Donald Trump ha pronunciato, nei giorni scorsi partecipando a un incontro pubblico, parole che hanno espresso la piena soddisfazione per i rapporti in corso con la Cina: “Il presidente Xi mi ha detto di apprezzare che gli Usa stiano lavorando per risolvere il problema Corea del Nord diplomaticamente piuttosto che con una alternativa nefasta. La Cina continua a essere collaborativa!”. Per Francesco Sisci, editorialista del quotidiano Asia Times, al momento, ancor più del prossimo incontro tra il presidente americano e il dittatore nordcoreano, questa è la notizia più importante: “Fino a un anno fa si temeva che Pechino e Washington potessero arrivare a un conflitto quanto meno nelle relazioni, viste le frizioni e le divisioni sulla questione nordcoreana. Adesso invece il risultato è doppio: dialogo con Kim Jong-un e collaborazione fra Cina e Stati Uniti”.
Trump ha sottolineato la collaborazione in corso fra Usa e Cina sulla questione nordcoreana. Che cosa significa, c’è una svolta in atto tra i due paesi?
Dopo i primi dubbi, in qualche modo legittimi, adesso appare più chiaro che c’è stata un’azione congiunta tra Cina e Usa. Pare che entrambi i presidenti si siano mossi in prima persona. Di fatto, si sono trovati d’accordo facendo pressioni coordinate su Pyongyang con l’appoggio anche della Corea del Sud.
Una sorta di “trilaterale del consenso”?
La Corea del Nord ha sempre giocato di sponda, cercando di infilarsi negli spazi che non coincidono fra le tre nazioni.
Si può dire che la pressione cinese, visto il sostegno che Pechino ha sempre garantito a Pyongyang, sia stata la più significativa?
E’ vero che le pressioni cinesi sono maggiori, ma se non ci fosse stato un allineamento fra i tre paesi non saremmo arrivati al dialogo. Un allineamento che ha tolto alla Corea del Nord quegli spazi di cui approfittava. Questo, al momento, è il risultato più importante, perché gioca su due fronti. Si è taciuto nel costringere la Nord Corea a una trattativa e, dall’altro, dopo un anno di tensioni crescenti, arriva una cooperazione positiva tra Cina e Stati Uniti. Il risultato è doppio.
Senza questa “triplice alleanza” non si sarebbe giunti al dialogo con Kim Jong-un?
Non solo, va detto che quanto si è raggiunto è importante per quanto riguarda la Corea del Nord, ma dietro a questo scenario si giocava una partita ben più pericolosa, quella tra Cina e Usa. Dunque, se la Corea del Nord aiuta a mettere insieme le due superpotenze, il risultato è importantissimo.
Si sta aprendo, però, una crisi profonda legata alla questione dei dazi sulle importazioni che Trump vuole imporre alla Cina e non solo. Questa collaborazione potrà continuare?
Il rapporto fra i due paesi è molto complesso, ci sono tantissimi elementi: la questione commerciale, il sostegno politico a Taiwan, il Pakistan. I fronti aperti sono enormi, ma da qualcosa bisogna sempre cominciare. Ora però finalmente c’è un dato positivo, il che non vuol dire che da oggi è primavera. Per ora registriamo un dato positivo, ma i passi sono ancora molti e lunghi.
Secondo fonti della Bbc, le Nazioni Unite vogliono che durante l’incontro tra Kim Jong-un e Trump si discuta anche di diritti umani. Non si rischia così di mandare ancora tutto all’aria?
Direi proprio di sì. Le questioni che riguardano la Nord Corea, anche in questo campo, sono molte. Il modo per mandare tutto all’aria è cercare di risolvere tutto in un giorno, sarebbe folle. Già a metà anni Duemila si stava arrivando a un accordo, poi il Giappone sollevò la questione dei giapponesi rapiti, persone di cui non si sapeva più nulla, e tutto andò a monte. Ci sono mille dossier aperti, se li vogliamo risolvere tutti insieme non ne risolviamo nessuno.
Quali passi prevede dopo questo primo incontro?
Il primo passo è una moratoria, uno stop ai test nucleari: prendere un po’ di fiato in questa situazione è già un risultato. Se si riesce, il secondo passo sarebbe un disarmo nucleare della penisola, obiettivo molto più complicato, però importante, perché il Giappone si sente minacciato. Ma adesso già una moratoria è un successo.
Il ruolo della Corea del Sud in questo scenario?
Ha avuto un ruolo molto positivo, perché è tornata a fare da ponte fra Cina e Stati Uniti. I cattivi rapporti fra Pechino e Seul sono stati quelli che hanno complicato la situazione. Adesso sembra che anche qui si stia ricominciando a trovare un’intesa.