“Con il veto alla risoluzione Onu la Russia ha posto le condizioni perché la Chiesa in Siria sia distrutta”. Ad affermarlo è padre Paolo Dall’Oglio, gesuita vissuto in Siria per 30 anni, prima di esserne espulso il 12 giugno scorso. Il religioso motiva così i suoi timori: “Se il popolo siriano è ancora umiliato, il rischio è che si vada verso una rivoluzione vinta dagli estremisti al termine di una lunghissima guerra civile”. Sul piano militare, quella di venerdì è stata una giornata segnata dalla lotta casa per casa nella capitale, con l’Esercito governativo che ha preso d’assalto per la prima volta un quartiere di Damasco. Sempre ieri i ribelli hanno conquistato un valico di frontiera con la Turchia.
Padre Dall’Oglio, da giovedì la rivoluzione sembra essere approdata in un bagno di sangue anche nella capitale …
E’ quello che è avvenuto a Homs per mesi, eppure non si è mosso nessuno. In Occidente nessuno ha fatto nulla di concreto neppure quando l’Esercito ha bombardato i cristiani e distrutto tutte le chiese presenti in città. In tutto nella città simbolo della rivoluzione si sono contati 150mila sfollati cristiani, senza parlare di quelli musulmani. Eppure, nessun governo democratico si è mosso concretamente affinché comunità internazionale si preoccupasse veramente del diritto dei siriani di manifestare e di chiedere democrazia in modo pacifico. Il disastro non è certo incominciato giovedì, come si vorrebbe fare credere.
Quando è iniziato?
Il primo giorno, quando i giovani sono scesi in strada a chiedere libertà e sono stati assaliti, torturati e imprigionati. Adesso ci si sveglia? L’unico che si è espresso diverse volte in modo chiaro è stato il Papa Benedetto XVI, che ha riconosciuto senza ambiguità i diritti dei siriani.
Che cosa avrebbe dovuto fare l’Occidente?
Quello che è mancato sono state delle azioni diplomatiche decise, tutto ciò cui abbiamo assistito sono state delle platoniche dichiarazioni. I Paesi democratici sono rimasti sul balcone a guardare.
Dovevano intervenire con la forza?
Bisognava evitare di ripetere gli errori commessi in Iraq, ma nello stesso tempo occorreva assumersi delle responsabilità radicali, creando dei corridoi dove la gente non fosse stritolata e imponendo delle situazioni di protezione della popolazione civile.
In questo momento drammatico, da dove può venire la speranza per la Siria?
Mercoledì sera avevo speranza, ho cercato di fare telefonate a quanti conosco affinché tentassero in extremis di convincere la Russia del fatto che la loro è una linea suicida, perché consacra la prospettiva della guerra civile con un cinismo indescrivibile.
Quindi non ci sono vie d’uscita?
L’unica via d’uscita è tremenda: il popolo democratico siriano è costretto a vincere con le armi. Il problema però è che queste armi sono utilizzate anche da gruppi estremisti, veri e propri clandestini saliti sul carro della rivoluzione.
C’è il rischio che questi elementi prendano il sopravvento?
I gruppi estremisti sono forti, coraggiosi e addestrati. Si tratta delle stesse formazioni che hanno conquistato il Nord del Mali e hanno creato problemi infiniti in Somalia e in Yemen. Il fenomeno del jihadismo è in crescita e andrebbe curato non con la strumentalizzazione dei servizi segreti, ma con la rieducazione e la preoccupazione umana profonda per i giovani che sono stati coinvolti nel terrorismo. La guerra in Siria al contrario non fa che creare nuovi spazi per il jihadismo militante estremo.
Che prospettive vede per i cristiani in Siria?
Giovedì con il veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu la Russia ha creato le condizioni per un disastro della Chiesa in Siria. Sarà questa la tragica conseguenza del fatto che la comunità internazionale non è stata in grado di esprimere vera solidarietà nei confronti del popolo siriano nella sua complessità, per portare la pace e riaprire lo spazio politico non violento della libera espressione della propria opinione, del desiderio di giustizia e di democrazia. Se il popolo siriano è ancora umiliato, il rischio è che si vada verso una rivoluzione vinta dagli estremisti, al termine di una lunghissima guerra civile.
Perché il veto della Russia avvicinerebbe la vittoria degli estremisti?
Si lascia tutto lo spazio al tuono delle armi, e alla gente onesta non resta altra scelta che fuggire all’estero. I primi a emigrare saranno i cristiani, inclusi quelli rivoluzionari e democratici, che non essendo predisposti a fare la guerra e non avendo uno spazio politico saranno costretti all’esilio.
(Pietro Vernizzi)