Chiunque abbia iniziato a seguire da un po’ di tempo le tappe di avvicinamento alle Elezioni Usa 2016 sa bene che da Donald Trump è lecito aspettarsi di tutto. Il candidato dei Repubblicani alla Casa Bianca, come riferito dall’Abc, nel corso di un comizio tenuto mercoledì scorso a Sunrise, in Florida, ha infatti definito il presidente Obama “il fondatore dell’Isis”. Un’accusa molto grave da parte dell’imprenditore newyorchese, volta a sottolineare come la nascita dello Stato Islamico sia riconducibile all’atteggiamento tenuto da Obama in politica estera. Nel corso del suo intervento, Trump ha ribadito il concetto più volte e con grande enfasi, sottolineando come gli stessi miliziani del Califfato siano soliti onorare Obama:”L’Isis lo celebra, il presidente Obama. Lui è il fondatore dell’Isis. Lui è il fondatore dell’Isis, ok? È il fondatore. Ha fondato l’Isis. E direi che la cofondatrice è Hillary “la corrotta” Clinton”. In questo video fornito dalla MSNBC è possibile vedere il momento in cui Donald Trump accusa Obama e Clinton di aver fondato l’Isis, scatenando la reazione del pubblico repubblicano (clicca qui per vederlo).
Ma su quale fondamento poggiano le dichiarazioni di Trump? Per quale motivo il presidente Obama, che da diverso tempo sta bombardando l’Isis in Iraq e da qualche giorno ha autorizzato nuovi raid in Libia, si è sentito rivolgere queste accuse. Tutto ha inizio nel 2011. Sono i giorni dello scoppio della crisi libica: il rais Gheddafi sta cercando di contenere la rivolta di un popolo infatuato dalla cosiddetta primavera araba e minaccia di “uccidere come topi” la popolazione di Bengasi. A questo punto l’amministrazione Obama si divide: il presidente Usa vorrebbe evitare un intervento, consapevole che del disimpegno militare statunitense ha fatto una bandiera e che la questione libica, per quanto tragica, rappresenti un problema più per l’Europa, che per gli Usa. Il pensiero che di fronte ad una situazione di emergenza siano gli Stati Uniti a dover intervenire però, è ormai diventato d’uso comune. Dopo un incontro tenutosi a Parigi con l’allora capo dell’opposizione libica a Gheddafi, Mahmoud Jibril, l’ex segretario di Stato Hillary Clinton, oggi candidata del partito Democratico alla Casa Bianca, diede ad Obama tutte le motivazioni per cui intervenire fosse necessario. A rivendicare un ruolo di primo piano nell’operazione furono i francesi, con il presidente Sarkozy intento a disegnare per sé un ruolo da leader al quale la storia non avrebbe poi dato seguito. Il progressivo disimpegno della Francia e della Gran Bretagna nella gestione della Libia dopo l’uccisione di Gheddafi, fanno del paese nordafricano quello che in privato Barack Obama, secondo Jeoffrey Goldberg di “Atlantic”, definisce ancora oggi un “c***o di casino”.
Ritornando alle accuse di Trump nel comizio in Florida, sono in tanti a credere che lo Stato Islamico abbia grandemente beneficiato dalla situazione di caos generata dalla deposizione di Gheddafi. Lo stesso Obama, nel corso di un’intervista rilasciata a Chris Wallace della Fox, un canale conservatore molto critico nei suoi confronti, alla domanda su quale fosse stato il suo errore più grande negli 8 anni di presidenza, rispose così:”Probabilmente l’aver fallito nel progettare cosa fare il giorno dopo la fine dell’intervento in Libia, anche se intervenire era la cosa giusta da fare”. Nessuno, nemmeno quella Hillary Clinton che tanto si era spesa per un intervento risolutivo degli Stati Uniti in Libia, si spinse infatti ad immaginare il disastro che un intervento esterno avrebbe comportato nella stabilità dell’intera regione.
Per chiarire il ruolo dell’Isis in Libia, durante il dialogo con Goldberg di “Atlantic”, come riferito da Il Post, Obama prese in prestito una scena molto famosa del film “Il Cavaliere Oscuro”, il secondo capitolo di Batman:”C’è una scena all’inizio in cui i capi delle gang di Gotham si stanno incontrando. Sono gli uomini che hanno diviso la città. Sono criminali ma hanno creato un certo tipo di ordine. Ciascuno controlla il suo territorio. Poi arriva Joker e infiamma l’intera città. L’ISIS è Joker. Ha la capacità di infiammare l’intera regione. Questo è il motivo per cui dobbiamo combatterlo”. L’incendio creato dall’Isis però è divampato oltre le aspettative, estendendosi ben oltre il Nord Africa e il Medio Oriente. Secondo le ricostruzioni successive all’intervento in Libia, Obama si fece convincere in particolare da Hillary Clinton ad autorizzare l’operazione per sollevare Gheddafi. All’epoca nemmeno il parere di Joe Biden, l’esperto vicepresidente con una visione molto più cauta in fatto di politica estera della Clinton, riuscì a dissuadere Obama dall’intervenire. Biden, come riporta Newsweek, privatamente disse:”A Hillary interessa soltanto essere come Golda Meir”, l’ex primo ministro di Israele accomunata alla “lady di ferro” britannica Margaret Tatcher per il suo carattere risoluto. E dire che fu la stessa Clinton, oggi sostenuta a spada tratta da Obama, a criticare pubblicamente l’incertezza di Washington nel mancato sostegno ai ribelli che nel 2012 cercarono di sollevare Bashar al-Assad in Siria. Come riportato da Il Secolo XIX, Hillary dichiarò che non aver creato “una credibile forza da combattimento fra coloro che si sono opposti al presidente siriano Bashar al-Assad ha lasciato un vuoto che ora i jihadisti hanno riempito”. A nulla valsero gli appelli dello schieramento Repubblicano a valutare un intervento più deciso nelle zone di guerra.
Anche l’ex candidato alla presidenza John McCain provò a mettere in guardia Obama rispetto all’Isis:”Ci vogliono distruggere. Si stanno rafforzando”. Ma la storia ci insegna che le cose andarono diversamente. L’Isis fu rapida ad approfittare dell’incertezza degli Usa e dell’Europa, trovando terreno fertile per la sua espansione in Nord Africa e in Medio Oriente. Nonostante ciò, le misure avallate da Obama per arrestare l’Isis, secondo il Pentagono hanno portato all’uccisione di 45mila jihadisti negli ultimi due anni in Iraq e in Siria. Questi numeri evidentemente non bastano a ritenere estinto il pericolo rappresentato dalle milizie del Califfato, né a convincere Donald Trump che Obama non sia “il fondatore dell’Isis”. Per questo motivo, come riferisce l’Abc, parlando dell’attuale inquilino della Casa Bianca, Trump si rivolge a lui chiamandolo “Barack Hussein Obama”, cercando di mettere in risalto il secondo nome del Presidente per alimentare le teorie del complotto secondo cui Obama sarebbe segretamente musulmano. Nella sua invettiva, Trump mette nel mirino tanto Obama quanto Clinton, sebbene tra i due, come abbiamo ricordato finora, le visioni sulla linea da tenere per arrestare l’Isis siano state spesso discordanti.
Alla sua rivale per le Elezioni Usa 2016, Trump imputa di non voler chiamare l’Isis con il suo vero nome:”Terrorismo Islamico Radicale”. L’imprenditore newyorchese sostiene che la Clinton non abbia il coraggio di farlo perché non vuole “offendere Obama”, poiché questo potrebbe “crearle dei problemi”. Ma è evidente che il motivo sia un altro: Clinton e Obama hanno già dimostrato di non temersi a vicenda quando erano in contrasto, ma alla fine sono sempre tornati a collaborare. Per quanto le loro posizioni non fossero sempre concilianti, non v’è certezza che una ricetta più di un’altra avrebbe scongiurato l’espansione dell’Isis. Ma allo stesso modo è la storia a stabilire che l’intervento in Libia ha accelerato la crescita del Califfato. A Trump interessa questo: le sfumature non sono facili da comunicare ad un elettorato impaurito e arrabbiato come quello americano. Per questo fa comodo dire che “Obama è il fondatore dell’Isis, ok?”.
(Dario D’Angelo)