La grande offensiva dell’esercito iracheno contro la città di Tikrit, seconda roccaforte dell’Isis dopo Mosul, che sembrava dovesse dare una svolta alla guerra contro i miliziani islamisti, non ha ottenuto il successo sperato. I soldati iracheni si sono fermati: troppe perdite, i miliziani continuano a occupare il centro cittadino dimostrando di avere capacità militari sottovalutate. Secondo il generale Castagnetti intervistato da ilsussidiario.net tutto questo dimostra che la guerra contro lo Stato islamico sarà ancora molto lunga anche se, dice, non mancano i segnali positivi, primo fra tutti il cambiamento di atteggiamento da parte dell’amministrazione americana nei confronti del presidente siriano Assad. Anche se questo significa sostenere i tre peggiori nemici degli stessi Stati Uniti e cioè Iran, Hezbollah e Assad, gli unici che fino a oggi combattono contro Isis su terra. Per quanto riguarda invece l’intervento militare italiano in Libia, Castagnetti lo esclude categoricamente.
L’offensiva irachena contro Tikrit si è bloccata, che è successo secondo lei?
E’ successo che gli iracheni hanno trovato difficoltà che probabilmente avevano sottovalutato. I miliziani dell’Isis non si fanno scrupoli, combattono casa per casa, usano indiscriminatamente i kamikaze, non si preoccupano di colpire i civili. Tutte cose che gli iracheni non possono ovviamente fare. Combattere in una città come Tikrit non è facile per niente.
Qualcuno ha detto che gli iracheni non chiedendo l’appoggio della coalizione internazionale hanno peccato di presunzione.
Non sappiamo esattamente com’è la situazione sul campo. Le forze irachene ultimamente si sono riorganizzate, ci sono forze speciali iraniane e poi diverse milizie sciite. Bisogna poi capire che supporto forniscono gli americani.
A proposito di americani, è sempre da escludere un loro intervento di terra?
Personalmente tendo a non escludere mai niente, bisogna vedere come evolve la situazione. E’ una questione molto seria. Sappiamo però bene come la pensa Obama; ha messo fine all’intervento in Afghanistan quando probabilmente era invece meglio rimanerci ancora un po’.
La politica americana in Medio oriente si è dimostrata negli ultimi anni decisamente fallimentare, è d’accordo?
Certamente, basti pensare a quando gli americani volevano bombardare Assad. Adesso per fortuna hanno capito che devono stare dalla sua parte, che è il male minore. Adesso gli Usa si trovano davanti a una situazione che se non fossimo in un quadro altamente drammatico, farebbe ridere.
Quale?
I tre attori che combattono attualmente l’Isis sono ai primi posti delle entità terroristiche stimate dagli Usa: l’Iran, Assad e gli Hezbollah. Questi sono di fatto gli unici a combattere con gli uomini sul terreno contro l’Isis e Obama deve tenerseli amici.
Sembra di capire che questa guerra durerà ancora molto a lungo.
Sicuramente, però ci sono dei segnali positivi, ad esempio i cristiani che hanno iniziato a organizzarsi e a combattere con i curdi, l’Iraq che si sta rinforzando, l’Iran che darà maggiore supporto.
Quale potrebbe essere la strategia per ridurre i tempi di questa guerra?
Capire da dove l’Isis prende i soldi. Ha alcuni pozzi petroliferi, questo è vero, ha qualche ostaggio da cui ricava somme di denaro. Ma la strategia deve essere eliminare le sue fonti di supporto. Ad esempio le logistiche, chi gliele fornisce? Se si impediscono i rifornimenti l’Isis prima o poi è destinato a mollare.
Spostandoci sul versante libico, dove l’Isis è altrettanto pericoloso, nei giorni scorsi Renzi aveva detto che l’intervento militare italiano è urgente. Il capo di stato maggiore gen. Danilo Errico ha detto che il nostro esercito è pronto a intervenire. E’ davvero così?
Lui ha detto così perché i militari obbediscono tacendo. Scherzi a parte, l’intervento militare non è certo la strategia da usare. No, bisogna raggiungere un accordo tra la fazione che sta a Tobruk che poi è l’unico governo riconosciuto internazionalmente, e non si capisce perché non viene sostenuto in modo adeguato anche militarmente dalla comunità internazionale, e la fazione di Tripoli. Sono le due fazioni più importanti e con loro bisogna trovare un accordo. L’intervento militare è improponibile, significa combattere contro dei libici. Anche i combattenti dell’Isis, la stragrande maggioranza di loro, sono libici che hanno colto una opportunità fatta di soldi e interessi. Ma se si va là a combattere senza un minimo di accordo fra le due fazioni si fanno danni collaterali enormi.
Dunque, come ha detto il ministro Gentiloni, bisogna lasciar lavorare la diplomazia?
Certamente, occorre procedere in questo modo cercando di avere almeno una prospettiva futura di governo di unità nazionale. E’ l’unico percorso da seguire, o altrimenti mandare un esercito di 200mila uomini con tutte le conseguenze del caso, tenendo conto che i miliziani si sposterebbero prima verso la Tunisia, poi nel deserto. Insomma, qualcosa di lungo e sanguinoso.