Di certo l’Argentina è un Paese dove di noia non si muore…. parafrasando un famoso detto, che però si riferiva a Londra, si può certo affermare che chi è stanco dell’Argentina sia stanco di vivere.
Prendiamo ad esempio gli ultimi giorni: dopo un lungo periodo di assenza dovuta a un ematoma cerebrale (perlomeno questa è la versione ufficiale) il 23 gennaio si è fatta rivedere la Presidente, Cristina Fernandez de Kirchner, con uno dei suoi mega-discorsi ovviamente trasmessi a reti unificate. Indossando un vestito in stile Dior, replica di uno di Evita Peron di cui Cristina crede di essere la continuatrice dell’opera, a un argentino qualsiasi (con la ovvia esclusione dei militanti della Campora che affollavano la Casa Rosada assieme a tutto l’entourage Presidenziale) si sarebbero posti due quesiti. Il primo se star o meno sognando, il secondo se la Presidente avesse cambiato Paese e stesse parlando, che ne so, da Montevideo.
Perché nel suo chilometrico discorso, come al solito, non si è ascoltato nessun accenno alla catastrofica situazione che ogni abitante di questa nazione deve affrontare tutti i giorni: niente sull’inflazione galoppante, niente sulla disoccupazione, niente sulla situazione finanziaria, con un dollaro che ha raggiunto la stratosferica quotazione di 13 pesos (ovviamente al cambio non ufficiale, ma ormai sappiamo che quello governativo, come l’indice di inflazione che ormai ha superato il 30%, appartiene, come i discorsi, a un’altra nazione).
Insomma, il Governo nei suoi oltre 10 anni di potere, attraverso i suoi “sacrifici” ha costruito la succursale del Paradiso terrestre, sconfiggendo le politiche neoliberiste che si erano instaurate negli anni Novanta e i cui effetti si notano ancora oggi. Ed ecco la prima sorpresa kirchnerista: con i soldi dello Stato e non quelli dell’Anses (l’Inps locale, che è però impegnata a tappare i buchi delle entità statalizzate che totalizzano perdite ingenti)m come precisato dalla Kirchner, si dà il via al piano denominato “Ni-Ni”. Letteralmente “Ni trabajan-ni estudian”, dedicato a tutti quei giovani tra i 18 e i 24 anni che si trovano senza possibilità di studio né di lavoro, che riceveranno la cifra di 600 pesos mensili.
Sono circa 1.600.000: bellissima iniziativa, ma le domande che ci si pongono sono le seguenti. In primis, se solo poco prima la Kirchner aveva affermato che in Argentina la disoccupazione non esiste viene da chiedersi il perché di tale manovra. In seconda battuta, ci si chiede anche la ragione per la quale questo provvedimento si sia annunciato solo ora, dopo oltre 10 anni di controllo del potere, divenuto completo perché include pure quello della Giustizia. E poi perché enunciare le schifezze del neoliberalismo degli anni ‘90 quando tutti sanno che i Kirchner erano i più fedeli collaboratori di Carlos Saul Menem, il Presidente di allora, promotore di tutte le (ora) contestate decisioni di quegli anni?
Ma questo è l’ennesimo esempio della politica negazionista e bugiarda fino all’inverosimile di questi anni, che ha usato non solo la reinterpretazione storica del decennio della dittatura degli anni Settanta, “martellata” all’inverosimile come una verità rivelata soprattutto nelle teste delle giovani generazioni, ma che si è sempre contraddistinta e purtroppo continua a farlo, nella negazione della realtà… tranne poi prendere decisioni che sono in completa antitesi con quanto affermato.
Incredibile? No, solo il tempo di farsi una dormita per risvegliarsi il giorno successivo alla riapparizione presidenziale con un altro annuncio, questa volta esternato dal Presidente di Gabinetto Capitanich e il Ministro di Economia Axel Kicillof. Solo due giorni fa Capitanich aveva affermato come in Argentina (ma forse pure lui si sbagliava di Paese) il cambio del dollaro fosse libero, ma alle 8.15 di venerdì 24 gennaio, lo stesso annunciava che le restrizioni in materia di acquisizione della moneta nordamericana si erano modificate, come pure la tassa per ogni operazione effettuata con carta di credito all’estero passava dal 34% al 20%. In pratica, se prima un argentino poteva ottenere, mediante richiesta, un massimo di 80 dollari al giorno in caso di viaggio al di fuori dei confini nazionali (e solo per quello, proibendo il cambio interno se non dietro autorizzazione specifica dell’Ufficio delle Entrate) ora, sempre dietro richiesta allo stesso Ente e pagando una commissione governativa del 20%, si potrà acquistare valuta fino a un limite compatibile con le proprie entrate.
Ma il lettore si chiederà il perché della necessità per la popolazione di acquistare dollari. Il problema è vecchio di 60 anni e risiede nelle disastrose scelte economiche operate dai vari Governi, che hanno sempre o quasi distrutto l’economia nazionale facendo indietreggiare il Paese e rendendo il peso una valuta estremamente debole e nemmeno presa in considerazione dai mercati internazionali. Le svalutazioni ricorrenti (pensiamo che dopo il disastro del 2001 il dollaro era valutato 4 pesos, oggi ben 13!) hanno fatto sì che, al fine di preservare il valore dei propri depositi, si debba forzatamente ricorrere al cambio per combattere il processo di inflazione. La forte richiesta di dollari ha da sempre alimentato un mercato parallelo (che ha solo cambiato di colore nella sua denominazione, passando dal “Negro” al “Blue”) con la sola eccezione dei periodi dove i Governi (utilizzando gli aiuti del Fmi) avevano promosso la parità cambiaria, ovviamente fittizia perché alimentata artificialmente e non frutto dell’andamento dell’economia.
Questa forzatura ha provocato un benessere generale artificiale, con i grandi capitali che contraevano prestiti in pesos, li cambiavano immediatamente in dollari, per poi, al momento del tracollo, ritrovarsi con debiti verso le banche assolutamente ridicoli. Ma anche la gente comune approfittava della “fiesta”, che finiva con un’iperinflazione e il ritorno alla realtà purtroppo.
E anche la situazione attuale è piena di tristezza, con un aumento della povertà, una inflazione serissima e una disoccupazione che ha ripreso a marciare a ritmi che non si vedevano da anni, frutto di una politica che ha pensato solo al proprio benessere attraverso la costruzione sistematica di due realtà. Una surreale, che potremo chiamare Argenland, a uso e consumo di una classe di adepti, che gode di estremo benessere a patto di essere funzionale a un sistema che, attraverso anche la statalizzazione di vasti settori dell’economia e il possesso di una rete mediatica, nasconde l’altra realtà, quella dell’Argentina nazione dalle estreme e immense risorse che però risulta essere alla fine un sogno eterno. Dove purtroppo la vita di tutti i giorni deve far conto con l’insicurezza dovuta a un tasso di criminalità crescente, l’inflazione, la povertà e l’arretratezza delle strutture e dei servizi.