Impressionante escalation del conflitto in Siria tra fedeli al regime e ribelli. Nelle ultime ore quest’ultimi sono riusciti a portare gli scontri all’interno della capitale Damasco e a uccidere in un attentato, proprio all’interno di uno degli edifici più sicuri della capitale, il ministro della Difesa siriano, generale Dawood Rajha e il suo vice, Asif Shawkat,capo dei servizi segreti militari e cognato del presidente siriano Bashar al-Assad. Secondo l’esperto in strategia militare e in geopolitica, il generale Carlo Jean, contattato da IlSussidiario.net, la ribellione in atto è difficilmente domabile, anche se i tempi per la definizione del conflitto potrebbero essere molto lunghi.
Generale, si parla di battaglia definitiva tra ribelli e regime di Assad. È così?
Lo scenario è più complesso che mai: pur con tutta la sua potenza di fuoco, l’esercito siriano difficilmente potrà fermare gli scontri in atto a Damasco. Va innanzitutto osservato che i ribelli si sono ultimamente molto rafforzati. Lo dimostra anche la capacità con cui hanno portato a termine l’attentato di mercoledì che ha causato la morte del ministro della Difesa, che peraltro era un cristiano, e del cognato di Assad stesso.
In che modo questo attentato dimostra il rafforzamento militare dei ribelli?
Perché ha dimostrato una notevole capacità dei ribelli di colpire al cuore il regime. Tanto più che sembra non si sia trattato di un attentato suicida, ma di una bomba posata all’interno del palazzo, che è un edificio notoriamente ben vigilato, operazione quindi possibile solo per qualcuno che fa parte del cerchio interno del potere. Il che dimostra anche che comincia a esserci una disintegrazione al vertice del potere stesso. Mentre finora ciò non era avvenuto: infatti non ci sono state grosse defezioni, di interi reparti per intenderci, ad esempio non c’è una divisone corazzata che sia passata dalla parte dei ribelli.
Qual è la reazione del regime a questa evoluzione della ribellione?
Il regime in queste ultime ore ha richiamato alcuni reparti che erano schierati sulle alture del Golan, vicino al confine con Israele, sicuramente per rafforzare le unità che stanno procedendo ai combattimenti contro gli insorti anche a Damasco.
Ma è davvero la battaglia definitiva come dicono i russi?
Non saprei come possa essere definita. Sicuramente una ribellione di questo genere in un territorio come quello siriano è praticamente impossibile da domare.
Perché?
Perché gli insorti trovano rifugio tra la popolazione in un territorio molto ampio, e intanto le forze armate si rianimano. Teniamo conto che sono piuttosto consistenti, ammontano a 300mila uomini e hanno l’appoggio anche di milizie pro Assad, però non sono in condizioni di presidiare permanentemente il territorio.
Ultimamente si è parlato di un possibile impiego di armi chimiche da parte del regime.
Le armi chimiche sono armi di distruzione di massa e di conseguenza non distinguono tra amici e nemici. All’interno della popolazione siriana poi bisogna ricordare che vive una fetta abbastanza grossa di alawiti, cristiani, curdi e drusi e queste popolazioni sono abbastanza favorevoli ad Assad. Se si mettesse a usare armi chimiche provocando eccidi di massa, a parte l’effetto psicologico che avrebbe, Assad perderebbe ogni potere. Sarebbe una azione di suicidio tipo “muoia Sansone con tutti i filistei”. Le armi chimiche renderebbero infine praticamente impossibile il non intervento della comunità internazionale, anche Russia e Cina non potrebbero perdere la faccia oltre un certo limite.
La Russia davanti all’escalation si è opposta all’intervento militare dell’ONU.
La Russia si è sempre opposta a qualunque azione armata. L’intervento dell’ONU contro un esercito forte come quello siriano non può essere realizzato. L’unica strada è che l’ONU dia mandato alla Nato o agli Usa oppure alla Turchia che comunque agirebbe sempre nel quadro della Nato. Si tratterebbe però di affrontare una battaglia con operazioni ben più difficili di quelle libiche, la Libia era praticamente isolata.
La Siria no?
La Siria è nel cuore del Medio Oriente, una specie di polveriera etnico-religiosa fatta anche di rivendicazioni territoriali. Basta vedere cosa succede in Libano e in Iraq che rischiano di essere travolti da questo conflitto che si diffonderebbe con effetto valanga.
La guerriglia a Damasco chi vede favoriti?
Difficile che il regime riesca a sventare una guerriglia cittadina. Anche se ci sono determinate condizioni, l’impiego di tutte le forze regolari contro Damasco è ben difficile. Assad non potrà usare l’artiglieria e i carri armati contro la capitale, cercherà di fare azioni puntuali con elicotteri e mortai ma in questo caso il vantaggio che ha l’esercito viene vanificato perché non può essere impiegata tutta la potenza di fuoco di cui dispone.