Il sospiro di sollievo per la liberazione e il ritorno a casa di Domenico Quirico, dopo cinque mesi. Anzi diciamo pure la felicità, la fine di un incubo per quello che l’inviato de “la Stampa” poteva correre nell’inferno attuale della Siria. E che cosa dice sostanzialmente Domenico Quirico con grande lucidità, nonostante l’esperienza che ha subito in questi mesi? Certo, ricorda i momenti che ha passato, tutto quello che è riuscito a sapere e a intuire. Puntualizza la possibilità di chi ha usato o meno il gas nervino. Ma il vero succo della dichiarazione sta in questa frase: “Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può darsi che questa mi abbia tradito. Questa non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa”. In sostanza la rivoluzione contro Assad si è trasformata in un gioco al massacro che lascia spazio al fondamentalismo islamico.
Toni Capuozzo è anche lui uno dei più bravi e coraggiosi inviati di guerra. Ed è d’accordo con l’analisi di Quirico. Spiega Capuozzo: “In una puntata del settimanale “Terra” avevamo dato uno sguardo approfondito alla Siria di Assad, alla situazione che si sta vivendo e a quella che sta maturando in prospettiva. Avevamo ascoltato una parte dei ribelli, quelli che fanno parte della rivolta popolare, contro il regime e qualche rappresentante del regime stesso. Si comprendeva che ormai la Siria stava diventando un territorio frammentato, dove si sta facendo largo una partita esplosiva sotto la bandiera del fondamentalismo islamico. Chi rappresenta un autentico “vaso di coccio” in quella situazione sono i cristiani, quelli che stanno maggiormente soffrendo. Ci sono anche cristiani che hanno aderito alla rivolta popolare contro il regime, ci sono quelli che cercano una dialogo. E’ una realtà che – come spesso accade – è davvero difficile, se non impossibile, ricondurre a un semplice schema”.
Anche in Siria c’è stata in passato una tolleranza verso i cristiani.
Non si deve dimenticare che in Siria, come in Iraq, è maturata l’esperienza del partito “Baath”, una sorta di socialismo arabo, con tratti laici. Ad esempio in Iraq si ricorda la presenza di un cristiano come Tarek Aziz nel governo di Saddam Hussein. Ora questo tipo di cuscinetto è scomparso e i cristiani, oltre che a essere presi di mira, sono anche mal tollerati dalla parte di quelli che si sono ribellati al regime. Quindi la loro situazione diventa estremamente difficile.
Ed è paradossale pensando alla visita di Giovanni Paolo II, nel maggio del 2001, quando in visita a Damasco entrò anche nella Moschea degli Ommayadi.
Certo, tutti ricordano quel momento storico. Oggi si assiste a ben altro clima verso i cristiani. Ora si stanno giocando altre partite e non vedo possibili vie d’uscita in una simile situazione.
Quale sbocco realistico ci può essere per la Siria?
Io non vedo nessuno sbocco possibile, con il rischio di una frammentazione permanente, endemica. con la possibilità che ogni territorio viva sotto un capo diverso, sotto un regime differente influenzato da altri. E’ il dramma feroce della guerra civile e di una zona che è un’autentica polveriera per il ruolo che giocano alcuni Stati della regione con la loro influenza. Penso all’Arabia Saudita, ad esempio, la stessa che è contro i Fratelli Musulmani in Egitto e in questo caso, per contrapporsi all’Iran, gioca un’altra partita. E poi penso alla scarsa capacità di intervento dell’Occidente.
Quale può essere in un momento come questo la soluzione più ragionevole, più sensata?
Credo che sia la posizione espressa dal Cardinale Leonardo Sandri, il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Che cosa ha detto Sandri? “Non c’è giorno che non si riesca a capire quale sia la forza che porta a questo disastro, non c’è giorno che non si riesca a capire perché non ci sia la possibilità di un immediato cessate il fuoco”. Un cessate il fuoco sembra veramente la strada ragionevole e realizzabile. Riassume la posizione espressa dallo stesso Papa Francesco.
Invece ci si trova di fronte alla contrapposta posizione di Obama e di Putin emersa drammaticamente al G20 di San Pietroburgo.
Ma se ci si pensa, il cessate il fuoco potrebbe consentire una via d’uscita anche a questa contrapposizione. Del resto, di fronte alla situazione siriana, a quello che emerge anche dalla dichiarazione di Quirico, quale altra via possibile sarebbe percorribile? Con il cessate il fuoco si potrebbe poi ricorrere a una missione internazionale, agli ispettori dell’Onu, insomma a una soluzione che per lo meno cominci a fermare questa tragedia carica di incognite per il futuro.
(Gianluigi Da Rold)