La crisi della Grecia ha messo in disparte sui media l’altra grande crisi europea, quella dell’Ucraina. E’ quanto, con toni molto netti, ha rilevato il primo ministro ucraino Arseni Yatseniuk in un’intervista al Financial Times lo scorso lunedì, in occasione della sua visita a Washington. Secondo Yatseniuk, l’attenzione del mondo è stata monopolizzata dalla crisi greca, da lui definita un “disastro politico”, che sta assorbendo le risorse finanziarie dell’Unione europea, proprio mentre il suo Paese deve affrontare “i carri armati russi sul proprio territorio” e ha ancor più bisogno di aiuti finanziari.
Il premier ucraino ha continuato citando i 25 miliardi di dollari promessi da Fmi, Banca Mondiale e altri, dopo che l’Ucraina ha perso il 20% della sua economia, mentre “i nostri amici greci” con una popolazione di quattro volte inferiore di quella ucraina “hanno già avuto 300 miliardi. E hanno bisogno di altri 60/80?“
La forte reazione di Yatseniuk dipende dal fatto che la supposta soluzione della crisi greca sta causando problemi al suo governo, con una parte del Parlamento che vorrebbe rallentare le riforme richieste dall’estero. Cosa che ha provocato un intervento del Fmi, con l’invito a non rinunciare alle riforme per vantaggi di breve durata. Secondo Yatseniuk, l’accordo sulla Grecia finirà per disincentivare altri governi dal fare dure riforme.
Le dichiarazioni del premier ucraino sottolineano un’altra grave sconfitta per l’Unione europea e addossano a Bruxelles una responsabilità che trascende gli aspetti strettamente economici. Gli ucraini radunati sul Majdan per ottenere una maggiore democrazia nel loro Paese erano anche spinti dalle promesse dell’Europa, di una Ue presentata più o meno come un Eldorado rispetto alla stretta soffocante della Russia.
L’Ucraina si trova invece con una tragica guerra in casa, con già più di 6500 morti, e una economia al collasso. Il Fmi si comporta come suo solito, chiedendo le altrettanto solite riforme e Bruxelles continua a produrre belle parole, ma pochi soldi, come risulta dal comunicato che ieri ha chiuso il primo incontro della Commissione per l’associazione dell’Ucraina all’Ue.
La Commissione, nel riaffermare l’impegno dell’Ue per una soluzione pacifica del conflitto, richiama il suo impegno al sostegno finanziario dell’Ucraina, che definisce di livello straordinario, sottolineando i 6 miliardi di euro predisposti dalla primavera del 2014. Evidentemente, gli ucraini non considerano così “straordinario” l’impegno europeo e si rivolgono altrove.
In occasione della visita di Yatseniuk si è tenuto un Business Forum tra Ucraina e Stati Uniti per invitare gli imprenditori americani a investire in Ucraina. O meglio, nella nuova Ucraina, come si dice in una lettera aperta apparsa su Forbes e firmata da cinque membri dell’esecutivo ucraino, tra cui la responsabile delle Finanze Natalie Jaresko, e il Ceo di Naftogaz, l’ente statale per il gas.
I sei firmatari precisano innanzitutto di non essere politici di professione, ma di venire da settori privati dell’industria e della finanza, dove hanno abbandonato carriere di successo per aiutare la costruzione di questa nuova Ucraina. Una visione del Paese che vogliono comunicare alla business community Usa (chissà se vi sarà una lettera anche per l’Ue).
Uno dei punti principali della lettera è la lotta alla corruzione, tuttora uno dei principali mali dell’Ucraina. A questo proposito si citano i 3000 casi giudiziari iniziati dal nuovo Procuratore generale e gli interventi sulla polizia del traffico di Kiev, completamente rinnovata sotto la guida di istruttori Usa.
La lotta alla corruzione coinvolge anche il fondamentale settore energetico e qui si evidenzia come nel primo semestre 2015 due terzi delle importazioni siano arrivate dall’Ue e solo un terzo dalla Russia. Ciò fa sorgere qualche domanda, dato che l’Ue è importatrice, non esportatrice di gas. Inoltre, la Naftogaz ha interrotto le trattative con la Gazprom per il rinnovo del contratto di importazione, contemporaneamente all’annuncio dell’accordo tra Gazprom e Germania per il raddoppio del Nord Stream. Sarebbe bizzarro se l’Ucraina si trovasse a importare gas russo non direttamente, ma attraverso la Germania.
Un altro punto importante è l’intenzione di combattere il sistema degli oligarchi e i foschi intrecci tra politica e affari che ne derivano.
I firmatari concludono ribadendo l’impegno a fare del loro Paese un posto migliore in cui vivere per gli ucraini e i cui investire per gli imprenditori Usa: “Il successo dell’Ucraina è un successo cui tutti possono prendere parte.“
Yatseniuk si è recato anche in Canada, dove ha firmato un accordo di libero scambio molto favorevole all’Ucraina. Stephen Harper, il primo ministro canadese, è un forte oppositore dell’intervento russo in Ucraina, anche se le dimensioni dell’aiuto canadese sono oggettivamente limitate.
E’ difficile dire se gli incontri statunitensi e canadesi riusciranno a compensare la delusione di Yatseniuk verso la Ue, soprattutto di fronte all’aggravarsi della situazione interna ucraina. A giugno si era svolta una manifestazione nelle zone occupate dai separatisti filorussi per chiedere la fine dalle ostilità, ma questo timido segnale positivo è stato abbondantemente annullato dagli scontri che mercoledì hanno causato otto morti tra i soldati governativi e tre tra i ribelli.
Una nuova grave minaccia viene dagli scontri di sabato tra polizia e miliziani di destra di Pravi Sektor a Mukacevo, nella parte occidentale del Paese, con tre morti e diversi feriti. Martedì ci sono stati poi due attentati a stazioni di polizia a Lviv, che il ministro degli Interni ha collegato ai precedenti scontri.
Pravi Sektor, come altri raggruppamenti di destra, ha armato proprie milizie che combattono a fianco dell’esercito regolare contro i separatisti nell’est dell’Ucraina. L’apertura di un nuovo fronte interno renderebbe la situazione ingovernabile per Kiev.
Uno sprazzo di speranza viene dalle dichiarazioni di Obama sull’accordo con l’Iran, dove ha riconosciuto il ruolo positivo esercitato dalla Russia di Putin e la possibilità di una distensione nei rapporti. Il riferimento immediato è la Siria, ma potrebbe essere una buona notizia, sia pure in nuce, anche per l’Ucraina.