Continui attacchi contro i luoghi di culto cristiani, discriminazioni su base religiosa e un’intera società che vive nella paura. E’ la denuncia di Sencer Ayata, vicepresidente e responsabile culturale del Partito Repubblicano del Popolo, il principale partito di opposizione in Turchia. Il professor Ayata è intervenuto con un articolo sul numero di novembre della rivista «New Europe», dedicato al tema della libertà religiosa. IlSussidiario.net lo ha intervistato in esclusiva, chiedendogli di spiegare il suo punto di vista sulla società turca. Nei prossimi giorni Ilsussidiario.net pubblicherà un’altra intervista a Egemen Bagis, ministro per gli Affari europei del governo turco, che risponderà alle osservazioni mosse da Ayata.
Professor Ayata, quali sono le principali discriminazioni subite dai cristiani in Turchia?
Numerose relazioni sulla situazione in Turchia hanno più volte segnalato che discriminazione, esclusione e odio si sono diffusi nell’ultimo decennio. Gli attacchi contro luoghi di culto, cimiteri, sacerdoti e altre personalità pubbliche cristiane hanno suscitato preoccupazione tra gli osservatori nazionali e internazionali. Molte comunità in Turchia continuano a chiedere parità di diritti, trattamento equo e il rispetto della libertà di religione. Tuttavia il partito Akp (quello che detiene la maggioranza, Ndr), pur essendo stato al potere negli ultimi otto anni, non ha dimostrato né un forte impegno, né la volontà di istituzionalizzare i diritti e le libertà fondamentali.
Lei ha scritto di recente che «i cittadini turchi si riferiscono sempre più spesso al sistema politico turco come alla società della paura». Che cosa voleva dire?
La paura è diventata un sentimento dominante nella politica turca sotto il dominio dell’Akp. I cittadini turchi hanno sempre più paura di esprimere, comunicare, o pubblicizzare pareri dissenzienti. Intercettazioni illegali, violazione della privacy e la diffusione volontaria di disinformazione a fini di diffamazione sono ormai pratica comune. Numerosi appartenenti ai media e alle Ong turche hanno subito pesanti multe o sono anche stati in carcere a lungo senza essere stati condannati o, in alcuni casi, addirittura senza incriminazione. Il risultato è che, nella Turchia di oggi, le persone sono restie a fare uso della loro libertà di espressione e di associazione. Il governo sta cercando in tutti i modi di far tacere e di tenere tranquille le forze dell’opposizione. L’elezione di Kemal Kilicdaroglu come nuovo leader del Partito Repubblicano del Popolo, in questo momento di svolta è uno sviluppo fondamentale per la Turchia. Kilicdaroglu è un aperto sostenitore della democrazia liberale, del pluralismo, dei diritti e delle libertà fondamentali, la cui forte critica degli abusi del potere dello Stato compiuti dal governo incoraggia i cittadini a resistere contro l’autoritarismo e l’ingiustizia.
Secondo alcuni osservatori internazionali, la Turchia si sta spostando verso il fondamentalismo religioso. E’ davvero così?
Il rischio in realtà è che la Turchia possa trasformarsi in un sistema autoritario con coloriture religiose conservatrici. Ciò che è veramente in gioco è la separazione dei poteri, pesi e contrappesi, il pluralismo e la democrazia partecipativa. La religione sembra essere solo uno dei motivi per i quali ha luogo la discriminazione e la disparità di trattamento tra i cittadini. Nella Turchia contemporanea, le donne e i giovani sono esclusi ed emarginati, come le minoranze religiose.
Questo spostamento è causato dal governo dell’Akp, o da un cambiamento nella società turca?
E’ vero che l’Akp è in qualche misura una conseguenza della mobilitazione politica dei segmenti conservatori e autoritari del popolo turco. Ma è anche vero che l’attuale governo turco è la principale forza trainante, che determina non solo l’aumento del conservatorismo religioso, ma anche dell’autoritarismo reazionario. Se l’Akp perdesse il controllo sulla società turca, non vi è dubbio che le componenti progressiste della società civile ripristinerebbero la forza e la vitalità delle organizzazioni di base nella loro ricerca di giustizia e democrazia. Il Partito del Popolo Repubblicano è pienamente impegnato a lavorare con gli elementi progressisti della società civile per sradicare dalla vita quotidiana l’intolleranza e l’odio.
In che modo il Partito del Popolo Repubblicano pensa di poter fermare la deriva religiosa in Turchia?
Il nostro obiettivo principale è difendere i principi universali della democrazia nella loro interezza. Come partito socialdemocratico, condividiamo gli stessi ideali dei nostri amici del Partito dei Socialisti Europei e dell’Internazionale Socialista. Noi continueremo a mobilitare i cittadini turchi provenienti da diversi percorsi di vita per sostenere lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, il pluralismo, i diritti e le libertà fondamentali. Il nostro impegno per sradicare tutte le forme di discriminazione e di esclusione è la migliore soluzione contro l’autoritarismo e i fondamentalismi di ogni genere non solo in Turchia, ma anche nell’Unione europea.
La presenza dei cristiani in Turchia può essere un’opportunità anche per i musulmani?
Credo che la diversità sociale, culturale e religiosa sia di importanza fondamentale per una democrazia pluralista. Siamo impegnati a lavorare con tutti i cittadini turchi, indipendentemente dalla loro religione, etnia, età, sesso o disabilità, per difendere la democrazia e i diritti umani di tutti.
L’Ue dovrebbe essere più disponibile nell’accogliere la Turchia, anche se il governo turco non cambia la sua linea politica?
Il compito più importante che attende l’Ue è quello di sviluppare una più profonda conoscenza delle dinamiche interne della politica e della società turca. Se i funzionari dell’Ue saranno più in sintonia con le preoccupazioni, le lamentele e il dissenso dei vari gruppi in Turchia, capiranno quanto la ricerca turca di democrazia e libertà sia centrale per il progetto europeo di integrazione. Come Partito Popolare Repubblicano, noi abbracciamo l’ideale europeo di unità nella diversità e continueremo a fornire pieno sostegno per portare avanti i principi dell’«Europa sociale».
(Pietro Vernizzi)