“A casa sua c’era il vero e proprio cuore della rivoluzione anti Gheddafi, lei dava un supporto anche materiale, offrendo perfino focaccine e panini a chi aveva il coraggio di scendere in piazza contro Gheddafi”. Gian Micalessin ricorda i suoi incontri personali con l’avvocato Salwa Bugaighis, uccisa a colpi d’arma da fuoco da probabili estremisti islamici, poche ore dopo essere stata intervistata dal canale televisivo Nabaa. Durante la sua intervista, aveva spronato i libici ad andare a votare alle elezioni per il Parlamento che si sono tenute due giorni fa. Un omicidio, quello della prima donna a essere vittima del terrorismo, che ha generato grande choc in Libia, segno di quanto la sua figura era carismatica: Salwa era tra gli organizzatori della prima manifestazione a Bengasi il 17 febbraio 2011, la stessa che avrebbe portato alla rivolta contro Gheddafi. Per Micalessin solo un ulteriore segno del caos provocato dai Fratelli musulmani e dai fondamentalisti islamici, che di fatto ora controllano la Cirenaica, in un quadro, quello libico, dal futuro del tutto incerto.
Cosa c’è dietro l’omicidio di Salwa Bugaighis?
Diciamo che rientra nella realtà di quanto accade ormai da tempo a Bengasi. Non c’è notte infatti che non ci siano attentati, omicidi, rapimenti che colpiscono gli appartenenti a quella parte della rivoluzione che non si riconosce nei Fratelli musulmani. In nessuna altra città libica come a Bengasi c’è un odio dichiarato e una avversione dichiarata nei confronti dei Fratelli musulmani, tanto che si verifica una situazione paradossale.
Quale?
Di giorno è una città quasi più tranquilla di Tripoli, ma di notte nessuno può pensare di essere in salvo, i fondamentalisti islamici escono a colpire con puntualità efferata.
Lei ha conosciuto personalmente Salwa Bugaighis: chi era davvero, che cosa rappresentava per la Libia?
La ricordo molto bene, la sua casa era il cuore autentico dell’opposizione a Gheddafi, ma una opposizione laica e democratica. Non era certo una islamista o appartenente ai Fratelli musulmani. Ricordiamoci che nella Libia di Gheddafi la gente non sapeva neanche chi fossero i Fratelli musulmani. Ha offerto un vero e proprio aiuto materiale agli oppositori, addirittura con focaccine e panini che offriva a chiunque entrasse a casa sua. E’ stata una degli ispiratori della rivolta, una rivolta diversa da quello che poi è accaduto in Libia con l’emergere dell’islamismo.
Salwa era appunto di Bengasi. Il governo libico vorrebbe spostare il Parlamento proprio a Bengasi per dare un segnale di unità nazionale. E’ una mossa che ha senso?
E’ tutto da vedere, potrebbe essere una mossa anche fuorviante.
Perché?
Perché di fatto in Libia non esiste un governo centrale, a queste elezioni hanno votato in pochissimi. Nessuno sa dire che sviluppo possa esserci in Libia, se i Fratelli musulmani riusciranno cioè a mantenere il controllo che hanno nella Cirenaica e altrove.
Ma che peso reale hanno i Fratelli musulmani?
Non hanno assolutamente la maggioranza popolare, agiscono con le intimidazioni, le minacce e la corruzione come hanno fatto alle precedenti elezioni per comprarsi i candidati all’assemblea nazionale.
Che cosa è rimasto di quel tentativo di colpo di Stato da parte del generale Hiftar, di un mese fa circa?
Hiftar è un personaggio sicuramente interessante che va capito nel suo ruolo. Dopo la farsa di quelle sue dichiarazioni dello scorso febbraio rilasciate ad Al Arabiya, quanto fatto lo scorso maggio ha invece segnato un passaggio importante nella situazione libica.
In che senso?
Di fatto il suo intervento militare ha segnato uno spartiacque. Quando si è mobilitato a maggio si è portato dietro una fetta importante dell’esercito libico. E’ allora che gli islamisti hanno capito che la supremazia militare su cui contavano fino a poco prima è compromessa. Il suo intervento ha consentito di arrivare alle elezioni. I Fratelli musulmani miravano a conquistare il parlamento minacciando o comprando i candidati. Hiftar ha dimostrato che ci si può contrapporre alla Fratellanza e che dietro di lui ci sono paesi come l’Egitto in primis e forse anche l’Arabia pronti a intervenire, e tutto questo ha dato una scossa significativa.
A non votare però a queste elezioni sono state anche tutte le minoranze come quella tuareg. Quel mondo importantissimo fatto di tribù che ruolo gioca nello scacchiere libico?
Queste minoranze sono maggiormente interessate al riconoscimento della loro identità culturale, piuttosto che a schierarsi con una o un’altra parte. C’è poi da tenere conto che c’è un’area vastissima della Libia del tutto fuori controllo, tutta quella meridionale che arriva fino ai confini sud, centinaia di chilometri di territorio in mano a trafficanti d’armi e di droga, ai qaedisti, e dove c’è mancanza totale di autorità governativa.