Come migliorare rapidamente il funzionamento delle istituzioni europee? Come sempre, non sono le proposte che mancano. Sono tutte ambiziose, pur non esitando a contestare alcuni dei fondamenti dell’azione dell’Unione, le sue politiche o i suoi processi.
Questo contributo vuole essere più concreto: cosa si può migliorare nel funzionamento delle istituzioni comuni, nei trattati, attraverso misure rapide in grado di rispondere in modo significativo alle molteplici e diverse aspettative che si esprimono ormai pubblicamente contro “Bruxelles”, appellativo diventato ormai dispregiativo, conveniente e confuso?
È necessario solamente l’impegno personale del futuro Presidente della Commissione, del nuovo Parlamento per quello che gli compete, e degli Stati membri per il Consiglio. Il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, alla ricerca di una ripresa, potrà dare, conformemente alla sua missione, un segnale e disegnare delle prospettive.
Prima di considerare anche le modifiche dei trattati, come il consolidamento della zona euro o il ritorno di alcune competenze agli Stati membri, c’è molto da fare per migliorare il funzionamento delle istituzioni comuni. I risultati delle elezioni europee del 22-25 maggio 2014 richiedono ormai una forte risposta politica. L’agenda europea ci è favorevole, a patto che i suoi attori siano consapevoli di una necessità, che può essere riassunta in tre parole: efficienza, competenza e legittimità.
Le istituzioni europee sono state ampiamente sovradimensionate in rapporto alle loro competenze reali, limitate dai trattati: peccano alle volte di ambizione e suscitano quindi spesso delusione. Adesso è il tempo della ragione che indica di seguire una sola priorità: il rilancio della crescita in Europa e la mobilitazione di tutti i mezzi comuni per il raggiungimento di questo obiettivo. Questo richiede probabilmente una nuova modestia di fronte alla molteplicità dei compiti ai quali devono far fronte gli organi dell’Unione.
Nella loro volontà di assumere missioni sempre più numerose, senza che siano stati dati loro i mezzi per farlo, a volte sono bloccate in lotte interistituzionali o in guerre interne, che si traducono in una politica di comunicazione che privilegia il dialogo tra le istituzioni a scapito del sostegno dei cittadini.
Le critiche alla “bolla di Bruxelles” devono essere prese in considerazione. Un linguaggio comune, spesso oscuro, questioni di potere, spesso privilegiate, esito di un minimo comune denominatore europeo che isolano le istituzioni dai cittadini. Questa constatazione vale per la Commissione, per il Parlamento e per il Consiglio.
Oggi l’Unione legifera troppo e troppo nel dettaglio. Il regolamento comunitario non è né l’alfa, né l’omega dell’economia sociale di mercato. La convinzione secondo la quale maggiori norme per la regolamentazione dell’Unione siano positive per il progetto europeo deve essere messa in discussione. Se la priorità dell’Ue è il ritorno a una crescita solida e sostenibile, ovvero la creazione di una situazione di sostenibilità sociale nel territorio europeo e il soddisfacimento dei bisogni degli attori economici, dovrebbe essere favorita rispetto all’elaborazione di nuove norme che si aggiungerebbero alle leggi nazionali e peserebbero sull’economia.
Le principali questioni ambientali, etiche e le prospettive future richiedono sicuramente nuove regole comuni. La situazione europea potrebbe richiedere una sospensione regolamentare fin tanto che l’articolazione con le legislazioni nazionali, non sia avanzata. Il Parlamento cerca di guadagnare la sua autonomia politica. In questa fase si moltiplicano le iniziative legislative, senza realmente considerare che la semplificazione della legislazione europea è indispensabile per essere comprensibile da tutti.
Il Parlamento europeo dovrebbe evitare di disperdere i suoi sforzi e di pronunciarsi su argomenti che non rientrano nella sua giurisdizione. Il numero astronomico di risoluzioni e prese di posizione politiche senza valore legale, che in alcuni casi provocano danni agli obiettivi dell’Unione, riflette la necessità di limitarsi. Il peso politico del Parlamento deve estendere l’azione delle altre istituzioni, favorire discussioni al loro interno, non complicare situazioni già difficili. Concentrarsi sull’essenziale sembra debba essere ricordato all’unica istituzione eletta a suffragio universale.
Tutti gli attori dell’Unione devono essere ispirati dal principio di sussidiarietà, corollario del principio di responsabilità che vuole che il potere risponda ai bisogni più vicini. L’Unione non deve riprodurre un potere verticale; è “l’orizzontalità” sistematica che deve promuovere la cooperazione e l’efficienza.
L’Unione deve imparare a dare priorità ai suoi cittadini, alle aziende e ai governi.
Il principio di preferenza deve essere incardinato in tutte le istituzioni per dimostrare concretamente che gli europei possano percepire veramente un sentimento di appartenenza. Il Parlamento europeo è l’istituzione che meglio potrebbe rafforzare l’autonomia dell’Unione.
Alcune misure concrete potrebbero contribuire a stimolare il comportamento autonomo degli attori europei che porterebbe sicuramente a rafforzare l’Unione: privilegiare il contributo europeo all’informazione, anche in riferimento a decisioni che comportino risorse esterne, piuttosto che fare ricorso ad apporti provenienti da paesi terzi. È urgente che l’Unione si focalizzi sulla sua ricchezza culturale, linguistica, intellettuale e sul funzionamento quotidiano dei suoi organi. Ha la capacità di rappresentare la potenza economica e commerciale del pianeta e deve comprenderne l’importanza simbolica per i suoi cittadini.
La priorità del Trattato di Lisbona era rafforzare il peso e la presenza dell’Unione nel mondo. Molti progressi sono stati compiuti, ma molto resta ancora da fare. I principali centri di risanamento di competenza della Commissione dovrebbero essere l’occasione per affrontare la difficile articolazione del ruolo dell’Alto Rappresentante tra le sue mansioni al servizio di una diplomazia europea e le sue funzioni di Vice-Presidente della Commissione. La Commissione può sicuramente beneficiare del suo inserimento all’interno del Servizio europeo per l’azione esterna. L’Alto rappresentante dovrà intervenire sulla definizione ed esecuzione di tutte le politiche dell’Unione legate agli Affari esteri e alle risorse ad essa allocate (quasi 12 miliardi di euro ogni anno). Questo probabilmente richiederà una revisione del regolamento finanziario dell’Unione e l’introduzione di nuove modalità di funzionamento.
La gestione del personale europeo impegnato all’estero, i crediti spesi per gli aiuti allo sviluppo, gli aiuti umanitari,’l’adesione e pre-adesione all’Unione, non possono essere scisse dalla politica estera comune. A tale proposito è necessaria una missione specifica all’interno della Commissione che oggi è criticabile sotto diversi aspetti: pesantezza, lentezza, tecnocrazia, inadeguatezza ai bisogni, alti costi.
Le missioni civili dell’Unione dovrebbero essere gestite nell’ambito di un’unica procedura che consenta alle delegazioni una maggiore responsabilità e autonomia sul campo. La gestione delle spese sostanziali esterne dell’Unione dovrà essere coerente con le strategie definite dai Capi di Stato e di Governo e affidata all’Alto Rappresentante. Un migliore coordinamento tra il servizio diplomatico comune (Seae) e la Commissione dovrebbe consentire il ravvicinamento delle politiche estere degli Stati membri.
Le politiche dell’Unione europea hanno già conosciuto delle importanti evoluzioni e le istituzioni europee hanno dovuto adattarsi velocemente. Il contesto all’interno del quale devono agire continua a essere mutevole. Le istituzioni pubbliche, sempre più sollecitate, hanno visto cambiare la loro missione e crescere i loro compiti. Devono pertanto riformare e modificare le loro pratiche e procedure. Il 2014 offre loro il momento giusto per un nuovo inizio con il rinnovo delle loro principali responsabilità.
Il nuovo presidente della Commissione europea giocherà in questo senso un ruolo importante e il Consiglio e il Parlamento europeo possono contribuirvi notevolmente. Quest’anno segnerà una svolta importante per l’amministrazione comunitaria che avrà l’occasione unica di dimostrare tutto il suo vigore e la sua efficienza, contribuendo a restaurare la fiducia in Europa.