Il caso di Franco Lamolinara e di Chris McManus, i due ostaggi rimasti uccisi nel tentativo di liberarli. Un caso che oltre al dolore per la morte di due innocenti vittime di un brutale rapimento, ha aperto una polemica sulle relazioni tra due Paesi alleati come Italia e Inghilterra. Gli italiani sono stati avvertiti o no dal governo di Sua Masetà che si sarebbe intrapresa una azione di forza? Roma dice no, Londra dice sì. Anche le reazioni inizialmente “irate” del capo del nostro Governo Mario Monti, nonché quella del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, appaiono già stemperate, benché rimanga la richiesta al governo inglese di fornire indicazioni dettagliate su come si siano svolte le operazioni che hanno portato al tragico epilogo. Un episodio che riapre i dubbi sull’importanza dell’Italia a livello internazionale, anche alla luce dei recenti casi di Cesare Battisti, a cui il Brasile ha offerto ospitalità negando la nostra richiesta di estradizione, o quello dei due marò imprigionati in India. Per Lucio Caracciolo, contattato da IlSussidiario.net, giornalista esperto di politica internazionale, l’Italia non ha più una politica estera dai tempi della Prima Repubblica, “quando” dice “c’erano personaggi come Fanfani, Moro, Andreotti, Craxi o Berlinguer. C’erano cioè dei soggetti politici e dei leader politici che la praticavano”. Il caso diplomatico di questi giorni, comunque, aggiunge Caracciolo, è destinato a sgonfiarsi in breve tempo.
Secondo quanto riportato da organi inglesi, esistevano addirittura due trattative sperate per liberare gli ostaggi, una inglese e una italiana. Le sembra una cosa plausibile fra due Paesi alleati?
E’ normale più che plausibile. Ogni Paese cerca di proteggere i propri cittadini, non quelli altrui. Non ci vedo nulla di straordinario.
Coloro che oggi parlano di modi diversi di condurre casi del genere, e cioè l’uso della trattativa da parte italiana e uso della forza da parte inglese: cosa ne pensa?
Penso che siano delle bufale, delle ideologie se vogliamo essere gentili. Ogni Paese usa tutti i mezzi di cui dispone per salvare i propri ostaggi. Gli italiani pagano, gli inglesi pagano, gli americani pagano quando serve. Oppure usano altri strumenti. La differenza è che noi italiani non abbiamo questi altri strumenti alternativi di cui dispongono gli americani, gli inglesi o gli israeliani. Quindi per noi viene più naturale pagare.
Il blitz che è finito come sappiamo…
Attenzione: non è stato un blitz, ma una operazione militare in pieno giorno durata diverse ore con decine di uomini da una parte e dall’altra. Non è stata una operazione, appunto, tipo blitz guidata dalle teste di cuoio.
In ogni caso l’azione militare ha dei rischi potendo finire come è finita. Lei pensa che tali azioni siano fatte per scoraggiare il ripetersi di fatti analoghi?
Non so se l’idea dietro un attacco militare sia questa, ma se lo fosse sarebbe particolarmente stupida. Pensare cioè che gente che fa uso delle armi come proprio mestiere venga spaventata dall’uso delle armi mi sembra una idea decisamente comica.
Cosa ne pensa del concetto di legalità internazionale dopo questo episodio: che strascichi ci potranno essere?
Credo che sia solo una piccola increspatura, nel senso che fra qualche giorno l’evento sarà dimenticato e metabolizzato, con qualche conseguenza nei rispettivi sistemi. Sicuramente ci sarà qualche testa in pericolo nel sistema italiano, soprattutto nei servizi segreti.
Nel sistema italiano? Perché?
Nel senso che si cercherà un capro espiatorio su cui far pesare di più questo fallimento, questa scarsa comunicazione fra organi dello Stato.
Che ne pensa delle reazioni di Monti e Napolitano? Inizialmente irate, poi più morbide. E che ne pensa della versione inglese che dice che noi sapevamo che un attacco ci sarebbe stato?
Io non so cosa sapessimo noi e cosa sapessero loro. E’ buona regola comunque quando si apre una polemica avere gli strumenti per sostenerla. Evidentemente non ne avevamo a sufficienza, o se li avevamo non abbiamo avuto il coraggio di usarli. Queste vicende comunque si misurano nel tempo.
In che senso?
Il tempo farà capire se ci sono altri tavoli e altri teatri in cui qualcuno può rivalersi sugli altri.
C’è chi dice che l’Italia non conti nulla sul piano internazionale, pensando ai casi Battisti o a quello dei marò in India.
Direi che siamo in una fase particolarmente modesta di un Paese che non è mai stato particolarmente influente. Siamo sostanzialmente oggetto di politica altrui e molto raramente soggetto. Quando poi proviamo a esserlo, facciamo figure non esaltanti.
Da quanto tempo al nostro Paese manca una seria politica internazionale?
Sicuramente dai tempi della Prima Repubblica. Allora esisteva eccome una politica estera italiana, anche perché c’erano personaggi come Fanfani, Moro, Andreotti, Craxi o Berlinguer. C’erano cioè dei soggetti politici e dei leader politici che la praticavano come i nomi che le ho citato. La Prima Repubblica aveva un suo irradiamento internazionale e l’Italia è un Paese relativamente importante. Poi è successo quello che sappiamo: sono almeno vent’anni che siamo fuori degli schermi radar oppure ci rientriamo per i nostri problemi, cioè per la nostra capacità di far diventare finale anche la crisi dell’euro.