuola di Valladolid per annunciare che intende togliere tutti i crocefissi dai luoghi pubblici della Spagna.
La Chunta Aragonesista (un partito di Aragona) ha utilizzato la sentenza per chiedere a Belloch il ritiro dei simboli religiosi dalla sala del Comune: «Non siamo stati sollecitati a farlo – ha risposto Belloch – in nessun momento, perciò non cambia niente finché non cambia il Sindaco o una sentenza non ci condanni a farlo, nel qual caso si ricorrerà fino all’ultima istanza possibile, fino al Tribunale Europeo se necessario».
Mentre cresce l’onda laicista compaiono nella sinistra politica e culturale alcune persone realmente laiche, che sostengono le verità comuni. Un autentico miracolo nel regno di Spagna, il regno dei fronti. Probabilmente il maggior contributo alla democrazia del regno sarebbe in questo momento favorire miracoli di questo tipo. Per questo bisogna uscire dalle trincee.