Pubblichiamo la risposta di Claudio Morpurgo alla lettera con cui Tommaso Saltini, da Gerusalemme, esprimeva le proprie perplessità su quanto sostenuto da Morpurgo in un precedente articolo pubblicato su ilsussidiario.net, relativo ai fatti di Gaza.
Di seguito alla risposta di Morprugo, pubblichiamo un nuovo intervento di Saltini.
La risposta di Claudio Morpurgo
Ho letto con partecipazione e coinvolgimento il commento di Tommaso Saltini al mio articolo sull’attuale situazione nella Striscia di Gaza.
Condivido la sua analisi circa la complessità della situazione, la impossibilità della sintesi di sessant’anni di conflitto, la consapevolezza che errori sono ascrivibili a tutte le parti in campo. Il mio obiettivo non era quello della semplificazione e della banalizzazione. La mia storia personale, il mio impegno per il dialogo tra le diversità (religiose, culturali, politiche) ne sono la dimostrazione, al di là di ogni dubbio.
So inoltre bene come la radice ebraica di “shalom” (pace) in ebraico sia “leshalem”, che vuol dire “completo”. Non è possibile una pace che non sia “completa”, che non sia condivisa tra tutti. La pace non accetta una prospettiva esclusivista ma per sua natura include ogni uomo ed è il risultato di una comune responsabilizzazione.
Detto questo, però, non può non essere rilevato – e mi ha colpito che sul punto Saltini abbia totalmente taciuto – che Hamas rappresenta una variabile inaccettabile, un movimento integralista che deve essere combattuto, emarginato, sotto ogni profilo. Hamas è un nemico incondizionato della pace, dei valori occidentali. È nemico anche del Governo di Abu Mazen e di Fayad, oltre che dei regimi arabi moderati. Trova sostegni solo in Iran e nei Paesi arabi più estremisti. La minaccia islamista non offende solo Israele, ma tutti noi. Con Hamas forte e legittimato, nessuna pace potrà essere costruita e le stesse parole, da Saltini ricordate, di Benedetto XVI e di Padre Pizzaballa rimarranno dei sogni.
Sarò «disumano», come Saltini sostiene, ma questa verità non può essere ignorata.
Claudio Morpurgo
Il nuovo contributo di Tommaso Saltini
Continuando il dibattito intrapreso con Claudio Morpurgo su ilsussidiario.net, desidero offrire un mio nuovo contributo più che entrare in una dialettica, nella speranza di potersi presto incontrare, magari qui a Gerusalemme.
Premetto che desidero rivolgermi soprattutto ad Israele, per la stima che ho per il popolo ebraico e per questa nazione. Israele è la società più matura quindi più chiamata a vivere una responsabilità compiuta verso l’altro, il diverso. Israele è l’unico stato esistente, è il soggetto che ha il controllo completo del territorio, militarmente forte, sostenuto dall’occidente e che può, che deve cercare soluzioni creative perché si realizzi una pace duratura. «La pace non può nascere senza la giustizia e il perdono. La parola pace in ebraico ha la stessa radice del verbo integrare, completare, pagare. La pace presuppone dunque pienezza, integrità, riconoscimento di ciò che è dovuto all’altro. Dobbiamo pregare perché, come indicato da Benedetto XVI, i diritti umani vengano riconosciuti in Terra Santa. Solo in questo modo, restituendo a ciascuno ciò che gli compete, potrà sbocciare la vera pace», ha detto Pierbattista Pizzaballa
La situazione del mondo palestinese è disastrosa. È un popolo che non ha quasi mai avuto leader responsabili che abbiano gratuitamente amato e onestamente servito la propria gente. È un mondo diviso, tribale e fortemente istintivo. Divisione provocata anche in parte dal lungo conflitto che ha quasi azzerato la possibilità di mobilità e comunicazione al proprio interno. La Palestina ad oggi non esiste, non esistono regole, strutture, forze militari sotto controllo governativo.
La minaccia islamica è vera. Esiste un mondo guidato dall’odio e dal fanatismo. Va combattuto, certamente, ma non così, non con questi metodi, non con gratuite umiliazioni inflitte ad un’intera popolazione, senza distinzioni di sesso, età, religione. Non mi riferisco esclusivamente alla guerra e al dramma di questi giorni, ma a metodi perseguiti con durezza e calcolo ormai da molti anni. Per combattere una guerra contro il terrorismo Israele non si può concepire da sola, deve dialogare, ed ascoltare in modo più convinto la comunità internazionale e i numerosi paesi occidentali che desiderano assicurarne una lunga esistenza.
Un approccio diverso è estremamente necessario per il popolo israeliano. Il male (guerra, morte, distruzione), anche se si è convinti di farlo per una causa giusta, consuma e logora pesantemente soprattutto le nuove generazioni. Molti giovani terminano i tre anni di servizio militare fortemente provati, e molti sono affetti da forme di insofferenza e fragilità. Mi pare di percepire nella società israeliana grande sconforto, e grandi lacerazioni. C’è un’“ombra” di intolleranza nei confronti di ciò che è diverso, soprattutto da parte di alcune sacche della popolazione: penso al mondo provocatorio dei coloni, al controverso mondo dei religiosi ortodossi (spesso contrari all’esistenza dello stesso Israele), all’aggressivo mondo delle comunità provenienti dalla Russia e dall’Est Europa. Tutti gruppi spesso fortemente incapaci a riconoscere ed accettare di convivere con il mondo arabo israeliano e palestinese. Sono tutti mondi che vanno combattuti, arginati, con più determinatezza e che non possono, per il bene ed il futuro della società israeliana, prendere il sopravvento.
Le parole del Papa e di molti leader religiosi cristiani non sono solo parole sagge. Sono parole che indicano un metodo, suggeriscono un approccio diverso che i politici di entrambi gli schieramenti, veri responsabili di questa situazione, farebbero bene ad ascoltare anche se appartenenti ad altre religioni. Occorre diventare più consapevoli che qui siamo chiamati a vivere assieme, in molti popoli, genti di tante culture e religioni. Occorre fermarsi nelle provocazioni e nell’uso della violenza e dare più credito a chi dall’esterno con autorevolezza prova ad offrire un contributo.
Questa guerra e questo approccio al conflitto fatto di muri e contrapposizioni che affliggono intere popolazioni e tanti “giusti”, può solo deteriorare le relazioni tra i contendenti e delle parti al proprio interno. Serve fermarsi e cercare soluzioni nuove. Serve ripartire con un approccio completamente diverso. Un approccio magari fatto di dolorose rinunce, libere concessioni, apertura alla comunità internazionale ma un approccio che possa veramente costruire la pace duratura, tanto sperata dalla maggioranza della popolazione e del mondo intero.
Tommaso Saltini