In fiamme il palazzo del popolo, uno dei simboli del governo di Gheddafi. In fiamme anche il Parlamento. E’ caos totale mentre i morti negli scontri a tripoli sono 61. Quasi trecento invece i morti a Bengasi, città caduta nelle mani dei rivoltosi.
Reparti dell’esercito solidarizzano con loro. Il caos è scoppiato violento dopo il discorso ieri del figlio di Gheddafi alla televisione di Stato in cui minacciava repressione. Intanto si è dimesso il ministro della giustizia, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil. Al Jazeera fa sapere che all’interno dell’esercito vi sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro Gheddafi per mettere fine ai disordini. Non è dato sapere esattamente cosa stia succedendo, la Cnn non riesce a collegassi con il paese africano. Vi sarebbero violenti scontri in atto tra le Guardie dei Comitati rivoluzionari e i militari anti Gheddafi. Lo stesso Gheddafi non appare più: secondo alcune voci sarebbe già fuggito dalla Libia, con probabile destinazione il Venezuela.
In tutto questo caos il prezzo del petrolio raggiunge i picchi del 2008. Secondo la Federazione internazionale per i diritti umani, Fidh, i morti dall’inizio delle contestazioni contro Gheddafi sarebbero tra i 300 e i 400 «per una cifra più vicina ai 400 che ai 300». Un’altra ong, Human Rights Watch, ha calcolato in mattinata un bilancio di 233 morti. La Farnesina consiglia i circa 1500 italiani che vivono in Libia ad andarsene.
La posizione dell’Italia rimane sospesa. Il ministro Frattini chiede alla UE di non interferire mentre l’Unione Europea vuole invitare tutti gli europei in Libia ad abbandonare immediatamente il paese.